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Quando Filosofia e Biochimica ragionano sulla “coscienza”

L’anima rimanda al nucleo profondo del nostro essere, alla nostra intimità mai pienamente misurabile, riconducibile a calcolo. La scienza cognitiva e le neuroscienze ci offrono tuttavia rilevanti posizioni teoretiche, ipotesi promettenti, costrutti teorici fecondi proprio sul tema cruciale del rapporto tra mente (anima) e corpo. Ed effettivamente la coscienza è una proprietà biologica emergente del cervello, ma costituisce un hard problemirrisolvibile se ricondotta alle sole spiegazioni neurofisiologiche o funzionaliste

Massimo Cocchi

Quando Filosofia e Biochimica ragionano sulla “coscienza”

L’intrigo della coscienza

La coscienza costituisce per gli studiosi un autentico intrigo antropologico, a partire dall’antichità con il concetto di anima.

Anima è una luminosa parola latina a indicare il soffio, lo spirito, il principio vitale; animus rinvia allo spirito pensante.

Il greco psyché, a sua volta, indica l’anima, il soffio vitale, il respiro. Eraclito dice che il logos dell’anima (la sua misura) è troppo profondo per poterlo cogliere (frammento 45).

Anima, dunque, rimanda al nucleo profondo del nostro essere, alla nostra intimità mai pienamente misurabile, riconducibile a calcolo. Per Socrate, e la sua tradizione, è la sede delle qualità intellettive e morali dell’uomo, la coscienza.

Anima è un costrutto culturale assai raffinato, di rilevante pregnanza spirituale e di straordinario fascino antropologico, con una portata trasversale alle diverse epoche storiche, su cui la filosofia, l’arte, la letteratura hanno esercitato uno sguardo privilegiato, con particolare riferimento al rapporto tra anima e corpo.

In questo senso, la scienza cognitiva e le neuroscienze ci offrono rilevanti posizioni teoretiche, ipotesi promettenti, costrutti teorici fecondi proprio sul tema cruciale del rapporto tra mente (anima) e corpo.

Per esempio, John R. Searle (J. R. Searle. The Rediscovery of the Mind. The MIT press, Cambridge 1992. ISBN 0-262-19321-3) ritiene che la coscienza sia il tratto distintivo della nostra vita mentale: in questo senso, è caratterizzata da intenzionalità, cioè capacità di riferirsi ad altro da sé. Non solo, la coscienza è una proprietà biologica emergente del cervello, per cui indica una relazione sistemica, cioè qualitativa tra le parti, non riconducibile ai suoi costituenti materiali basici.

Daniel C. Dennett (D. C. Dennett. Consciousness Explained. Back Bay Books New York 1992) (ISBN 0-316-18066-1; D. C. Dennett. The Intentional Stance. The MIT Press, Cambridge 1987. (ISBN 0-262-54053-3), invece, sostiene un funzionalismo riduzionistico, per cui la mente non costituisce un livello d’essere autonomo o privilegiato. Da un punto di vita neurofisiologico, non ci sono stati mentali, bensì architetture, configurazioni neuronali, modelli di messa in moto corticale privi di intenzionalità.

David Chalmers (D. Chalmers. The Conscious Mind: In Search of a Fundamental Theory. Oxford University Press, Oxford 1996. ISBN 0-19-510553-2), di cui condivido molto, afferma che la coscienza costituisce un hard problemirrisolvibile se ricondotta alle sole spiegazioni neurofisiologiche o funzionaliste. Coscienza, mente/cervello sono due proprietà che rinviano a una comune struttura: stati di informazione sovrapposti, espressi sulla base dei principi della meccanica quantistica. Tutto è elaborazione di informazioni, con differenti gradi di complessità (P.A. Accorsi E. Mondo and M. Cocchi. Did you know that your animals have consciousness? Journal of Integrative Neuroscience 16 (2017) S1–S2; Massimo Cocchi, G. Bernroider, Mark Rasenick, Lucio Tonello, Fabio Gabrielli and Jack A. Tuszynski. Document of Trapani on animal consciousness and quantum brain function: A hypothesis. Journal of Integrative Neuroscience -1 (2017) 1–5); P.A. Accorsi, E. Mondo and M. Cocchi. Did you know that your animals have consciousness? Journal of Integrative Neuroscience 00 (2019) 1–9): anche un tostapane, un termostato, un vaso, un frigorifero possono avere forme minime di coscienza (“Teoria dell’informazione integrata (IIT)”: Tononi, G., Boly, M., Massimini, M., Koch, C., Integrated information theory: from consciousness to its physical substrate, Nature Reviews Neuroscience, N. 17, pp. 450-461, 2016). Ritorna in forma molto raffinata l’antico panpsichismo. Lo stesso Martin Heidegger ha continuato a pensare all’animale umano come qualcosa di separato dall’animalità, dalla natura, nel segno del primato del linguaggio (M. Heidegger, On the way to Language. Harper Collins Publishers Inc, New York 2010. ISBN-13: 9780060638597). Eppure, l’arte, per esempio, può essere la modalità con cui interrompere il mito dell’homo sapiens autocentrato e ipermisurante: l’oggetto artistico non ha bisogno per vivere della presenza dell’artista; una fotografia artistica, per esempio, vive del suo mondo, testimonia il mondo, in assenza del fotografo. Insomma, “solo il disumano è fotogenico” (J. Baudrillard, The Disappearance of Art and Politics. Palgrave Macmillan, New York 1992 ISBN-13: 978-1349218462).

