Saperi

Quanto incide la mancanza di ricambio generazionale in agricoltura?

Non è un aspetto da sottovalutare, soprattutto oggi, tra l’incertezza del presente e le preoccupazioni che ne derivano. Il tema è stato affrontato nel corso del convegno “Mondo contadino: dalla speranza di riscatto al riscatto della speranza”, organizzato nell’ambito del centenario della nascita del poeta e scrittore Rocco Scotellaro

Alfonso Pascale

Quanto incide la mancanza di ricambio generazionale in agricoltura?

Lo scorso 18 ottobre a Tricarico, in provincia di Matera, si è tenuto un incontro molto importante, dove ho avuto modo di affrontare i tre punti cruciali utili a comprendere l’attuale mondo agricolo e le relative dinamiche che devono affrontare i giovani che ne vorranno far parte: 1 – Il destino dei ragazzi al tempo di Rocco Scotellaro; 2 – Rocco Scotellaro e la politica del mestiere; 3 – Le sfide di oggi e il destino dei ragazzi come Rocco. Di seguito l’intervento integrale.

Il destino dei ragazzi al tempo di Rocco

Scotellaro era un ragazzo che ha avuto lo stesso destino di tanti altri ragazzi di Basilicata e dell’intero Mezzogiorno. Di ieri e di oggi. E questo nonostante i profondi mutamenti intervenuti negli ultimi settant’anni.

Su un biglietto ritrovato dal suo amico fraterno Rocco Mazzarone, Rocco annota: “Benedetto Croce subito dopo la guerra scrisse che i giovani hanno un solo fondamentale problema: di maturare, di diventare adulti, di passare dalla fioritura al frutto. […] Sebbene siano crudeli come tutte le verità e sebbene ci abbiano sconvolti quando le sentivamo, oggi si possono accettare senz’altro quelle parole: sempre i giovani hanno dovuto e devono maturarsi al clima del loro tempo”.

È la riflessione che impegna costantemente Rocco per capire il contesto storico in cui una persona diventa socialmente matura. Nell’appunto egli rievoca il clima del Risorgimento e la figura del giovane scrittore e patriota lucano Luigi La Vista, caduto sulle barricate a Napoli il 15 maggio 1848.

Rocco matura nel clima della guerra e in quello di miseria dell’immediato dopoguerra. E sceglie di contribuire alla costruzione della democrazia. Con una consapevolezza: la lotta per la democrazia coincide con l’ingresso suo e della sua generazione in quella che egli definisce “vita del lavoro”, intesa come “coscienza della propria storia”.
Questo è il significato del suo impegno come scrittore e poeta, dirigente socialista, sindaco del suo paese, ricercatore.

Rocco e la politica del mestiere

Il giovane Scotellaro fiuta con molto anticipo rispetto ad altri i segnali di crisi del movimento per la terra e per la rinascita del Mezzogiorno.

Scrive in un appunto di quegli anni: “Lo Stato e l’opposizione si scontrano nel Mezzogiorno come su un campo straniero: essi badano alle affrettate risoluzioni elettoralistiche senza pensare ad un piano organico di rinascita. I piani regionali li fanno con la tecnica dell’indifferenza politica alcune brave persone incapaci di azione e di volontà politica.

Le assisi dei comunisti, malgrado l’imperizia e la demagogia, sono, in un certo senso, più significative dei piani tecnici”.

Ma non vuole mai aderire al Partito comunista e preferisce militare nel più piccolo Partito socialista. È, infatti, insofferente ad un approccio alla politica di tipo movimentista e tattico-strumentale. E lo infastidisce l’approssimazione con cui si guarda alle specificità delle categorie sociali.

A lui non piace, ad esempio il modello organizzativo della CGIL che tiene insieme braccianti e coltivatori. Frutto di un’avversione verso i coltivatori diretti e i piccoli proprietari, considerati “più esosi” dei padroni.

