Visioni

La mediocrità delle classi dirigenti

Alfonso Pascale

Quello che avviene in questi giorni in Europa dopo Brexit ci fa impietosamente toccare con mano la mediocrità delle nostre classi dirigenti. Il Regno Unito ha deciso con un referendum di uscire dall’Unione. Per conseguire il risultato, i gruppi dirigenti di quel paese non si sono fatti scrupolo di ricorrere addirittura alla menzogna.

Il premier che ha voluto il referendum non ha notificato agli organi dell’Unione la decisione, chiara e lineare, assunta dal popolo britannico, ma si è semplicemente dimesso. Chi lo ha sostituito non ha ancora ottemperato a quanto esplicitamente previsto nei Trattati (notifica della decisione) e se ne va, invece, in giro per le capitali europee.

I capi di governo litigano con la Commissione su chi deve condurre il negoziato per l’uscita del Regno Unito dall’Unione e ci si divide se il confronto debba essere inflessibile o morbido. In realtà ognuno è preoccupato dell’impatto che il negoziato avrà nel proprio paese, ma nessuno pensa all’Europa.

La Merkel sogna il ritorno al direttorio, che è l’antitesi del progetto di integrazione pensato a Roma nel 1957, e prevale la logica del club tra paesi indisponibili a cedere quote di sovranità ad un’autorità istituzionale legittimata democraticamente.

Solo il governo italiano oggi appare il soggetto più credibile per proporre una soluzione che ci faccia fare un passo avanti verso un’unione politica: promuovere una leadership istituzionale, democraticamente legittimata, per condurre il negoziato. Solo in tal modo si potrà contrastare il ruolo disintegrativo delle leadership nazionali.

Perché intorno a questa iniziativa del nostro paese non debba costruirsi un ampio consenso degli italiani?

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