Da ultimo, va ricordata brevemente, la teoria dell’”embodiment”, di corporeità dei concetti, se ci si passa la brutale sintesi, ripresa anche da alcune interessantissime teorie sull’identità personale e sull’autocoscienza. In pratica, l’esperienza che facciamo di noi stessi è plasmata dal nostro senso di autoconsapevolezza corporea.

Basti, come semplice cenno, fare riferimento al primato dello schema corporeo di Vittorio Gallese (V. Gallese, C. Sinigaglia. The bodily self as power of action. Neuropsychologist, 48, 3, 2010: 746-748; V. Gallese, A. Goldman. Mirror neurons and the simulation theory of mind-reading. Trends and cognitive sciences, 12, 1998: 493-501) o al fondamentale ruolo del corpo nelle dinamiche operative (nell’agire) e nella genesi delle emozioni di Antonio Damasio (A. Damasio.Self Comes to Mind: Constructing the Conscious Brain, Pantheon, New York 2010. ISBN-13: 978-1501246951).

La coscienza, comunque, non è facilmente riducibile alla mera neuroanatomia o alla neurofisiologia, neppure al funzionalismo riduzionistico. Così come interessanti tentativi di quantitatizzazione della coscienza, una sorta di “nuovo stato di materia” in cui gli atomi elaborano informazioni da cui origina la cosiddetta soggettività cosciente (Tegmark, M. Consciousness as a State of Matter, https://arxiv.org/abs/1401.1219, 2015), lasciano aperte diverse aporie, soprattutto rispetto al qualitativo delle nostre esperienze coscienti.

Il problema del salto, della frattura tra la riconduzione dei fenomeni cerebrali a misura quantitative e la qualità del personale sentire non può essere colmata con la pretesa di una matematica organica, esaustiva, onnicomprensiva (riduzionismo quantitativo). Qualora un giorno fossero possibili modelli matematici in grado di rendere misurabili, quindi pubblici, le irripetibili forme del sentire individuale, capaci di andare oltre la semplice mappatura neuroanatomica, si porrebbe un enorme problema di etica individuale e pubblica. In altri termini, il rischio di un controllo completo sulle nostre vite, sulla nostra intimità: la biopolitica e il biopotere foucoultiani resi ancora più pervasivi.

Il cammino della scienza dovrà tenere in assoluta considerazione questi due aspetti: la possibilità (remota) di approdare all’intimità della coscienza individuale e l’etica della responsabilità verso questa stessa coscienza messa a nudo. I modelli matematici, gli approcci fisico-quantistici, i dati sperimentali che si riusciranno a produrre non potranno limitarsi a evidenziare l’emergentismo biologico della coscienza, ma anche la sua natura etica, il fatto che l’insieme delle sue funzioni esprima una vita singolare, unica, insostituibile, a qualsiasi livello di realtà, per questo innumerabile.

In altri termini, credo che una visione riduzionistica del mondo nel segno della materia (spiegazione materialistica, meccanicistica della natura) abbia qualche limite, nel contempo c’è un’autonomia del mentale irriducibile a dinamiche computeristiche di intelligenza artificiale (J.R. Searle, The Mystery of Consciousness, New York Review, New York, 1997. ISBN 0-940322-06-4).

Insomma, la biologia non può essere una scienza puramente fisica, c’è un forte scarto tra il soggettivo e l’oggettivo per pensare al mentale solo sulla base del nostro modo di concepire gli eventi e i processi fisici (Th. Nagel, Mind and Cosmos: Why the Materialist Neo-Darwinian Conception of Nature is Almost Certainly False. Oxford University Press, Oxford 2012. ISBN 978-0-19-991975-8).

