Visioni

I silenzi sono più eloquenti delle parole

Alfonso Pascale

Nella scuola pitagorica si poteva rompere il silenzio solo per dire qualcosa di più importante del tacere. L’abate Dinouart, vissuto nel Settecento, scrisse un trattato dal titolo L’arte di tacere seguito da L’arte dello scriver poco. È una lettura molto istruttiva. Vi si trova ad esempio il passo seguente: “Si scrive male, talvolta si scrive troppo, e a volte non si scrive a sufficienza. Il silenzio sarebbe indispensabile a molti autori, sia perché scrivono male, sia perché scrivono troppo”.

Oggi si comunica con le e-mail e nei social network. E si ritiene di poter scrivere di qualsiasi cosa in qualsiasi momento. Non è così. Non si deve mai smettere di trattenere il mouse “se non si ha qualcosa da scrivere che sia preferibile al silenzio”.

Anche dopo aver letto il post di un amico non è necessario commentarlo immediatamente. Basta cliccare “Mi piace”. Che non significa “Sono d’accordo”. Ma vuole segnalare una presenza, una vicinanza, un ascolto che non impone necessariamente la rottura del silenzio.

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