Visioni

Le conseguenze di un’agricoltura arrampicata

Alfonso Pascale

Lo scrittore e agronomo Antonio Pascale in una intervista video (“L’orto di Pinocchio e quello di Masterchef”) rilasciata ad Alessandro Leogrande dice che il problema dell’agricoltura italiana è la frammentazione aziendale. A tale conclusione pervenne anche l’inchiesta parlamentare sulle condizioni delle campagne, coordinata da Stefano Jacini dal 1881 al 1886. Ma da allora ogni tentativo di accrescere in modo significativo le dimensioni aziendali è sempre naufragato. Questo sta a dimostrare che l’assetto fondiario polverizzato è una caratteristica strutturale dell’agricoltura del nostro paese e difficilmente si può superare. Anzi, non è auspicabile un suo superamento.

Emilio Sereni distingueva il paesaggio agrario italiano definendolo “verticale”, rispetto alla “orizzontalità” che dominava e domina nei paesaggi europei, segnati dall’estesa presenza delle pianure. Questa nostra “agricoltura arrampicata” può reggersi solo con questo assetto fondiario polverizzato. Ogni tentativo di allargare la maglia poderale è destinato a fallire perché non c’è la convenienza a farlo. E soprattutto una media più elevata della dimensione aziendale sarebbe incompatibile con il mantenimento dei nostri paesaggi rurali storici.

Nei secoli passati, la frammentazione era gestita mediante sistemi territoriali efficienti: mezzadrili e colonici. Quei sistemi locali non hanno potuto più reggere perché avevano alcuni caratteri inaccettabili sul piano sociale e civile. Ma oggi, in una condizione di relativo benessere e non più di miseria e di tendenziale parità di condizioni tra proprietari e concessionari, si potrebbero rivitalizzare i contratti associativi, adeguatamente ammodernati, per far convivere i “fazzoletti di terra” con efficienti imprese agricole di servizi alle comunità e ai territori, tecnologicamente attrezzate e non legate alla dimensione della base fondiaria.
Si dovrebbero, però, perseguire delle chiare scelte sul piano normativo per costituire moderni sistemi locali di soggetti legati tra loro con contratti flessibili e istituendo l’impresa agricola di servizi che sostituirebbe l’antica fattoria o masseria dei sistemi mezzadrili e colonici dei secoli scorsi.

Come dice Giacomo Becattini, è sbagliato lo slogan “piccolo è bello”; ma esso non va sostituito con “grande è bello”, bensì con “intimo è bello”. E’ l’intimità delle relazioni tra i diversi soggetti di un sistema territoriale il segreto dell’efficienza. Ma ci vuole piena consapevolezza che è la qualità delle relazioni e delle collaborazioni la strada maestra per tenere insieme la vividezza delle comunità locali, la bellezza dei paesaggi storici e l’efficienza economica.

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