Sinesio di Cirene e il suo “Elogio della calvizie”
Libri per l’estate 2024. Una testa senza capelli - assicura Sinesio - è segno di saggezza, di integrità morale, persino di buona salute; quella capelluta, invece, di tutto l’opposto. Le prove a favore della sua tesi non mancano al retore, il quale è abilissimo nell’arte della persuasione e ne trova perciò di schiaccianti nella storia, nella poesia, nella filosofia. Ma le ragioni per cui il suo Elogio non può lasciarci indifferenti non finiscono qui, per questo non possiamo che consigliarvi il volume a cura, e con la traduzione, di Anna Rotunno, la quale restituisce un’edizione critica che per la bellezza, novità e intelligenza delle sue soluzioni va subito a divenire reference per l’italiano
Sinesio di Cirene, Elogio della calvizie (traduzione e cura di Anna Rotunno), Luni editrice
Nell’antichità c’è stato qualcuno che ben prima di Cesare Ragazzi (e ben meglio ossia senza ricorrere a patetici trapianti) è riuscito a racconsolare i calvi circa la loro pilifera perdita e anzi a far loro esibire la piazza con nuova esaltata sfrontatezza. Quel qualcuno è Sinesio di Cirene.
Nato intorno al 370 d.C., frequentò ad Alessandria la scuola neoplatonica della tristemente nota Ipazia, da lui detta “madre, sorella, maestra”; fu anche vescovo di Tolemaide dal 411, morendo pochi anni dopo.
Autore assai prolifico (dal discorso Sul regno al Dione, dal trattato Sui sogni agli Inni), Sinesio viene perlopiù ascritto alla Neosofistica; mentre l’Elogio della calvizie – sorta d’esercizio di bravura retorica che sfuma a poco a poco nella consolatio – ne è il riconosciuto capolavoro.
Orbene l’editrice Luni ha appena pubblicato l’Elogio con la cura dotta ed elegante di Anna Rotunno che così lo presenta al lettore: “Un calvo di sedici secoli fa lancia una sfida e offre una consolazione: la sfida sta nell’eleggere a sistema un pensiero divergente, refrattario a quei giudizi sommari e luoghi comuni su cui si costruiscono anche i canoni estetici; la consolazione è nel sovvertire completamente le opinioni correnti sulla calvizie, facendone un pregio da esibire con orgoglio. Una testa senza capelli – assicura infatti Sinesio – è segno di saggezza, di integrità morale, persino di buona salute; quella capelluta, invece, di tutto l’opposto. Le prove a favore della sua tesi non mancano al retore, il quale è abilissimo nell’arte della persuasione e ne trova perciò di schiaccianti nella storia, nella poesia, nella filosofia. Ma le ragioni per cui il suo Elogio della calvizie non può lasciarci indifferenti non finiscono qui. Anzi, dopo una prima lettura, si avverte che molto altro ancora siamo chiamati a scoprire tra le pieghe di questo libriccino. Ciò accade perché, sotto la parvenza giocosa di un divertissement, esso muove corde profonde, proietta verso vertiginosi orizzonti di pensiero, spinge lo sguardo fino ai confini del cielo e mai lo distoglie dalle cose della vita e dalle forme del mondo”.
Per la verità Anna Rotunno – drammaturga oltreché grecista di vaglia – ci consegna un’edizione critica che per la bellezza, novità e intelligenza delle sue soluzioni va subito a divenire reference per l’Italiano, cioè senza possibili rivali, né in riferimento al vetusto Antonio Garzya né al più giovanilistico Francesco Monticini (il quale di fatto accoglie a orecchie basse la lezione francesizzante dell’editore Belles Lettres). La Rotunno invece non è solo un’assidua frequentatrice di Sinesio e del suo milieu – suo per esempio è anche l’Olimpico di Dione di Prusa – ma dell’Elogio ha già curato una prima edizione nel 1994; sicché, riprendendolo a trent’anni esatti di distanza, si può ben dire che codesto libriccino serbi in sé il fuoco della giovinezza e la cenere della maturità – alfa e omega – assurgendo degnamente a life’s work, opera d’una vita.
In tal senso non v’è dubbio su quale sia il vero volto femminile della misteriosa copertina antifrastica scelta dall’editore: è quello della stessa curatrice, la quale ammette: “questa edizione dell’Elogio nasce come rilettura di un lavoro già pubblicato anni orsono e che oggi si propone al lettore come un’autentica novità, fresca di soluzioni inedite nei punti più controversi del testo e coraggiosa al punto da avanzare ulteriori ipotesi su questioni annose. Per tutto ciò si tratta di un lavoro quanto mai versatile o, per meglio dire, versipellis, disposto cioè a cambiar pelle a seconda delle mani che ne vengano in possesso, come dimostra chi ne ha firmato l’atto di rinascita con una prefazione briosa e toccante a un tempo: il filosofo Sossio Giametta”.
Sì perché, per soprammercato, tale edizione rotunnesca dell’Elogio – oltre a una densa introduzione, alla cronologia, ai giudizi critici, al testo originale a fronte e a note di somma acribia filologica che rasentano quasi il gran comento – si fregia pure d’una smagliante prosa filosofico-autobiografica (una delle sue ultime) di Sossio Giametta, amicissimo della Rotunno, la quale, non da meno, ricambia dedicando l’aureo libretto proprio all’indimenticato filosofo: per sempre Mago di tutte le latitudini.
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