Visioni

Il fuoco sotto la cenere

Alfonso Pascale

Gli episodi di violenza e vandalismo che si sono verificati sabato 9 ottobre a Roma, in occasione di una manifestazione contro l’obbligo del green pass per i lavoratori, non rievocano – com’è stato detto – le scorribande delle squadre fasciste di un secolo fa. Squadre militarmente organizzate dalle città convergevano verso i centri rurali, dove bruciavano le “Case del popolo”, le sedi delle Leghe contadine, delle cooperative e delle Camere del lavoro.

Nel 1921, la radicalità dello squadrismo fascista costituiva il fulcro dell’eredità interventista, combattentista e fiumana. Aveva un forte connotato giovanile alla ricerca del “nuovo”. E s’inseriva, strumentalizzandolo, nel poderoso conflitto sociale che vedeva contrapposti i braccianti senza terra, appena tornati dalla guerra, e gli agrari, interessati a conservare i propri privilegi e le proprie rendite.

Le immagini raccapriccianti dell’assalto alla sede della Cgil, che gli italiani hanno visto in televisione, rimandano, invece, ad altro tipo di episodi che concernono fenomeni globali propri della contemporaneità: l’assalto al Capitol Hill che ha visto protagonisti i seguaci del movimento QAnon; le proteste di piazza dei gilet gialli, insieme all’estrema destra e alla sinistra populista di Mélencon, contro le misure anti-Covid del governo francese; le iniziative anti-lockdown intraprese dagli ultrà anti-sistema tedeschi, quelli che oggi si fanno chiamare Querdenker (“pensatore laterale”) e sono assai sovrapponibili ai cultisti americani di QAnon.

C’è il rischio, in diversi Paesi, di un cortocircuito tra crisi sanitaria e crisi sociale. E in Italia può accadere di tutto in vista del 15 ottobre, quando entrerà in vigore l’obbligo del green pass sui luoghi di lavoro.

Ben venga, dunque, la discussione parlamentare sulla mozione del PD con cui si chiede al governo lo scioglimento di Forza Nuova e di tutti i movimenti di chiara ispirazione neofascista. Ben venga la manifestazione contro tutti i fascismi indetta dai sindacati per sabato prossimo. Ma bisogna essere consapevoli che c’è bisogno della più larga unità e della massima fermezza per spegnere il fuoco che è divampato nel Paese.

Al bando perciò ogni gioco politico da chiunque messo in atto che allontani questo obiettivo.

Gli autori delle violenze e delle azioni vandaliche a Roma erano e sono ben noti. E basta applicare le leggi in vigore per fermarli e chiudere le loro organizzazioni.

Ma deve essere chiaro che il fuoco è stato alimentato da una pluralità di cause che bisogna analizzare in profondità per poterlo spegnere del tutto.

Non si può dimenticare com’è stata gestita l’emergenza Covid prima dell’insediamento del governo Draghi. Una gestione all’insegna dell’improvvisazione che ha fortemente leso la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e nella comunità scientifica.

Non si era mai visto uno scontro così feroce tra le regioni e lo Stato centrale. Abbiamo assistito all’apoteosi dei chiacchieroni, sia in materia sanitaria sia in quella socio-economica.

Invece di lavorare a un piano attendibile per la ripresa post-pandemica, ci si è dedicati a organizzare stati generali dell’economia simili ad un festival di Sanremo. E il mondo dell’informazione, anziché svolgere una funzione critica, ha amplificato e legittimato ogni posizione, anche la più infondata e del tutto priva di evidenza scientifica.

C’è dunque una responsabilità generalizzata della classe dirigente intesa in senso ampio che bisognerà mettere in luce. Altrimenti, potremo anche tenere sotto controllo il fuoco che sta bruciando in questi giorni (e mi auguro ardentemente che si riesca in questa impresa), ma esso continuerà a covare sotto la cenere, corrodendo la nostra democrazia.

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