Visioni

Gli agricoltori? Solo un pretesto per Coldiretti

Fausto Ligas

Egregio Dottor Caricato.

Ho letto la Sua incursione “Gli irrimediabili danni di Coldiretti all’agricoltura” dove Lei acutamente osserva che a Palazzo Rospigliosi si scandalizzano per l’imbastardimento delle nostre olive con quelle spagnole ma sembrano invece non vedere che la fortuna dei Viticoltori nostrani l’hanno fatta anche i vitigni d’Oltralpe. Ha perfettamente ragione. Noi siamo imprenditori e l’unica cosa che ci interessa è far bilancio coltivando la nostra terra, sull’italianità della quale c’è poco da discutere. Almeno questo ce lo concedano.

Parecchi Allevatori ovini oggi si stanno convertendo alla “Lacaune”, razza francese che si adatta meglio della Sarda ai nuovi indirizzi zootecnici. Che c’è di male? Col nostro latte non potremo più farci il pecorino? Sarebbe come dire che il latte bovino, solo perché le Frisone hanno sangue nordamericano, non può diventare parmigiano-reggiano e grana-padano.

A Palazzo Rospigliosi non sanno forse che Allevatori da carne di punta (quelli che loro stessi hanno messo all’apice delle rappresentanze di settore, controlli pure) non hanno in stalla Chianine, Muccopisane o Podoliche bensì razze francesi?
Se si pretende che la pasta venga fatta con grano duro italiano, dovremmo lasciare in esclusiva la cioccolata agli Ecuadoregni e ai Venezuelani, che il cacao lo producono? Possibile che, se queste contraddizioni le vedo io da Vescovado di Murlo, paesino di 1000 abitanti sperduto nella campagna senese, non le vedano loro da Roma? Che sia solo “miopia”?
Facciamo qualche altro esempio?

La battaglia contro gli OGM andrebbe fatta non solo vietandone la coltivazione ma anche impedendo l’importazione della soia transgenica. Come pure, se non si vogliono nei porti le navi canadesi di grano duro al gliphosato, basterebbe metterne fuori legge l’uso (prorogato invece in questi giorni per altri 5 anni).
Se questo non si può fare, lo dicano chiaramente e la smettano di alzare polveroni tanto spettacolari quanto inutili. A cosa servono?

Ma non è, Caro Direttore, che tutte queste sterili polemiche nascondano qualcos’altro?
Azzardo? Che siano soldi? Quel fiume sotterraneo di quattrini che gli Agricoltori, quelli veri, li lambisce solo di striscio?
Ho letto recentemente che l’Italia manda a Bruxelles 18 miliardi di Euro all’anno per sostenere i 12 miliardi di Euro che poi ci vengono restituiti sotto forma di contributi (18 contro 12 … “filiera corta”, non c’è che dire). Di questi 12 miliardi, ben 7 sono destinati all’Agricoltura … o alla burocrazia? Infatti, mentre basta una semplice telecamera piazzata lungo la strada per controllare se abbiamo pagato l’assicurazione e fatto la revisione dell’auto, noi Agricoltori, spiati da droni e satelliti, schedatati in mille date base, siamo ancora costretti a chiedere (pagando) quello che si sa benissimo di già, sballottati tra uffici di zona e patronati, P.I.F. e P.S.R., aspettando aiuti comunitari in dieta sempre più ferrea.
Crede però, Direttore, che Coldiretti si accontenti dei proventi di questi servizi per campare? Pensa che, per gli stipendi faraonici dei vertici romani, bastino le nostre pratiche? Quelle servono a presidiare il territorio, a controllarci.

Solo per il patronato E.P.A.C.A. Coldiretti si pappa una quarantina di milioni di Euro l’anno di contributi.
Ma almeno, dopo questo saccheggio tra Roma, Bruxelles, enti pagatori ed uffici vari, i soldi che restano andranno finalmente a chi, sporcandosi le mani di terra, oltre a produrre, conserva e preserva questa nostra meravigliosa Italia?
Macché: l’anno scorso la trasmissione RAI “Presa Diretta” ha mostrato come le PAC finiscano anche nelle tasche di gente in odore di mafia. Anzi, ha intervistato uomini della Guardia di Finanza che hanno spiegato il meccanismo con cui aziende agricole fantasma hanno continuato a percepire milioni, per anni, su terreni demaniali, parchi, campi sportivi, piazzali, patronati, terreni altrui. Come facevano? Semplice: dagli uffici delle organizzazioni di categoria, con la password in dotazione agli uffici stessi (i controllati), entravano nel sito di AGEA (quello dei controllori), copiavano i numeri di mappale di quei fondi, compilavano le domande e intascavano “legalmente” aiuti milionari.
L’ufficio preposto ai controlli? Chiuso, “purtroppo”, per carenza di personale. Saranno anche truffe ma, se mi permette, rubare scassinando una porta o entrare perché qualcuno ha lasciato la chiave nella toppa, qualche differenza la fa; e qualche domanda la pone.

Direttore, parlare di “Made in Italy”, di Km. Zero, di biodiversità, di attentati alle produzioni locali è così facile che mi vien da chiedere: “Ma non è che, invece della luna, guardiamo il dito?” mentre il fiume di danaro destinato a noi finisce in saccoccia di altri.
Non è che noi Agricoltori siamo solo un pretesto, un alibi per stanziare fondi pubblici?
Quando proviamo a dire qualcosa ci rispondono come Totò: “Ma mi faccia il piacere!”.

Con stima

Fausto Ligas

Socio per 41 anni ed espulso con ignominia da Coldiretti, ancora per pochi mesi Presidente del Consorzio Agrario di Siena; nella vita, orgoglioso pastore che dalla Sardegna è arrivato in Toscana.

La stima è reciproca, caro Fausto Ligas. Ho seguito la sua vicenda e tutto il popolo degli agricoltori – quelli veri – le assicuro che è con lei. Peccato che l’Italia agricola continui a essere vittima di una organizzazione che ha tradito se stessa prima ancora che gli agricoltori.

Capisco cosa significhi essere socio per 41 anni di Coldiretti ed essere espulso. Lo capisco bene.

Qualche mese fa ho trovato una tessera Coldiretti appartenuta a mio nonno (classe 1898) e mia nonna (classe 1902), ramo paterno, ma anche i nonni del ramo materno erano soci Coldiretti, e sicuramente nessuno di loro avrebbe mai potuto immaginare una simile classe dirigente, così disastrosa. Buon per loro che non ci sono più. Avrebbero stracciato quella tessera. ne sono certo.

Luigi Caricato

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