Sono tali posizioni fortemente critiche verso i partiti e i sindacati a indurre Rocco, negli ultimi tre anni della sua breve vita, ad abbandonare la politica attiva.

Scrive a Manlio Rossi-Doria: “Mi sostiene ancora una profonda fiducia d’un lavoro serio, animato dalla ribellione al conformismo del tempo”.

Il professore di Portici gli risponde: “C’è poco da fare: un’epoca si è definitivamente chiusa. Per essere capaci di vivere utilmente quella che si apre o forse quella che seguirà a questa, bisogna prendere atto con assoluta chiarezza di questo fatto e bisogna cambiar vita. Di agitatori nessuno ha più bisogno e meno che mai i nostri poveri contadini in Basilicata. […] Anche io sono come te: ho profonda fiducia d’un lavoro serio […] ma animato da una ribellione fredda; senza fumi, alimentata da un lavoro cocciuto e paziente che alla fine ce la deve fare a riuscire. È in questo senso che ho impostato tutta la mia vita. Dalla politica per ora mi sono ritirato e faccio la mia politica del mestiere”.

Anche Rocco sceglie la politica del mestiere. E decide di formarsi come scienziato sociale sotto la guida di Rossi-Doria per armarsi di strumenti culturali che la sinistra non possiede.

Con la collaborazione di Scotellaro e Gilberto Marselli, Rossi-Doria apre l’Osservatorio di economia agraria di Portici alla sociologia.

Rocco torna così a rapportarsi coi contadini non solo di Tricarico e della Basilicata, ma dell’interno Mezzogiorno e, soprattutto, delle zone interne. Facendo la politica del mestiere, continua in tal modo la sua battaglia per il riscatto dei contadini.

Per lui il mondo contadino non è un luogo mitico, una sorta di “mondo a parte”, immobile e incontaminato, da preservare dai rischi della modernità. È, invece, una realtà formata da individui in grado di esprimersi nella loro forza e nella loro individuale capacità di rinnovamento e sviluppo.

Nelle sue opere, ci fa toccare con mano questa realtà: i contadini a cui egli dà voce hanno una forte coscienza di sé e un vivo senso di comunità; e questo perché hanno coscienza e rispetto degli altri; non si abbandonano a inutili ribellioni, ma esprimono la volontà di cambiare il mondo in cui vivono nella misura delle loro possibilità.

Le sfide di oggi e il destino dei ragazzi come Rocco

Le sfide più vicine a noi si possono trarre dall’ultimo rapporto Istat su “I giovani del Mezzogiorno”: “Dal Duemila in poi, l’Italia ha fatto registrare una performance vistosamente negativa riguardo alla consistenza della popolazione giovanile: si è passati da una collocazione molto prossima alla media Ue – con quote superiori a numerosi altri Paesi (Germania, Svezia, Finlandia, Belgio, Olanda, ecc.) – fino a occupare in solitario la posizione di coda. […] Il calo più consistente si registra a partire dai cosiddetti ‘millennials’, primi veri protagonisti dell’arretramento demografico in oggetto. […] Questo andamento è evidente soprattutto nel Mezzogiorno, dove l’entità dei giovani rapportata ai pari età del resto del Paese risulta in forte calo”.

A questo dato, che evidenzia una grave crisi demografica, va collegato un altro elemento drammatico: la mancanza di ricambio generazionale in agricoltura. Sono queste sfide terribili a farci porre l’obiettivo di riscattare la speranza. Un futuro senza giovani è un futuro privo di speranza.

Poi ci sono le sfide globali: clima, sicurezza alimentare, energia, divari demografici e movimenti delle persone. C’è una forte interconnessione tra sfide locali e sfide globali. E cogliendone le interdipendenze, si possono comprendere le enormi opportunità che si aprono per affrontare la nostra crisi demografica e riscattare, così, la speranza.

