Saperi

Tronchi sulla spiaggia. Il cervello quantistico esiste?

Ho fatto bene, ho fatto male? Se vivi, tutto è inevitabile e, forse, non ha neppure senso riflettere su ciò che è stato fatto. Percorrendo un lungo cammino vi è sempre una fine cui si approda. Il fatto che questa fine possa risultare gloriosa o ingloriosa poco conta di fronte al mistero della vita. Si diventa come un tronco, uno di quei tronchi che si trovano sulla spiaggia. In dialogo con Jack Tuszynski

Massimo Cocchi

Tronchi sulla spiaggia. Il cervello quantistico esiste?

Credo che giunga sempre un momento in cui per forza devi riflettere sul senso della vita.

Io non volevo farlo ma, inevitabilmente, le immagini ti scorrono nel cervello, dalla tua vita di bambino a quella che, inesorabilmente va verso la fine.

E non occorre essere poi tanto critici con la storia che racconta il tuo cammino, una storia fatta di una miriade di momenti, una storia fatta da un infinito susseguirsi di eventi che, a volte, hanno portato gioia e a volte dolore.

Se vivi, tutto ciò è inevitabile e, forse, non ha neppure senso riflettere su ciò che hai fatto.

Ho fatto bene, ho fatto male?

Io non so se ho fatto bene o male, non so neppure se ho preso decisioni giuste o sbagliate, semplicemente ho seguito l’istinto come tutti gli animali, dai quali, forse, mi distingue quel qualcosa che in tanti ragionamenti fatti con gli amici, non siamo ancora riusciti a cogliere o, quanto meno a fornire una chiara spiegazione.

Ad esempio, non molto tempo fa è stato pubblicato un dialogo fra il sottoscritto e Jack Tuszynski a proposito del cervello quantistico.

Massimo Cocchi chiede a Jack Tuszynski

Il cervello quantistico esiste? “Il cervello usa la meccanica quantistica? Questa è una domanda perfettamente legittima”, afferma Matthew Fisher (Brooks, 2015).

Ci sono molti argomenti riguardo a questo problema e forse l’esposizione più eloquente ed elaborata dell’ipotesi del cervello quantistico viene dai due libri pubblicati da Sir Roger Penrose (Penrose, 1994, 1999), un articolo di revisione di Hameroff e Penrose (2014) e un libro di Jeffrey Satinover (2001).

L’essenza dell’argomento per l’implementazione dei processi quantistici nella cognizione si basa sulla non computabilità di alcuni processi del pensiero umano. Un argomento più teleologico invoca le preferenze di Madre Natura per il mantenimento delle conquiste evolutive. Poiché è stato dimostrato che i processi quantistici sono in gioco nella fotosintesi e nella magneto-ricezione degli uccelli, tra gli altri esempi (Lambert et al., 2013), è una conclusione logica aspettarsi che un meccanismo così potente offerto dalla fisica quantistica trovi un’implementazione nel cervello umano.

Jack Tuszynski risponde

A un certo livello, Matthew Fisher (e altri che assumono l’approccio fisicalistico) ha ragione – e la risposta è sì. Il cervello è composto da atomi e gli atomi seguono le leggi della fisica quantistica. Ma Fisher si sta davvero chiedendo se le proprietà strane ed esotiche degli oggetti quantistici, ad esempio l’essere in due posti contemporaneamente, che sembrano influenzarsi a vicenda istantaneamente a distanza e così via, potrebbero spiegare aspetti ancora sconcertanti della cognizione umana, e che, si scopre, è davvero una domanda molto controversa.

A mio parere, ciò che è necessario per risolvere queste questioni è un esperimento cruciale sulla falsariga della natura quantistica delle dimostrazioni della fotosintesi da parte dei fisici nell’ultimo decennio (ad esempio Engel et al. 2007).

Allo stesso modo, un esperimento che mostri che i microtubuli neuronali possono supportare stati quantistici sufficientemente longevi prima che la “decoerenza” termica li distrugga, sposterebbe rapidamente queste discussioni da un livello ipotetico a uno molto concreto e da aree controverse del discorso scientifico al mainstream della scienza. Ciò che serve è una dimostrazione sperimentale innovativa della natura quantistica della coscienza in modo riproducibile e inequivocabile.

