Visioni

In Italia contano i “contatti”

Mariolina Venezia

E’ successo anche a me (leggi: Nel nome di Luana, una lotta per restituire ai giovani un paese normale). Nel 1989 avevo 28 anni e avevo deciso di tornare da Parigi a Roma. Volevo dare un contributo al mio paese. A Parigi avevo pubblicato tre libri di poesie in una piccola ma prestigiosa casa editrice, lavoravo in teatro e alla radio nazionale francese, dove ero l’autrice di documentari radiofonici. Tutte cose ottenute bussando alle porte e presentando le mie idee.

Pensavo che se avevo fatto tutte quelle cose in una lingua che non era la mia, in Italia, col mio curriculum, sarebbe stata una passeggiata. Telefonai alla Rai per prendere un appuntamento. Non mi rispose nessuno. Quando espressi la mia meraviglia ad alcuni conoscenti, mi spiegarono che in Italia non funziona come in Francia. In Italia ci volevano i “contatti”.

Dopo essermi fatta spiegare cosa fossero, mi diedi da fare per trovarne uno e qualche mese dopo fui finalmente ammessa all’ufficio di un “capostruttura”. Mi presentai col mio curriculum, le mie idee e il mio ottimismo. Mi guardò come si guarda un marziano.
“Signorina – mi disse – qui in Italia c’è la lottizzazione. Lei ha qualche appoggio politico?”
“No”, risposi stupita.
“Allora ascolti il mio consiglio. Lasci perdere”.

Di lì a qualche anno ho tentato il suicidio. Quasi vent’anni dopo ho vinto il premio Campiello con un romanzo che è stato tradotto in tutto il mondo. Ma la mia storia non è finita come una bella favola. La mia vita è una somma di infiniti punti di partenza.

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