Visioni

Adotta il contadino

Alfonso Pascale

Nella Valle del Comino, in provincia di Frosinone, due giovani agricoltori di Alvito hanno lanciato un’idea nuova: con un’applicazione digitale e il relativo sito web si agevolano i contatti e le relazioni tra i cittadini e le aziende agricole che intendono aderire al progetto. Emiliano Iacobone ha 28 anni e conduce un’azienda di 10 ettari a indirizzo cerealicolo e bufalino. La sua fidanzata, la ventisettenne Barbara Del Bove, coltiva 2 ettari di noccioleto e altri 8 sono utilizzati per le produzioni cerealicole. E come ulteriore attività si sono inventati il progetto “Adotta il contadino” a cui collaborano tre studenti universitari della zona: Susanna, Alice e Mirko.

In cosa consiste il progetto? Non è la vendita on line di prodotti agricoli. Né il mercatino di Campagna amica dove trovi, al posto del produttore, una hostess che ti vende i pomodori e ti mette nella busta della spesa il modulo per andare a fare la dichiarazione dei redditi alla Coldiretti. E’ invece un servizio per facilitare l’incontro “intimo”, lo scambio culturale, prima ancora che economico, tra chi produce un alimento e chi lo acquista. Nella fase post-fordista e nella nuova ruralità, Barbara ed Emiliano hanno reinventato – mediante l’ausilio delle tecnologie digitali – una forma di relazione commerciale personalizzata. Si tratta di una relazione fiduciaria che si aggiunge ad altre forme di scambio economico. In realtà, la vendita diretta in azienda non è un mero scambio economico, ma uno scambio di prossimità: conta l’”intimità” della relazione tra l’agricoltore e il cliente, il trasmettersi vicendevolmente saperi esperienziali, la contaminazione interculturale che si realizza e, soprattutto, il reciproco aiuto che si stabilisce.

Come funziona? Le aziende agricole si iscrivono sull’applicazione. E ricevono dal team di progetto una email di avvio del percorso per raccontare le proprie qualità. I ragazzi che gestiscono il progetto offrono alle aziende una vera e propria consulenza per la promozione dei prodotti. Il cliente può così farsi un’idea precisa del produttore che “adotta” e scegliere la formula di ritiro: direttamente in azienda o mediante la spedizione a casa. Ma una volta che tra il produttore e il cliente si stabilisce la relazione, anche loro entrano a far parte del team di progetto, conservando naturalmente il loro ruolo. Tale modalità di vendita si regge, infatti, sul principio di reputazione. Quest’ultima è alimentata dalla fiducia che si stabilisce all’interno del team del progetto e, dunque, tra tutti gli stakeholders. La relazione produttore agricolo/cliente deve pertanto essere genuina, cioè riconosciuta da tutti. “Genuinus” era il figlio che il padre riconosceva prendendolo sulle ginocchia (“genu”). Se diventa una forma d’imitazione della relazione – e questo avviene quando il rapporto è oscurato e, di fatto, sostituito dalla relazione tra il gestore del servizio e gli acquirenti – alla lunga la reputazione da buona può diventare cattiva. E l’inautenticità della relazione, la sua contraffazione renderà inefficace la medesima modalità di vendita.

Qual è allora il piatto forte del progetto? Il cittadino non è soltanto un semplice acquirente che fa la spesa da un agricoltore. Egli stabilisce con l’azienda una relazione reale. Gratuitamente, potrà vivere l’esperienza di partecipare di persona alle attività quotidiane che si svolgono in azienda: la raccolta dei prodotti, la mungitura, la vendemmia, la semina, la potatura, la tosatura, ecc. E pagando il servizio, potrà pernottare, consumare il pasto, fare attività culturali, educative, sociali e ricreative nelle aziende. Questo è il significato della formula “adotta il contadino”. Il termine “adottare” deriva dal latino “adoptare” che significa “scegliere”, “eleggere”. Ma anche il contadino “adotta il cliente” perché “adoptare” significa anche “accogliere”. Frequentando l’azienda agricola adottiamo e siamo adottati. Diventiamo co-produttori del vino che mettiamo a tavola. Servendoci di un orto o di un maneggio per sentirci meglio, non ci consideriamo semplicemente utenti ma partecipanti all’attività. Diventiamo anche noi, “vignaioli”, “ortolani”, “butteri”.

Con il progetto “Adotta il contadino“, consumare, fruire e produrre non costituiscono più azioni separate, lontane tra di loro, ma tornano ad essere un insieme di atti attraverso i quali definiamo ed esprimiamo la nostra identità, costruiamo la nostra vita quotidiana, entriamo in relazione con altri individui. Non dobbiamo avere remore a sentirci “clienti”. Il termine “cliente” viene da una comune radice indoeuropea, “śru”, che ha assunto in sanscrito la forma verbale “śru”, in greco “kly” e in latino “clu”. La radice indoeuropea “śru” fu composta da ś+ru, che in origine significava “stare vicino [ś] ad un rumore [ru]”, da cui “ascoltare”. Il significato originario di queste radici è, dunque, “ascoltare”, “sentire”. In tale accezione, il cliente è chi si pone in ascolto e, nello stesso tempo, viene ascoltato. Ha una funzione potenzialmente attiva e paritaria. E anche la relazione d’aiuto, nel caso del cliente di un servizio culturale, educativo, sociale e socio-sanitario, può essere creata nella reciprocità e pari responsabilità.

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