Visioni

J’accuse tutto ciò che ruota intorno all’olio

Francesco Visioli

J’accuse la grande distribuzione che vende gli alimenti sottocosto, umiliando i produttori. Ho visto olio d’oliva extra vergine sotto i 3 euro la bottiglia. Ma stiamo scherzando? In quella bottiglia c’è il condimento più importante per la nostra salute. C’è la storia della civiltà mediterranea, della sua religione, dei suoi popoli. C’è il lavoro di contadini che sfidano il clima incerto, la burocrazia cervellotica, i doverosi controlli, l’acquisto di macchinari, il costo della mano d’opera, le leggi sull’etichettatura che cambiano in continuazione. In quella bottiglia ci sono i camionisti che trasportano le autobotti e poi i pallet, chi li scarica, chi li immagazzina. Tre euro? Deve essere vietato per legge, che riguardi olio d’oliva o qualsiasi derrata alimentare.

J’accuse i consumatori ignoranti che credono di sapere tutto e non distinguono un olio buono da uno cattivo. Quelli che sono in grado di distinguere aromi improbabili in un bicchiere di vino e poi versano il primo olio che si trovano a portata di mano. Quelli che non sanno cosa sia una cultivar mentre si vantano di mangiare caciotte d’alpeggio. O quelli che disprezzano i blend perché “chissà cosa c’è dentro”. Quelli che parlano male degli oli spagnoli a priori, senza conoscerli.

J’accuse i consumatori provincialotti, che confondono genuinità con qualità, quelli che “l’olio migliore è italiano”, anzi “l’olio migliore è della mia regione, anzi “l’olio migliore è del mio paese”, anzi “l’olio migliore è quello che produce mio cugino”. Così facendo ci si fossilizza su tradizioni di dubbia utilità e non si fanno progressi con la qualità dell’olio.

J’accuse i ricercatori ignoranti e vanitosi, che preparano modelli sperimentali poco corrispondenti alla realtà, vedono risultati che si attendono e, tronfi, sperano che un giornalista si accorga di loro per poi commentare sui giornali i loro inutili dati.

J’accuse i giornalisti superficiali, che rilanciano titoloni e pubblicano dati farlocchi per attirare l’attenzione sulle loro testate, senza farsi domande, senza pensare razionalmente, senza chiedere il parere di più fonti indipendenti.

J’accuse molte organizzazioni di categoria di settore che si parlano addosso, sparano numeri a caso, litigano, sgomitano per ottenere un po’ di visibilità e fondi pubblici. Invece di coalizzarsi e fare fronte comune cercano di coltivare il loro orticello/uliveto e frammentano le politiche di settore.

J’accuse i politici nazionali e regionali, senza una visione che passi i due mesi, senza piani di sviluppo, senza cultura, ma certi di sapere tutto. Politici che cercano il consenso e che ripetono frasi trite su “questo prezioso prodotto della nostra terra”, senza rendersi conto che ce ne sarà sempre meno, in assenza di politiche agricole mirate.

J’accuse la xylella e la sputacchina. Accidenti a loro, ma accidenti anche a chi perde tempo nell’arginare il fenomenolanciando accuse insensate a destra e a manca. Anche qui la mancanza di razionalità ha fatto più danni del maltempo.

J’accuse chi froda e chi gode nel trovare più frodi possibili e non insiste nel vedere quanto di buono c’è nel settore, dai produttori seri ai tecnologi e agronomi studiosi. Le frodi vanno represse con tutte le forze, ma non si deve fare di tutt’erba un fascio e bisogna valorizzare le eccellenze del settore.

J’accuse i burocrati, che inventano incartamenti, registri, etichettature, norme e contro norme per giustificare la loro esistenza. Le leggi sono sacrosante e vanno rispettate. Le ragnatele burocratiche vanno tolte.

Parafrasando (poco) Émile Zola: Formulando queste accuse, non ignoro che mi metto sotto il tiro delle categorie succitate. Ed è volontariamente che mi espongo. Quanto alla gente che accuso, non li conosco, non li ho mai visti, non ho contro di loro né rancore né odio. Sono per me solo entità, spiriti di malcostume sociale. Ho soltanto una passione, quella della luce, in nome dei produttori onesti che hanno tanto sofferto e che hanno diritto alla felicità. La mia protesta infiammata non è che il grido della mia anima.

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