Saperi

“Provengo dalla terra e dal bosco con tutte le mie radici”

È in arrivo, per la collana "Letture" dell'editore Einaudi, il volume Germogli della terra, dello scrittore norvegese Knut Hamsun, Premio Nobel per la letteratura 1920. Il libro reca la traduzione e la curatela di Sara Culeddu, di cui riportiamo uno stralcio tratto dall'introduzione

Olio Officina

“Provengo dalla terra e dal bosco con tutte le mie radici”

Il volume, in uscita per la collana “Letture” di Einaudi (pp. X – 430, euro 22,00), è a cura di Sara Culeddu, di cui riportiamo uno stralcio tratto dalla prefazione. Kunt Hamsun (Vågå, 4 agosto 1859 – Nørholm, 19 febbraio 1952) ricevette il Premio Nobel per la letteratura nel 1920, e Harald Hjärne, presidente del Comitato per il Nobel, nel corso della prolusione alla cerimonia di consegna del premio disse che “il racconto di Hamsun è un’epopea del lavoro a cui l’autore ha dato linee monumentali. Proprio come il poeta contadino Esiodo descriveva le fatiche del campo, così Hamsun ha posto in primo piano nella sua opera l’operaio ideale, che dedica tutta la sua vita e tutti i suoi poteri per liberare la terra e trionfare sugli ostacoli con cui gli uomini e le forze della natura si confrontano tra loro”.

Senza dubbio un grande autore, di cui molti ricordano in particolare il celebre romanzo Fame, resta tuttavia l’ombra per il suo sostegno alle politiche del nazionalsocialismo, tanto che al termine del secondo conflitto mondiale fu posto sotto processo per collaborazionismo e internato in un manicomio fino al 1948. Un’ombra che permane, visto il giudizio lusinghiero nei confronti di Hitler, che definisce “guerriero in lotta per l’umanità; un apostolo del Vangelo del Diritto di tutti i popoli; riformatore del più alto rango”, a dimostrazione che l’essere grandi letterati ed esprimere il proprio amore nei confronti della natura non renda certo le persone migliori.

Kunt Hamsun

Germogli della terra

La scelta del luogo, la richiesta di una compagna per condividere le fatiche, la costruzione di una capanna, poi di una casa, poi di una stalla per gli animali da allevamento. Le semine, i raccolti, la siccità, il freddo. Il paese piú vicino a una giornata di cammino. E a poco a poco, con gli anni, Sellanraa si popola. Qualcuno vorrebbe fare i soldi con le miniere, qualcuno tenterà l’avventura nelle città, ma Isak e suo figlio Sivert continueranno a passare l’aratro e l’erpice e a seminare: «Il bosco e la montagna li guardano, ogni cosa è sublime e potente, tutto ha un senso e uno scopo». In questa epopea quotidiana del colono nelle terre selvagge, Hamsun racconta il sentimento della vita contadina con uno stile particolarissimo che alterna scrittura minuziosa ed ellittica. E lo fa attraverso personaggi indimenticabili.

I nemici della sostenibilità in Germogli della terra sono le imprese minerarie (straniere) che non sentono alcuna responsabilità nei confronti del territorio in cui si stabiliscono, lo sfruttano finché c’è qualcosa da afferrare e poi abbandonano i luoghi e i loro abitanti lasciando dietro di sé carcasse di macchinari e paesi fantasma in cui avevano creato un’effimera economia. Non è di investitori e di soldi che ha bisogno il paese – sostiene il personaggio di Geissler, che può essere considerato l’ideologo del romanzo – ma di uomini come Isak, che sanno usare l’aratro e andare lenti, camminare al ritmo della vita. E se al tempo del Nobel il romanzo fu premiato per la proposta di un epos del lavoro unificante (il lavoro agricolo solidale in opposizione all’alienazione di quello operaio), oggi – a un secolo di distanza – è possibile leggerlo con gli occhi di chi ha assistito al disastro dovuto allo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali in nome del capitale.

[dalla prefazione di Sara Culeddu]

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