Saperi

Quando dici frittata e si risveglia l’eros

Il cibo fritto è metafora degli organi genitali maschili e femminili. Le allusioni sono tante, anche se oggi, forse, si può sorridere, alla sola idea di immaginare imprevisti risvolti erotici nel ricorso ad alcune parole. Un tempo, tuttavia, quando nulla era così esplicito e sfacciato, il linguaggio conosceva il senso magico, profondo e inatteso delle metafore

Luigi Caricato

Quando dici frittata e si risveglia l’eros

Non so se si trovi ancora in commercio, ma certo è che io in casa ne ho ben due di copie: una acquistata prontamente all’apparizione della prima edizione, l’altra ricevuta invece in dono.

Mi riferisco al Dizionario storico del lessico erotico italiano, edito da Longanesi, un corposo volume di cui sono autori Valter Boggione e Giovanni Casalegno.

Alla voce “frittella” si scopre l’associazione con l’immagine di una calda ciambella bucata e unta. Si possono ben immaginare le allusioni, nemmeno tanto celate. Un buco, l’unto. Chiudete gli occhi, fate galoppare la fantasia.

Nel Veneto con la parola frìtola si indica il sesso femminile. Non è un caso che nel romanzo Libera nos a malo lo scrittore Luigi Meneghello scrisse:

Ecco dunque: si possono fare i pettegolezzi sul culo, ma sulla frìtola no.

Con la parola “frìtola”, per intenderci, un tempo si indicava una ragazza allegra e dai facili costumi. La parola frittella attirava le attenzioni da nord a sud, a tal punto che anche il grande poeta Giuseppe Gioacchino Belli ne scrisse in versi. In dialetto romanesco.

Noantri fijacci de mignotta

dimo…

sorca, vaschetta, fodero, frittella.

La frittura coinvolse un altro grande poeta dialettale, il milanese Carlo Porta, ma con lui il riferimento è ai testicoli:

Oh quanti parentell han tiraa in pee

per nominà i cojon! Gh’han ditt …

frittur.

Secondo l’italianista Dante Isella, questi versi rimandano alla consuetudine di friggere le animelle delle bestie macellate, da qui il senso che si può ben intuire. Il linguaggio, si sa, nasconde sempre qualche inattesa sorpresa.

Mi faccio una frittata, uno dice. Sì, ma in che senso? Il vocabolo allude all’intreccio dei genitali. Può sembrare una forzatura, ma un tempo era così. I sessi si uniscono e si fondono l’uno nell’altra, proprio come avviene per ogni buona frittata, che si ottiene appunto mescolando diversi ingredienti.

Forse oggi queste allusioni fanno sorridere, perché oggi tutto esplicito e diretto, diciamo pure sfacciato, sfrontato, spudorato. Un tempo, nemmeno tanto lontano, era diverso, le parole servivano per emozionare. È quella che si dice polisemia del linguaggio.

Chiudo con un termine noto a tutti: pizza. Questa voce non compare nel dizionario di Boggione e Casalegno, ma è un ricordo d’infanzia. Io, nato nel Salento, maschio, posso vantarmi della mia pizza, piccola, media o grande che sia. Cos’è la pizza? Il pene, il sesso maschile, naturalmente. Non ho ancora capito il perché sia declinato al femminile: pizza. Invece, paradossalmente, il sesso delle donne (adesso mentre scrivo non ho con me sotto mano un altro dizionario, quello del dialetto salentino redatto dal linguista tedesco Gerhard Rohlfs, e non posso pertanto riportare dotte citazioni perché non coltiva la memoria) ma, in ogni caso, il sesso femminile si dice (o per lo meno si diceva) “curciu”, proprio così: al maschile. Chissà perché. Potenza del linguaggio.

La foto di apertura è di Olio Officina ©

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