Con l’abolizione dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori cade, anche sul piano normativo, il mito del posto sicuro. Una svolta epocale nei costumi e nella mentalità degli italiani. E’ per questo che le reazioni sono fortemente emotive da ambo le parti. I falsi miti, soprattutto quelli che restano solo sulla carta, è bene che facciano posto a nuovi miti. Il problema serio è che ancora non abbiamo trovato un vero mito su cui costruire il senso del lavoro nella contemporaneità.
Rocco Scotellaro dedicò al “posto” una poesia. La scrisse a Portici il 6 gennaio 1953. Era un sabato e doveva andare a Tricarico dove il giorno dopo si sarebbero svolte le elezioni amministrative. Era la tornata elettorale seguente a quella del 1948 da cui era uscito un consiglio comunale che lo aveva eletto sindaco. Ma era rimasto in carica solo per un periodo limitato. Nella primavera si era presentato alle elezioni provinciali e non era stato eletto. Rocco si era molto risentito per quella sconfitta. Amareggiato ma non arreso.
La dedica è “Senza dedica” e non può non essere riferita allo stesso Scotellaro.
E’ una bella poesia perché il poeta torna ad utilizzare sapientemente la rima interna al verso già dai primi due versi oltre ad alternare l’uso della rima alternata e della rima baciata. E questa scelta dà al componimento una musicalità gradevole che fa riflettere sul suo stato d’animo.
Il Posto
(senza dedica)
E ora ti sei messo a posto
tieni il posto e mangi pane.
Piangi piangi cuore contento,
non ti puoi più lamentare.
Hai fatto la faccia del pane
con la crosta e la mollica
ti diverti con la fatica,
con le femmine ti arrangi.
Piangi piangi cuore contento
non ti puoi più lamentare.
Dicevi una volta che quelli dei posti
camminano col culo
e con la faccia di pane.
E’ vero. Quelli fanno finta
di essere chissà che cosa
e fanno finta di essere niente.
Piangi piangi cuore contento
non ti puoi più lamentare.
Poi si sposano e portano la tasche
piene di chiavi ed hanno
figli femmine e maschi
e si chiamano e sono soavi.
Ma tu che hai tradito patria e onore
sei punito e non trovi l’amore,
ma tavola pronta e mangi tonno.
Piangi piangi cuore contento
Finita è la fame, la sete e il sonno.
Portici, 6 gennaio 1953.
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