Nel caso della psicopatologia, tuttavia, l’ipotesi di un percorso molecolare capace di legare piastrina e neurone, nel segno di una continuità, per esempio nella depressione maggiore, tra membrana cellulare, proteina Gs alpha e citoscheletro potrebbe essere oggetto di fecondo confronto tra gli studiosi.

Non certo per approdare a una matematizzazione dei vissuti psicopatologici, a una formalizzazione dell’intimità, a una trasparenza algoritmica del singolo malato, bensì per fornire un tentativo di misura cogente, quanto più possibile oggettiva agli psichiatri, sottraendo la malattia dalla sua aleatorietà interpretativa o, forse peggio, dallo sguardo metafisico-dogmatico, quindi impositivo e violento, del curante stesso, con tutte le connesse dinamiche legate a forme di bio-potere.

In definitiva, soprattutto nel caso della diagnosi differenziale tra depressione maggiore e disturbo bipolare, il problema non è l’oggettivazione delle esperienze qualitative del malato (almeno al momento unachimera ontologica) ma della malattia, in cui l’assenza di marcatori biochimici costituisce per gli psichiatri un problema ermeneutico-diagnostico cruciale, con tutte le infeconde ricadute cui possiamo assistere sul piano terapeutico.

Ipotesi di un percorso molecolare nella patologia depressiva

Partiamo dalla dimostrazione dell’elevata affinità fra piastrina e neurone.

Secondo Dreux & Launay (Blood platelets: neuronal model in psychiatric disorders. Encephale, Mar-Apr 1985;11(2):57-64):

“Esistono alcune evidenze per proporre le piastrine del sangue come modello di neuroni bioaminergici. Le somiglianze tra piastrine e neuroni sono particolarmente importanti per quanto riguarda il metabolismo della serotonina ma ora è possibile estendere questo modello ad altri neurotrasmettitori come dopamina, GABA, glutammato… La ragione di queste somiglianze potrebbe essere dovuta alla comune origine embrionale di questi due tipi di cellule molto diverse. Alcuni cambiamenti delle funzioni piastriniche sono osservati nelle sindromi psichiatriche. Ad esempio: la captazione della serotonina, lo stoccaggio della bioamina, le attività enzimatiche che sono modificate in diversi tipi di depressione e schizofrenia, autismo infantile, malattie neurologiche (emicrania, corea, sindrome di Down). Inoltre, i farmaci psicotropi alterano anche le funzioni piastriniche. Recentemente, la scoperta dei disordini neuroendocrini nelle malattie psichiatriche ha portato alla proposta delle piastrine come modello in neuroendocrinologia. Alcuni argomenti possono essere sviluppati per supportare questa ipotesi. In psichiatria biologica, il modello piastrinico sembra effettivamente utile essenzialmente nella classificazione delle malattie psichiatriche, nella gestione dei trattamenti e nello studio di nuovi farmaci psicotropi. Tuttavia, le difficoltà metodologiche limitano ancora attualmente lo sviluppo di questo modello”.

Secondo Paasonen et al. (M. K. PAASONEN et al.Paasonen, M. K., Ahtee, L., & Solatunturi, E. (1971). Blood Platelet as a Model for Monoaminergic Neurons. Progress in Brain Research Volume 34, 269–279):

“Le piastrine del sangue di varie specie contengono o accumulano 5-idrossitriptamina (5-H7), adrenalina, noradrenalina e dopamina e le piastrine di coniglio contengono elevate quantità di istamina. Vi sono alcune somiglianze nel trasferimento, immagazzinamento e metabolismo di queste ammine nelle piastrine e in alcuni altri tessuti, ad es. terminazioni nervose e cellule cromaffini. Pertanto la piastrina è diventata una cellula modello frequentemente utilizzata da neuroscienziati di diverse discipline. Poiché in questo simposio la nostra relazione è l’unica che si occupa di piastrine, una parte considerevole sarà dedicata a fornire un quadro generale delle piastrine e delle sue ammine biogene.

Per riferimenti e ulteriori dettagli, sono disponibili recensioni recenti su questo argomento (PAASONEN, M. K. (1968) Platelet 5-hydroxytryptamine as model in pharmacology. Annales medicinae experimentalis et biologiae Faeenniae, 46, 416-22; PLETSCHER, A. (1978) Platelets as models for monoaminergic neurones in Essays in Neurochemistry (eds. M. B. H. Youdim, W. Lovenberg, D. F. Sharman and J. R. Lagnado). 49-103. New York: John Wiley)”.

