Visioni

L’imperatore Obama nella città eterna

Felice Modica

Dunque il presidente Obama è sbarcato a Roma, imperatore in visita nella provincia remota e marginale. Ma sono tempi da basso impero e l’immancabile coreografia che ha accompagnato l’evento – quaranta auto, varie superblindate per confondere eventuali attentatori, la paralisi del traffico, perfino l’assaggiatore personale – nulla tolgono, ed anzi rafforzano, l’immagine di un presidente curatore di una gigantesca liquidazione. Via dall’Iraq e adesso anche dall’Afghanistan, in un’epoca in cui l’America non è più “il gendarme del mondo”, ma si trova a condividere questo ruolo con altre Nazioni. Se la Cina è il maggiore creditore degli Stati Uniti e, tra poco più di dieci anni, si prevede possa superarne il prodotto interno lordo, su chi sia il “nuovo padrone” non dovrebbero esserci troppi dubbi…

Obama si fa portare al Colosseo e paragona l’anfiteatro Flavio a un campo da baseball… Vieta l’ingresso al sindaco di Roma – che è il vero padrone di casa – impartisce la sua benedizione al giovane Renzi (ma l’aveva data anche a Monti e a Letta…). Esige dalla colonia mediterranea i tributi maturati dalla seconda guerra mondiale e, di fronte alle commesse militari che qui si vorrebbero ridimensionare, ricorda che “la Libertà ha un prezzo”. Naturalmente espresso nel segno di Sua Maestà il dollaro.

Parla di politica col presidente Napolitano e, soprattutto, si reca in visita da papa Francesco: l’unico incontro cui la stampa statunitense ha dedicato più di due righe. L’abbiamo visto, il presidente nero, con la sua camminata alla John Wayne, portarsi di fronte al pontefice argentino e consegnargli il famoso cofanetto di cuoio e legno usato per la cattedrale dell’Assunta, a Baltimora, contenente i semi dell’orto della first lady Michelle. L’orto realizzato col contributo di Alice Walters, guru della “cucina naturale” e fondatrice del ristorante “Chez Panisse”. Michelle si è fatta pioniera della lotta all’obesità e del “cibo sostenibile”. Che forse non è il primo pensiero per un occupante il soglio di Pietro ossessionato dalla la fame nel mondo…Ma la stampa non ha rilevato. Anzi, è stata prodiga di titoli entusiasti, che inneggiavano al “Rome Sustainable Food Project”, promosso dall’American Academy di Roma, con la benedizione della Walters e degli Obama.

Ma c’è dell’altro, che cozza profondamente col messaggio insieme salutista e pauperista del presidente.

C’è quell’accordo di libero scambio in corso tra Stati Uniti ed Unione Europea, fortemente difeso dall’America, il quale metterà seriamente a rischio la stessa sopravvivenza dei piccoli e medi imprenditori europei che, senza una politica di dazi doganali all’importazione non hanno strumenti per difendersi dalla concorrenza valutaria. Un accordo fatto su misura per grande distribuzione e grossisti, che potranno importare a costi bassi dagli USA aumentando vertiginosamente il profitto in Europa. E’ facile prevedere effetti disastrosi sull’occupazione. Mentre, per quanto riguarda la tutela dei consumatori, lo stesso accordo cancellerà con un colpo di spugna una serie di divieti imposti dai regolamenti sanitari nazionali. Si pensi agli OGM o alla possibilità di allevare i bovini con l’ormone della crescita, normale negli Stati Uniti, vietata in Italia.

Ecco, sarebbe gradito un serio dibattito su questi temi. In definitiva, sarebbe gradito che anche l’Italia avesse una politica agricola nazionale…

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