È abbastanza tardi e, dopo il film sul giudice meschino, che poi tale non era, che ho guardato mentre scrivevo “robe” scientifiche, girando per quel contenitore di scempiaggini che chiamiamo televisione e che a volte, non spesso, racconta anche cose degne di considerazione, mi sono imbattuto in un dibattito sul caso Corona.
Personalmente è un personaggio che non mi ispira grandi sentimenti di simpatia, tuttavia, sentendo le ultime vicende, che non conoscevo, sono rientrato nella mia annosa battaglia sulla diagnosi psichiatrica e sulle perplessità che le diagnosi e le perizie ricavate da contorti e supponenti ragionamenti imperversano su individui di carne e ossa, sull’animale uomo.
Dalle battute che ho sentito relativamente al comportamento del Corona e degli atti di autolesionismo sono rimasto esterrefatto dal sentire che il ricovero in ambiente psichiatrico lo toglieva dal carcere solo per le lesioni che si era auto inferto e che, invece, chi è preposto, non aveva considerato prima l’eventualità psicopatologica.
Se non è nelle mie competenze il giudizio espresso dai magistrati, penso, invece, di avere qualche competenza della diagnosi psichiatrica su base molecolare.
E rimango sempre, e lo voglio affermare, scandalizzato, quando il giudizio umano si impone su fenomeni che trovano profonde radicazioni psicopatologiche in quel cervello umano che è regolato da complessissimi fenomeni molecolari, dei quali, poco ancora conosciamo.
Tuttavia, anche se non siamo ancora nella condizione di seguire con chiarezza la complessità dei percorsi molecolari del cervello, sappiamo che esistono strumenti della perfettibilità matematica che, quantomeno, hanno dimostrato di essere in grado di classificare diagnosticamente la psicopatologia.
Meccanismi assolutamente disattesi e che potrebbero, invece, portare luce nuova nelle valutazioni e nelle diagnosi “giuridiche” che si avvalgono di pareri sulla psiche umana determinati da valutazioni psichiatriche che si fondano su conoscenze probabilistiche e che rifiutano strumenti diagnostici come, peraltro, invece, avviene in tutte le altre specialità mediche.
Quando assisto, raramente, a discussioni sulla psiche umana, come nel caso Corona, laddove persone di nulla formazione medica ma, prevalentemente giornalistica, lasciano spazio di giudizio alla personale percezione del soggetto conformemente alla simpatia o antipatia che esso suscita, mi trovo in un forte imbarazzo e mi chiedo perché non ho studiato da giornalista, il che mi avrebbe consentito di esprimermi in totale libertà senza il vincolo della conoscenza scientifica.
Io non sono né un giudice né un avvocato, né uno psichiatra formato a scuole di pensiero che trovano nel personalismo giudicante la verità.
Ho ascoltato le parole e visto alcune scene del delirio manifesto di Corona e non so e non posso dire se sia simulazione o intima espressione della sua incosciente consapevolezza.
Ho anche assistito alla discussione sulle previsioni suicidarie meramente ricavate da un’approssimativa analisi dei suoi gesti.
La psicopatologia nelle sue differenti manifestazioni e l’ideazione suicidaria operano entro confini molecolari abbastanza precisi che non prevedono la condizione del libero arbitrio ma che si esprimono nella tragicità dell’atto finale nell’accadere di fenomeni esterni, fenomeni epigenetici, che a nessuno è e sarà mai dato di prevedere.
Quello che ho sentito sul caso Corona mi ha fortemente impressionato perché questo lungo calvario, cui è stato sottoposto e cui si sottopone, potrebbe rappresentare quel cosiddetto fenomeno epigenetico che non avvisa nessuno ma che irrompe imprescindibilmente sulla mente avvolgendola nell’ombra della morte.
Ecco che in queste more conoscitive il trattamento di casi come questo dovrebbe prevedere attenzioni umane che, penso, vadano ben oltre a quelle che sono le condizioni nelle quali si costringono esseri umani qualunque sia il crimine che hanno commesso.
Qualcuno potrebbe dirmi che anch’io non sono in grado di fare nulla e, quindi, tanto vale ricorrere all’esperienza del giudizio e della esperta parola psichiatrica, ciò non è completamente vero perché, come anche recentemente è stato riconosciuto a livello scientifico internazionale, esiste una possibilità di configurare il soggetto umano nelle sue anomalie psicopatologiche e, in particolare, di valutare se vi è una predisposizione molecolare dominante per l’ideazione suicidaria al fine di mettere in atto tutti gli strumenti possibili per cercare di evitarne la concretizzazione.
Io non sono in grado di dire se Corona meriti quanto gli sta accadendo oppure no, tuttavia, ritengo che l’approccio terapeutico che mi sembra di avere percepito, cella carceraria o “cella psichiatrica”, anche considerando il degrado degli ambienti, non sia quella soluzione che deve, prima di ogni altra cosa, portare rispetto all’inconsapevole turbamento che affligge in senso patologico il cervello umano.
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