Secondo Stahl et al.:

“Questi risultati piastrinici non potevano essere spiegati da variabili di età, sesso o farmaci, confermando le forti proprietà molecolari delle piastrine nella diagnosi psichiatrica. Concludiamo sulla rilevanza dei marcatori biologici in psichiatria rispetto ai tradizionali strumenti diagnostici psichiatrici “

(Stahl, S.M.; Woo, D.J.; Mefford, I.N.; Berger, P.A.; Ciaranello, R.D. Hyperserotonemia and platelet serotonin uptake and release in schizophrenia and affective disorders. Am J Psychiatry 1983, 140, 26-30).

Da circa 50 anni le piastrine hanno vissuto una storia di referenza alla similitudine neuronale e alla patologia psichiatrica.

Le indicazioni di Stahl et al., rilevanti al fine della valutazione delle caratteristiche della mobilità della membrana, hanno predetto molto presto il risultato raggiunto con la Self-Organizing Map (SOM) ideata da Kohonen (Kohonen, T. Self-Organizing Maps, Springer Series in Information Sciences, 30, Springer, Berlin, Heidelberg, New York, 1995, 1997, 2001, 3rd edition), in una suggestiva complicità tra biologia e matematica (Cocchi, M.; Tonello, L.; Rasenick M.M. “Human depression: a new approach in quantitative psychiatry”. Annals of General Psychiatry 2010, 9, 25). Ci sono voluti molti anni prima che marcatori biologici (Acido Palmitico, Acido Linoleico e Acido Arachidonico delle piastrine), che sono espressione delle dinamiche biochimiche delle membrane cellulari, fossero in qualche modo compresi e convalidati (Cocchi M. and Traina G. Tryptophan and Membrane Mobility as Conditioners and Brokers of Gut–Brain Axis in Depression. Appl. Sci. 2020, 10, 4933).

Si realizza l’ipotesi di un continuum, nella patologia depressiva fra membrana cellulare, proteina Gs alpha e citoscheletro (Cocchi M, Gabrielli F, Tonello L, Pregnolato M, “Interactome hypthesis of Depression”. NeuroQuantology 2010; 4: 603-613),si riconosce alla piastrina un ruolo di specchio del neurone nella diagnosi della psicopatologia (Cocchi M., Tonello L., Gabrielli F., “Considerations on Blood Platelets: A Neuron’s Mirror for Mood Disorders?”. Open Journal of Blood Diseases, 2012, 2, 22-29), si giunge alla connessione dell’Acido Linoleico con la psicopatologia (Cocchi M, Minuto C, Tonello L, Tuszynski JA. Connection between the Linoleic Acid and Psychopathology: A Symmetry-Breaking Phenomenon in the Brain? Open Journal of Depression, 2015, 4, 41-52), e, un lungo percorso,conduce alle affascinanti ipotesi di un coinvolgimento dell’Acido Linoleico nell’espressione quantistica del cervello (Massimo Cocchi, Chiara Minuto, Lucio Tonello, Fabio Gabrielli, Gustav Bernroider, Jack A. Tuszynski, Francesco Cappello, and Mark Rasenick. Linoleic acid: Is this the key that unlocks the quantum brain? Insights linking broken symmetries in molecular biology, mood disorders and personalistic emergentism. BMC Neurosci (2017) 18:38) nonché al concetto di misurabilità della “coscienza” (Massimo Cocchi & Fabio Gabrielli. Consciousness in Psychiatry: Can We Measure It? Journal of Consciousness Exploration & Research| December 2020 | Volume 11 | Issue 8 | pp. 796-799).

Da ultimo, in ordine di tempo, si apre un’interessante prospettiva di ricerca e di comprensione ulteriore dei meccanismi coinvolti nel fenomeno psicopatologico con la simulazione realizzata presso l’Istituto Atomico di Vienna, riguardante l’influenza della mobilità di membrana nel condizionamento del flusso di potassio.

