A ottant’anni dalla Liberazione è tempo di riflettere seriamente sul suo significato. Con essa nacque una nuova idea di patria, una patria democratica che non ha nulla a che vedere coi nazionalismi. È il patriottismo democratico rilanciato dagli ultimi presidenti della Repubblica, Ciampi, Napolitano e Mattarella come contributo alla costruzione di un comune sentire i valori del 25 aprile.
Alla Liberazione si legarono, poi, la nostra scelta atlantica e il rapporto di fiducia tra l’Italia e gli Stati Uniti. Il Piano Marshall fu rivolto a 18 Paesi europei, inclusi quelli come Italia e Germania che gli Stati Uniti avevano combattuto; e gli accordi commerciali e di assistenza in Asia consentirono in poco più di dieci anni il miracolo economico giapponese. L’ordine mondiale disegnato a Bretton Woods assicurò la stabilità e il flusso di scambi necessari alla crescita e alla prosperità del mondo libero.
Oggi, il governo degli Stati Uniti sta rompendo questo legame di fiducia che tiene insieme l’Occidente. E spetta all’Unione Europea il compito di preservare l’ordine liberale: libero commercio sostenibile, organizzazioni multilaterali, regole comuni per la tutela dello stato di diritto e contro la guerra.
Per assumerci questa responsabilità dobbiamo riaffermare e rafforzare la nostra idea di libertà. È l’idea per la quale gli antifascisti erano costretti in carcere o al confino e i partigiani avevano scelto di combattere armi in pugno. È la stessa idea che oggi anima gli ucraini nel respingere l’invasore russo. Libertà intesa come tutela dei diritti fondamentali di libertà che rappresentano quel che dà senso allo Stato di diritto e alla democrazia.
Per questo motivo stare accanto all’Ucraina è il modo concreto per vivere pienamente i valori della Resistenza. Ieri contro il nazifascismo. Oggi contro le autocrazie che minano la libertà dei popoli.
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