Saperi

Un atto di coraggio per l’olivicoltura

Sostiene l'agronomo Angela Canale: "ritengo essenziale l'applicazione delle tecnologie in agricoltura così come per altri comparti. Ma questo richiede conoscenza ed esperienza che non sono innate in chi si avvicina alla terra solo per passione"

L. C.

Un atto di coraggio per l’olivicoltura

Laureata presso la Facoltà di Agraria dell’Università di Perugia, Angela Canale svolge la professione di agronomo ed è una qualificata esperta in materia di analisi sensoriale applicata agli oli di oliva.

I tratti migliori della sua personalità. Non saprei, mi vengono subito in mente i tratti peggiori che è meglio tenga per me. Forse l’ironia, mi aiuta spesso a sorridere anche in situazioni difficili.

Le virtù coltivate abitualmente. Delle quattro virtù quella che più cerco di perseguire è la giustizia, quella più fuori moda in questa epoca. Vorrei con molto equilibrio che tutti ricevessero ciò che gli è dovuto, quale scambio tra gli uomini e tra la natura e l’uomo. Pertanto per quel che mi è possibile cerco sempre di applicarla attraverso le cose che faccio. E dove non riesco io mi piacerebbe che ci fosse sempre la giustizia che tutti meritano.

I limiti, le pecche maggiori, gli impulsi più incontrollati del carattere. L’impulsività senza dubbio. Provo sempre a contare fino a dieci ma riesco a malapena ad arrivare a… E allora posso in pochi secondi arrabbiarmi furiosamente così come posso entusiasmarmi per un semplice sorriso. In pochi minuti alterno il buon umore a momenti di profonda tristezza, ma per fortuna succede anche il contrario.

I vizi ai quali non si intende rinunciare per niente al mondo o ai quali, pur volendo, non si riesce a rinunciare. Non riesco a rinunciare al dialogo con gli altri, mi incuriosiscono le persone diverse da me, quelle che amano tutto quello che io detesto, ma mi piace molto dialogare anche con quelle che condividono le mie stesse abitudini. Insomma mi piace di chiacchierare….mentre parlo con gli altri elaboro continuamente nuove idee e questo mi piace da morire. E poi non riesco a rinunciare a fare di testa mia….

Un ricordo dell’infanzia. Il ricordo più bello va a quando giocavo per strada con i miei amici, a quando le strade appartenevano ai bambini. Che meraviglia le sere d’estate a giocare a nascondino, urlando di gioia per la fine della scuola che stava arrivando…..

Si passa al lavoro. Da quanto, e perché, si occupa di olio. Dopo un mese dalla laurea ebbi la fortuna di cominciare subito a lavorare come agronomo in un’azienda agricola dove l’olivo era considerata la coltura più importante. Oliveti specializzati e completamente meccanizzati hanno rappresentato il punto di partenza e di forza della ristrutturazione di 500 ettari di proprietà dei Conti Faina, immersi nelle colline umbre a ridosso di Todi. Una ristrutturazione necessaria quale passaggio dalla mezzadria alla conduzione diretta, dove tutte le colture hanno avuto come obiettivo la gestione meccanica delle operazioni colturali. Vite, olivo, noceti, noccioleti, seminativi, dalla potatuta alla raccolta, tutto si doveva meccanizzare. Negli anni questo obiettivo si è pienamente raggiunto riuscendo a creare reddito e qualità. Ma forse il fiore all’occhiello è stato il vivaio dove si producevano esclusivamente piante di olivo di tantissime varietà destinate al mercato regionale, nazionale ed estero e dove si sono propagate le prime e ancora oggi uniche varietà italiane di nuova costituzione adatte per gli impianti ad alta densità. Per la maggior parte del tempo mi occupavo proprio del vivaio. Dare vita a centinaia di migliaia di piantine è stata la cosa più bella. Occuparmi di olio è stata l’immediata conseguenza.

Se si crede nel proprio lavoro. Se vi sia un sano senso di entusiasmo e passione, o se vi sia qualcosa che turba e impensierisce. Si, credo molto nel mio lavoro. Ritengo essenziale l’applicazione delle tecnologie in agricoltura così come per altri comparti. Ma questo richiede conoscenza ed esperienza che non sono innate in chi si avvicina alla terra solo per passione. Mentre penso fallimentare credere di gestire l’agricoltura con sistemi arcaici ed empirici, solo perchè ritenuti naturali, ciò che in modernissimi laboratori vogliamo trasformare in prodotti di alta qualità. Niente riuscirei a fare senza entusiasmo, figuriamoci il mio lavoro! La passione mi appartiene e l’entusiasmo lo prendo dagli altri, dal contatto con le persone con cui lavoro e che incontro quotidianamente. Non è detto che debbano essere per forza positive, qualche volta anche da chi non condivido usi e costumi traggo la voglia di fare….mi piace fare proprio il contrario di quello che fanno loro! Mi turba che a volte con chi penso di condividere molto non riesco a costruire. E qui perdo un po’ di fiducia, soprattutto in me stessa per non essere riuscita a trasmettere quello che in realtà avrei voluto. Sento forte quel senso di appartenenza di cui tutti abbiamo bisogno, ma che non riesce a trovare soddisfazione. Avrei bisogno di condividere non solo pensieri ma soprattutto scelte, quelle che ti fanno sentire forte anche quando sbagli. Vorrei provare l’orgoglio di fare insieme ad altri, non per la debolezza della solitudine, ma per la forza che ti trasmette la condivisione.