“La notevole bassa concentrazione di Acido Linoleico e di Acido alpha Linolenico intorno a 1-10μM nelle membrane ha attratto diverse interpretazioni su uno specifico meccanismo che controlla la funzione del canale, in particolare all’interno della superfamiglia dei canali Kv. Cocchi et al. hanno fornito un modello di “rottura della simmetria” in cui basse concentrazioni di Acido Linoleico potrebbero operare un confine all’interno della “transizioni di fase” che alla fine potrebbero influenzare i più grandi domini di membrana e diffondersi attraverso le cellule nel livello modulare dell’intero cervello. Tuttavia, altre prove sono di supporto agli effetti diretti tra PUFA e atomi di canale perché i loro effetti PUFA possono essere “lavati” in pochi secondi e non sembrano avere un significativo effetto fluidizzante sulla membrana (Elinder F & Sara I. Liin, (2017) Actions and Mechanisms of Polyunsaturated Fatty Acids on Voltage-Gated Ion Channels, Frontiers in Physiology, 8). Il presente lavoro sulla capacità di gating dinamico ad alta risoluzione del dominio del filtro Kv, ha scoperto un livello di sensibilità riguardo alla permeazione di ioni che non è stato visto in precedenza. Questo livello potrebbe ancora dissolversi in modo ancora più accurato dalla combinazione di descrizioni classiche e quantistiche della transizione ionica, come suggerito dai presenti autori in numerosi contributi precedenti (Cocchi M, Minuto Ch, Tonello L, Gabrielli F, Bernroider G, Tuszynski J.A, Cappello F. and Rasenick M. (2017) Linoleic acid: Is this the key that unlocks the quantum brain? Insights linking broken symmetries in molecular biology, mood disorders and personalistic emergentism. BMC Neurosci 18, 38; Summhammer J, Sulyok G, Bernroider G. (2018) Quantum dynamics and non-local effects behind ion transition states during permeation in membrane channel proteins. Entropy, 20, 558). Anche se ancora speculativa, una connessione tra il livello di sensibilità conduttiva dei canali Kv visto dai risultati attuali e l’ipotesi di transizione di fase esercitata dai PUFA come menzionato sopra, potrebbe forse aprire una strada all’urgente questione della cooperatività del canale nel cervello”.

I nostri risultati mostrano che una variazione della lunghezza del filtro di selettività di appena il 4%, indipendentemente dal fatto che il filtro sia allungato o accorciato, ridurrà la corrente ionica K + di circa il 50%” (Summhammer J, Sulyok G, Bernroider G, and Cocchi M. Forces from Lipids and Ionic Diffusion: Probing lateral membrane effects by an optimized filter region of voltage dependent K+ channels. arXiv. Org. Physics 2020).

Di fatto si ipotizza una profonda alterazione della trasmissione neuro elettrica e neurochimica nella psicopatologia. […] un numero crescente di dati ha implicato i canali ionici nella suscettibilità o patogenesi delle malattie psichiatriche[…] (Paola Imbrici, Diana Conte Camerino and Domenico Tricarico. Major channels involved in neuropsychiatric disorders and therapeutic perspectives. Frontiers in genetics. (2013). 4, Article 76).

Quasi tre lustri di ricerche (Cocchi, Tonello e Gabrielli) legano piastrina, neurone e psicopatologia nell’affascinante tentativo di arrivare a considerazioni sullo stato di coscienza nelle sue differenti espressioni psicopatologiche.

[…] Nonostante il ricco, ma incompiuto, dibattito sulla coscienza, che ha coinvolto neuroscienze, biologia evolutiva, scienze cognitive, filosofia della mente, ricerca avanzata nell’intelligenza artificiale, la psichiatria è rimasta piuttosto ai margini: almeno una cosa curiosa per una branca della medicina che si rivolge, prima di tutto, a un campo patologico (alterazioni del livello di coscienza, disturbi nell’esperienza del sé, dissociazioni, ossessioni, disturbi dell’umore, ecc.)[…] (Massimo Cocchi & Fabio Gabrielli. Consciousness in Psychiatry: Can We Measure It? Journal of Consciousness Exploration & Research| December 2020 | Volume 11 | Issue 8 | pp. 796-799).

La possibilità di dare misura molecolare diagnostica alla psicopatologia sembra trovare corrispondenza con la coscienza psichiatrica, nonché, similmente, nelle dinamiche dei meccanismi molecolari di membrana e come espressione comportamentale, alla coscienza della normalità.

Dunque, perché dobbiamo porci il problema di capire se sia tracciabile un’ulteriore percorso sub molecolare della coscienza, quando, essendo dimostrato che l’asse molecolare della cellula che unisce membrana, raft (zattera) lipidico e citoscheletro in stringente unità si modifica al modificarsi della mobilità della membrana stessa e si rappresentano differenti stati psichiatrici, quindi differenti condizioni di coscienza?

Pertanto, nella psicopatologia, è ipotizzabile l’esistenza di una base molecolare che esita come atto finale in modificazioni della trasmissione neuro elettrica e neuro chimica, le quali, essendo rappresentative di differenti condizioni organiche, che oscillano dalle condizioni di equilibrio molecolare della normalità a quelle dello squilibrio molecolare delle differenti condizioni psicopatologiche, saranno anche rappresentative della modificazione degli stati di coscienza.

Forse, misurare le modifiche della mobilità della membrana è atto sufficiente a esprimere i differenti stati di coscienza che vi corrispondono.

In apertura, foto di Olio Officina

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