Visioni

A che serve produrre più olio se resta invenduto?

Massimo Occhinegro

Stare sul mercato comporta l’accettazione delle regole, altrimenti a poco serve lamentarsi. O si decide di affidarsi a qualcuno, e curare la produzione, altrimenti, se si decide di commercializzare, occorre farlo con il dichiarato impegno a guadagnarci, perché non rimetterci è già un approccio sbagliato.

Eppure qualcuno sostiene, anche attraverso alcuni sondaggi spiccioli, un po’ improvvisati, che sia inutile aumentare la produzione di olio da olive italiano, nonostante il Paese non sia autosufficiente e debba comunque importare una quantità notevole di olio.

Il motivo per il quale non si deve incrementare la produzione di olio italiano, sostengono alcuni signori, è motivata dal fatto che c’è molto olio italiano invenduto, e guarda caso si attribuisce la colpa ai soliti industriali, colpevoli del mancato acquisto. Una argomentazione un po’ debole, e perfino troppo ingenua per essere presa in seria considerazione. Anche perché, trovandoci in un libero mercato, ognuno può di fatto decidere di vendere in proprio l’olio prodotto in azienda. Un esempio? Basta, confezionarlo.

Confezionare il proprio olio e venderlo, ecco cosa debbono fare coloro che si lamentano di avere tanto olio ancora invenduto. Confezionare si può, e se non si è provvisti di un impianto ben organizzato, sono disponibili sul mercato anche soluzioni economicamente sostenibili. Oppure ci si può affidare a un contoterzista. D’altra parte confezionare l’olio rispetto ad altri alimenti è più facile. Le barriere all’entrata nel settore, come è noto, sono infatti molto basse.

Che problema c’è? C’è olio sfuso invenduto? Lo si venda con un proprio marchio, sarà il mercato a selezionare i più bravi e determinati. Rispetto a coloro che si lamentano di continuo, si tralascia tuttavia di evidenziare un altro aspetto da non sottovalutare. Come a noto agli addetti ai lavori, non tutti gli oli italiani sono di buona qualità, e visto l’irrefrenabile desiderio di cambiare sempre le regole, al fine di renderne molto difficile la vendita dell’olio, si stabiliscono, a livello europeo, parametri che già a monte si sa che sono impossibili da rispettare, mettendo così fuori gioco, se non in mix, molti oli di cultivar importanti.

In aggiunta, inoltre, si trascura la circostanza che molti oli prodotti presentino residui di pesticidi che non consentono la loro commercializzazione così come sono, tali e quali. Non si sa come (cross contamination? Uso improprio? Acquisto in mercati paralleli?) ma una buona quantità di oli italiani i residui di antiparassitari li hanno, li hanno eccome. Chi fa le analisi, lo scopre e non li compra.
Insomma, ascoltando o leggendo ciò che sostengono taluni soggetti, la colpa è sempre di qualcun altro, ma mai di se stessi.

Essere capaci di vendere l’olio, implica anche la capacità di farlo bene.

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