La PAC che si sta delineando per i prossimi anni è la solita minestra riscaldata che viene servita da oltre un ventennio. E ogni volta viene imbellettata con una spruzzatina di green che accresce la burocrazia e il carattere assistenzialistico degli interventi. Ma quest’ultimi depotenziano lo spirito imprenditivo e innovativo degli agricoltori, alimentano le rendite e scoraggiano i giovani. Il tutto a vantaggio di una gigantesca macchina burocratica pubblico-privata – erogatrice degli aiuti – che nessuno ha intenzione di smontare e riconvertire in servizi più utili per le aziende agricole.
Ancora si farebbe in tempo a fermare questa follia se ci fossero orecchie disposte ad ascoltare. Ma, purtroppo, l’immobilismo della PAC è il frutto di azioni lobbistiche che condizionano anche l’opinione pubblica. E così il buon senso, che pure c’è negli ambienti agricoli, se ne sta nascosto – come direbbe il Manzoni – per paura del senso comune. Nessuno dunque propone di destinare una parte significativa di queste ingenti risorse finanziarie ad attività di ricerca e innovazione. E fare così in modo che le nostre aziende agricole producano di più con meno input che danneggiano l’ambiente.
L’applicazione in agricoltura della strategia Green Deal European – che pone giustamente l’obiettivo ambizioso della neutralità climatica entro il 2050 – si fonda su strumenti contraddittori e dannosi. Questi nascondono un’ipocrisia di fondo: incentivano gli agricoltori europei a produrre di meno e favoriscono l’importazione di derrate agricole, spostando così i problemi ambientali in altre aree del mondo.
La parola d’ordine dovrebbe invece essere: congiungere inclusione sociale, tutela dell’ambiente e agricoltura 4.0, con il triplice obiettivo di aumentare la produttività agricola, conservare gli ecosistemi e salvaguardare la tenuta demografica dei paesaggi rurali (soprattutto puntando sull’agricoltura sociale).
Per l’agricoltore la sostenibilità non dovrebbe più essere un vincolo, ma un’opportunità per vivere meglio e competere nel mercato globale. Non dovrebbe prefigurare un ritorno nostalgico al passato, ma un modo virtuoso per connettere nelle campagne sviluppo tecnologico, intelligenza artificiale, mercati sempre più aperti e globali, con l’inclusione sociale e la tutela ambientale.
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