Il comparto olio di oliva non naviga in buon acque, avendo perso valore l’olio extra vergine di oliva e diventando di fatto, a parte le eccezioni, un prodotto commodity. Cosa è possibile fare per reagire allo stato di immobilismo e di incertezza attuali. Se vi siano soluzioni per cambiare il corso degli eventi. Penso che siano molti i comparti che non gravano in buone acque, in questo l’olio di oliva non è solo. La bellezza dell’olivo nel corso del tempo ha paralizzato l’imprenditorialità del produttore. Penso sia l’unica coltura che abbia mai subito una ristrutturazione tale da renderla produttiva e gestibile per avere la forza di arrivare sul mercato con quantità e costi sostenibili. Se mai un piano olivicolo nazionale sia stato proposto è perchè non è mai stato chiesto con convinzione. Questo avrebbe richiesto un atto di coraggio che è mancato sia nelle forze politiche che negli olivicoltori stessi. Ognuno ha voluto ostentare le proprie secolari piante come antichi gioielli di famiglia pensando che il solo guardarle avrebbe reso quanto bastava a mantenerle. Non solo non è stato così, addirittura oggi sono diventate un peso per molte aziende che non riescono a reperire nemmeno la manodopera necessaria ad assicurarne le cure minime. Sicuramente un prezzo di mercato degno per un prodotto con le caratteristiche di un vero extravergine potrebbe ridare la speranza di rinvestire in olivicoltura. Basta con i prezzi all’ingrosso fatti da chi ha solo come obiettivo la speculazione. Organizzare la vendita assemblando il prodotto di più aziende implica una organizzazione di conduzione agronomica completamente diversa. Non si può rinunciare a costruire il nuovo se si vuole salvare il vecchio. Qualsiasi immobilismo porta nel tempo all’abbandono totale.

A proposito di olio extra vergine di oliva. Al primo posto: la qualità o l’origine? Sicuramente metto al primo posto la qualità. Su questa possiamo agire. Sull’origine poco l’uomo può fare. Sembrerebbe una contraddizione ma ritengo che in agricoltura il primo grande attore sia proprio l’uomo con la sua professionalità e le sue scelte.

L’olio da olive è un prodotto agricolo. L’agricoltura è confinata in un ambito di marginalità. Se sia possibile, a partire da queste premesse, intravedere una occasione di riscatto per tale prodotto. L’agricoltura è diventata marginale perchè il lavoro è stato affidato ai più semplici e a volte meno preparati, che si sono basati solo sull’esperienza dei nonni quando l’azienda era di famiglia e improvvisando quando si cominciava per la prima volta questo lavoro. E l’olivicoltura non è stata da meno. Vedo che nelle aziende dove invece si opera con professionalità e coraggio d’impresa i risultati, anche se a fatica, ci sono.

Se si crede nei sogni, qual è quello non ancora realizzato ma che con ostinazione e instancabile coraggio si insiste a coltivare. Personalmente non ho sogni, ho soltanto speranze. La speranza principale è quella di continuare a vivere in un Paese che lotta per continuare ad essere.

Se sia possibile realizzare il sogno, o se sia una pura utopia che va comunque coltivata pur di sopravvivere alle proprie aspirazioni. Si penso proprio di si, dobbiamo solo contarci ahahahahaha

Ciascuno di noi ha uno o più miti ai quali si affida per un proprio personale punto di riferimento. Quale, quali sono. Oltre a non avere sogni non ho avuto nemmeno miti. Ho avuto due grandi esempi a cui ispirarmi pur nella contestazione, i miei genitori. Ma se potessi vorrei essere come maga magò, alla quale bastava una pozione magica per rimettere tutto al suo posto! Non male!

I libri (o il libro) fondamentali nella propria formazione. Nella mia vita non sono stati essenziali i libri, ma le persone e oltre mio padre ho avuto la fortuna di aver avuto un grande maestro, quello delle scuole elementari. Ancora oggi ricordo le parole con cui ci ha insegnato ad appassionarci alla vita e alle meravigliose cose che si possono fare. Raccontava la storia come la più grande avventura dell’uomo. Sapeva parlare con il cuore come si dovrebbe parlare a tutti i bambini. Ci aveva reso orgogliosi di essere italiani. È stato proprio lui il colpevole, quello che mi ha trasmesso il senso di appartenenza.

Se si possa salvare l’Italia. Se vi è ancora spazio per la speranza. Solo se continuiamo a far vivere e lavorare maestri come il mio e come quello che molti altri hanno avuto. La speranza avrà vita e spazio soltanto se la lasciamo in compagnia dell’entusiasmo, quello che ci trasmettono le persone e le cose che amiamo.

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