Anne Applebaum chiude il suo Tramonto della democrazia. Il fallimento della politica e il fascino dell’autoritarismo (Mondadori 2021) citando Ignazio Silone. Lo scrittore abruzzese, nel saggio La scelta dei compagni (Associazione italiana per la Libertà della Cultura 1954), racconta perché, nonostante tante delusioni e sconfitte, fosse ancora impegnato in politica.
Aveva visto vari tipi di estremismo politico che avevano dato vita ai totalitarismi del Novecento. Ne aveva anche sperimentato le conseguenze sulla sua pelle. Eppure, non vacillò. Non abbandonò la fiducia nel confronto delle idee e nell’azione politica. Riuscì a rifuggire ogni forma di qualunquismo.
“I regimi passano – scrive Silone – ma il malcostume resta” e il peggiore malcostume è il nichilismo, “una condizione dello spirito che viene giudicata morbosa soltanto da chi ne è immune o da chi ne guarisce, ma di cui i più neppure si rendono conto, nella persuasione che essa anzi corrisponda a un modo di essere del tutto naturale. È stato sempre così, si dice, e sempre così sarà”.
L’autore di Fontamara e di Uscita di sicurezza non offriva alcuna soluzione miracolosa. Per lui nessuna teoria avrebbe mai potuto spiegare tutto. Tutto quello che possiamo fare – egli afferma nel suo saggio – è sceglierci i nostri alleati e i nostri compagni con molta cura, perché solo insieme a loro è possibile evitare le tentazioni delle diverse forme di autoritarismo che, ancora una volta, ci si propongono. Come profughi che, nella semioscurità, si sforzano di raggiungere una meta lontana, siamo costretti, scrive Silone, a scegliere la nostra strada nella notte, senza nemmeno sapere con certezza se arriveremo mai alla meta: “l’antico e sereno cielo mediterraneo, popolato di lucenti costellazioni, è ora coperto; ma questa poca luce superstite, che aleggia attorno a noi, ci consente almeno di vedere dove posare i piedi per camminare”.
La giornalista americana coglie nella prosa del romanziere italiano un insegnamento che è valido per l’oggi. “Tutti gli autoritarismi – annota Applebaum – dividono, polarizzano e separano le persone in campi fra loro in guerra, e la lotta contro di essi richiede quindi nuove coalizioni”. Insieme a persone diverse da quelle con cui abbiamo lottato in passato – magari su fronti opposti – e non necessariamente con gli stessi antichi compagni, possiamo far sì che parole vecchie e fraintese come “democrazia”, “socialismo”, “liberalismo”, tornino a significare qualcosa; insieme a nuovi compagni possiamo controbattere bugie e bugiardi; insieme a nuovi alleati possiamo ripensare a che cosa dovrebbe essere la democrazia nell’era digitale.
Le democrazie liberali non hanno controlli ed equilibri che ne garantiscano la stabilità. Sono precarie per loro natura e richiedono l’impegno diretto dei cittadini per sopravvivere. Esse hanno sempre riconosciuto la possibilità del fallimento, un fallimento suscettibile di rovesciare piani, alterare vite, spezzare famiglie.
Anne Applebaum ripercorre nel suo libro le tappe del formarsi di nuove élite del mondo occidentale, partendo dalla propria esperienza personale di intellettuale statunitense naturalizzata polacca. E pertanto conclude: “Abbiamo sempre saputo, o avremmo dovuto sapere, che la storia può ancora una volta penetrare nelle nostre vite private e trasformarle. Abbiamo sempre saputo, o avremmo dovuto sapere, che visioni alternative delle nostre nazioni cercheranno sempre di sedurci. Ma forse, scegliendo la nostra strada nella notte, scopriremo che a esse, insieme, possiamo opporre resistenza”.
È il tempo della resistenza.
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