Il mondo contadino di Scotellaro è il medesimo del Nord e del Sud del mondo. Le contaminazioni culturali sono avvenute da sempre nella storia. Come ha osservato lo storico Giuseppe Galasso, “le caratteristiche degli insediamenti appenninici (…) non sono poi così lontane, nello spirito che ispira la loro casualità, dall’aggregato labirintico delle medine e dei rabat musulmani, così come si ritrovano da noi, nei centri costieri”. C’è dunque una continuità non solo tra vari tipi edilizi (casa costiera a volta, casa di pianura a corte, dimora appenninica con copertura a tetto di tegole), ma soprattutto tra gli insediamenti della costa, le città contadine delle pianure e i borghi appenninici, i famosi presepi dell’interno. E sarebbe di grande interesse cogliere gli elementi di cultura contadina in comune con Rocco presenti nelle opere di tanti poeti vissuti in paesi medio-orientali.

Se facciamo questo esercizio di comparazione, diventa più facile comprendere il senso dei conflitti in atto nel mondo e i percorsi da intraprendere per superarli.

L’azione terroristica di Hamas contro Israele rientra nel conflitto globale che le autocrazie orientali hanno aperto contro le democrazie liberali. L’aggressione russa dell’Ucraina, iniziata due anni fa, va rubricata nello stesso schema.

Ci sono forti interconnessioni tra le due vicende.

Quegli attacchi sono stati favoriti dalle divisioni interne ai Paesi in questione, ma anche dalle divisioni che stanno paralizzando le nostre democrazie. Ci sono, infatti, forze autoritarie interne in sintonia coi regimi autocratici esterni.

Ma non nascerà un nuovo ordine mondiale senza una regia dell’insieme delle democrazie: costruire democrazia significa costruire un nuovo ordine. E senza un nuovo ordine non ci potrà essere pace.

Nel conflitto globale di oggi, Rocco non avrebbe alcun dubbio da che parte schierarsi. E darebbe il suo contributo per costruire la democrazia oltre lo Stato, a partire dal completamento dell’integrazione europea. Si impegnerebbe nel delineare una riforma dei trattati che legittimi la sovranità dell’Unione in materie come la difesa, i cambiamenti climatici, i movimenti delle persone, la sicurezza alimentare ed energetica, la ricerca e l’innovazione tecnologica. E si batterebbe perché il Parlamento europeo l’approvasse quanto prima.

Si tratta di una riforma per trasformare la Ue in un soggetto politico capace di prendersi cura del Mediterraneo allargato e, più in generale, del continente africano. L’Italia dovrebbe proporre un grande patto di collaborazione Ue-Africa.

Certo! Ci vorrebbero leader europei capaci di incarnare una diplomazia dei popoli. Leader di dimensione globale che abbiano la statura politica di Olof Palme e di Willy Brandt. Ci vorrebbero leader agricoli globali capaci di attivare una diplomazia verde. Leader che abbiano la statura politica di Giuseppe Avolio.

Trent’anni fa, nel settembre 1993, nella sede della Knesset, il parlamento israeliano a Gerusalemme, Avolio presiedette una riunione del Comitato Mediterraneo della Federazione Internazionale dei Produttori Agricoli – Fipa, in cui sedevano per la prima volta agricoltori israeliani e arabi. Disse il presidente della Cia, nella sua veste di presidente del Comitato: “La collaborazione nel Mediterraneo è possibile se, a partire dell’agricoltura, si riesce a impostare un’azione coerente basata sulla scienza, sulla tecnologia e sull’informazione liberate dalle catene dell’ideologismo e del nazionalismo”.

Avolio era compagno e amico di Scotellaro. E insieme ci hanno lasciato in eredità l’idea che non c’è sviluppo senza cultura. Il compito della cultura oggi è quello di leggere il mondo in cui viviamo. E noi tutti, come individui e come umanità, dovremmo compiere ogni sforzo per capire il mondo e trovare così il giusto posto in esso.

Solo se saremo capaci di comprendere il mondo, riusciremo a riscattare la speranza. Questo è il destino dei ragazzi come Rocco. Questo significa maturare e diventare adulti nel clima del proprio tempo.

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