Saperi

Smartphone con le orecchie? È il prezzo della tecnologia avanzata

Sono ormai l’appendice irrinunciabile dei nostri corpi e dei nostri cervelli. Ora, il dubbio inquietante che i nostri cellulari ci ascoltino è già stato sollevato e ampiamente discusso diversi anni fa, da scienziati, specialisti del settore e semplici utenti. I dubbi sul potere d’ascolto occulto restano, se si è potenziali “prede” anche off line o navigando “in incognito”. Che fare?

Paola Cerana

Smartphone con le orecchie? È il prezzo della tecnologia avanzata

Vi è mai capitato di parlare con qualcuno di qualcosa di cui, dopo pochi istanti, vi compare una notizia sul vostro smartphone? Che si tratti di cucina, di viaggi, di letture, di sesso o di morte, ecco che il “cellulare intelligente”, come per magia, offre risposte alle nostre domande, riempiendo quel vuoto che, magari, un dialogo tra comuni mortali non soddisfa.

Il dubbio inquietante che i nostri cellulari ci ascoltino è già stato sollevato e ampiamente discusso diversi anni fa, da scienziati, specialisti del settore e semplici utenti, come me. Ma per lo più si argomentava il fatto che i telefonini spiassero le nostre conversazioni telefoniche e i nostri sistemi di messaggistica – quando cioè siamo in linea – rubando informazioni circa i nostri interessi e disinteressi, gusti e disgusti. E questo ormai è palese, tanto che ci siamo un po’ tutti rassegnati ad essere dispensatori di informazioni private, persino intime, e al tempo stesso essere target di una manipolazione mediatica a dir poco kafkiana. È il prezzo della tecnologia avanzata.

Ma ora la questione si fa più grottesca. Se davvero i nostri cellulari avessero le orecchie per captare anche le conversazioni off line? Se ci ascoltassero liberamente e costantemente, come fossero seduti accanto a noi e ai nostri famigliari, amici o amanti mentre in salotto, a tavola o a letto chiacchieriamo dei fatti nostri, incautamente certi d’essere soli nelle nostre ingenue intimità?

Potrebbe essere vero. Ho prestato molta attenzione a quelle che normalmente chiamiamo “coincidenze”, solo perché non sappiamo definire altrimenti delle corrispondenze temporali e spaziali straordinarie, al limite della fantascienza. Possibile che dopo aver parlato con l’amico A della malattia di Dupuytren – a tu per tu, non telefonicamente – eccomi comparire dopo pochi minuti sul mio smartphone “sintomi e rimedi” di tale malattia? Sarà un caso … una coincidenza. E possibile che dopo aver stabilito che per cena avremmo cucinato stinchi al forno con patate, ecco arrivare puntuale la “ricetta perfetta per preparare lo stinco di maiale”? Ovviamente, a parte noi esseri pensanti e parlanti, l’unica presenza è quella dei nostri telefonini, appendice irrinunciabile dei nostri corpi e dei nostri cervelli.

Di casi simili ne sono capitati diversi e, appunto, sugli argomenti più disparati. Gli esperti di cybersecurity sembrano attribuire la colpa a noi, inconsapevoli vittime di noi stessi, che, installando app di dubbia provenienza o navigando in rete senza precauzioni, lasciamo tracce inequivocabili sulle nostre posizioni, offrendo il nostro identikit desolatamente nudo e drammaticamente pubblico. Tracce su cui il web si incolla come un segugio sulla sua preda.

Eppure i dubbi sul potere d’ascolto occulto restano se si è potenziali “prede” anche off line o navigando “in incognito” o, ancora, evitando di utilizzare amene “cloud”! Lo stesso sistema Siri ci lascia immaginare che gli smartphone abbiano le orecchie. Siri, come tutti sanno, è un’interfaccia di comunicazione ad alto livello che, tramite la voce, permette di porre domande e di ricevere risposte più o meno sempre pertinenti, a volte persino spiritose, come se dietro la voce ci fosse una mente pensante. C’è chi chiacchiera con Siri come fosse una persona reale!

A questo punto mi arrendo, confidando che tra poco il mio cellulare mi suggerirà come dialogare in privato con chi mi sta accanto senza essere spiata da invisibili pirati della comunicazione.

“E le macchine al cielo emulatrici

crebbero, e tanto cresceranno al tempo

che seguirà.”

Così scriveva Leopardi nella Palinodia al marchese Gino Capponi, nel 1835, due anni prima di morire.

Sembra non c’entrare alcunché su quanto detto sopra, eppure la lungimiranza del poeta appare sconcertante nell’immaginare il futuro, ovvero il nostro presente. Quale definizione migliore dell’Intelligenza Artificiale se non questa “macchine al cielo emulatrici”? Agli esperti dell’Era Digitale la risposta.

Noi, popolo di utenti che non siamo né poeti né scienziati, nel nostro piccolo possiamo provare a difenderci armandoci di un’ultima riflessione: forse l’errore lo facciamo davvero noi, considerando lo smartphone come un’appendice del nostro corpo. Quella parte di noi sempre in tasca, o nella borsa, oppure in mano, o sulla scrivania, a vista d’occhio per non perdere l’immancabile apparizione di qualche preziosissima notifica da divorare in tempo reale. Ecco, sarebbe forse utile trasformare quest’appendice in appendicite, dandoci coraggiosamente un taglio. Una semplice dimenticanza del moderno oggetto del desiderio capace di regalare, in cambio, qualche spazio di vera, inespugnabile intimità.

In apertura, particolare di un’opera esposta al Museo della follia a Lucca; mostra a cura di Vittorio Sgarbi [aprile 2019]; foto di Olio Officina

TAG:

Per commentare gli articoli è necessario essere registrati
Se sei un utente registrato puoi accedere al tuo account cliccando qui
oppure puoi creare un nuovo account cliccando qui

Commenta la notizia