Questo tipo di esperimento (analisi spettrale della radiazione del corpo nero) ha aperto il mondo della fisica ai concetti quantistici agli albori del ventesimo secolo. Uno sviluppo simile sembra aver luogo in biologia con gli esperimenti sul meccanismo della fotosintesi.

Massimo Cocchi

Se la funzione quantistica è una proprietà generale e indiscutibile del cervello, dovrebbe essere espressa in diversi stati di coscienza, vale a dire:

  1. Coscienza
  2. Incoscienza

In entrambi i casi, la funzione quantistica del cervello dovrebbe essere attribuita a diverse percezioni della realtà:

  1. Realtà convenzionale
  2. Realtà non convenzionale: sogno e paradigmi psicopatologici.

Nella realtà convenzionale, pensiamo che tutto sia misurabile perché abbiamo la percezione del tempo e siamo soggetti a condizioni di libero arbitrio, cioè il cervello lavora in una dimensione misurabile e non in modo quantistico.

Le diverse percezioni della realtà convenzionale (sogno e paradigma psicopatologico) possono essere considerate condizioni in cui i fenomeni molecolari, fisici e chimici che regolano le comunicazioni intra-inter-neuronali riproducono e modellano una realtà senza dimensione materiale. Se questo è plausibile, allora il “cervello quantistico” realizzerebbe le sue funzioni in una dimensione che sfugge alla percezione reale.

Si potrebbe pensare che il cervello abbia come proprietà intrinseca, la capacità di esprimersi in maniera dualistica a seconda che si trovi nella percezione reale o apparente.

In condizione di percezione apparente, tempo e libero arbitrio sarebbero due fenomeni, non misurabili (Cocchi & Capezzani, 2017). Ciò giustificherebbe, nel caso del suicidio (l’evento che destabilizza il processo della vita reale), che il suicidio potrebbe derivare da una decisione che non ha dimensione perché il suicidio rappresenta il futuro della vita e perché del futuro non la percezione del tempo, significa che il futuro non ha dimensione. In questo caso il suicidio è una condizione di percezione apparente, senza dimensione.

Il commento di Jack Tuszynski

Sono d’accordo con la discussione di Massimo. Inoltre, potrebbero essere possibili stati di transizione quantistica che consentono connessioni tra regioni dello spazio-tempo altrimenti inaccessibili. Questo spiegherebbe molti dei cosiddetti fenomeni “paranormali”, come i sogni premonitori delle capacità di visione remota di alcune persone.

Se prendiamo per buona questa breve discussione-dissertazione non posso altro che pensare che anche gli animali posseggono un cervello quantistico.

E così, io, forse, ho vissuto come un animale, seguendo quell’istinto che, come porta l’animale ad accoppiarsi, a cercare rifugio dal pericolo, a cercare cibo ecc., così portava me a rincorrere sciocchi traguardi scientifici, a rincorrere sciocche ambizioni.

Ad un certo punto della vita, qualcosa ha modificato questo errare, perché no, forse anche inconsapevole, ponendomi di fronte all’inevitabile.

Facendomi vedere che un cammino ha sempre una fine e che questa fine sia gloriosa o ingloriosa poco conta di fronte al mistero della vita.

Diventi come un tronco, uno di quei tronchi che sulla spiaggia di Boccasette, al 45 parallelo, tanto avevano attratto la mia attenzione nel loro aspetto che stava fra un misto di animalità-umanità, e lì, mi sono chiesto perché la natura riesce a recuperare forme che sembrano improbabili da pezzi che da lei si staccano e viaggiano a lungo trasportati dall’acqua per tornare alla loro origine.

Ecco, io, oggi, sono quel tronco che sta immobile, e, come lui, non so più se ho capacità di pensare, non so neppure se ce l’ha anche lui, ma non è un problema, forse entrambi non vogliamo più pensare ma aspettare che arrivi un’onda lunga che ci trascina dalla spiaggia di nuovo verso il mare in un futuro che, come io credo, non ha dimensione.

…Così tra questa

immensità s’annega il pensier mio:

e il naufragar m’è dolce in questo mare

Credo che Leopardi abbia riassunto in queste ultime parole l’essenza vera della vita, di una coscienza che si stacca dalla realtà “quantistica” e non farà più ritorno alle sue debolezze, alle sue ambizioni, alle sue ansie e dolori e gioie ma, semplicemente, naufraga nell’infinito con dolcezza.

In apertura, foto di Olio Officina

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