Visioni

Liberi ed eguali

Alfonso Pascale

A chi mi chiede qual è il mio orientamento politico rispondo che sono di sinistra. Ma se poi aggiungo che sono un liberal molti storcono il naso perché considerano il liberalismo in antitesi con la sinistra. Invece, io sono convinto che oggi la sinistra debba essere liberal se vuole davvero battersi per una democrazia che tenda verso l’eguaglianza.

La democrazia nasce per renderci liberi ed eguali. Alla destra interessa maggiormente la libertà e per essa è disponibile a sacrificare l’eguaglianza. La sinistra ha, invece, il compito di battersi per una democrazia in cui l’eguaglianza si manifesti al massimo grado possibile. Ma è consapevole – dopo i fallimenti del Novecento – che questo obiettivo si può raggiungere a condizione che anche la libertà si valorizzi al massimo livello possibile. È questa la nuova grande utopia della sinistra!

Il liberalismo del XXI secolo non è più una teoria staticamente definita – come il liberalismo classico ottocentesco – ma è un metodo, una forma mentale con cui affrontare i vecchi e i nuovi problemi della contemporaneità man mano che si presentano. Del resto le persone – come dice Hannah Arendt – sono individui plurali e la condizione umana è in continua evoluzione e assume aspetti diversi e particolari che spostano continuamente la ricerca in comune di una regola o di un comportamento.

Il liberalismo – per dirla con Norberto Bobbio – non è più l’alveo teorico entro cui fondare e classificare astrattamente i diritti, ma è la ricerca del modo più sicuro per garantirli e impedire che nonostante le dichiarazioni solenni vengano continuamente violati. E tale ricerca deve avvenire recuperando la dimensione del dubbio, del continuo correggersi a vicenda, della pluralità conflittuale e non definitivamente ricomponibile delle diverse visioni del mondo.

Sono convinto che un liberalismo siffatto non è in antitesi con l’impegno a sviluppare i legami comunitari. Le persone, oltre che libere ed eguali, nascono e vivono in comunità, praticano la fraternità, acquisiscono identità collettive che le accompagnano per tutta la vita e sono costrette a mediare tra molteplici appartenenze.

Prima dello Stato e del mercato esistono i cittadini, le comunità, le formazioni sociali e i gruppi che sono – tutti – in rapporto di sussidiarietà con le istituzioni. Bisogna solo riconoscerli. Liberalismo e comunitarismo non vanno in rotta di collisione se la democrazia è correttamente intesa come affermazione della volontà della maggioranza che non travolge i diritti e le autonomie dei singoli.

Alla luce di questa visione del liberalismo va ricostruito anche il concetto di laicità. Le istituzioni pubbliche sono di tutti e, quindi, non devono assolutamente far proprie convinzioni etiche e religiose o che attengano a specifiche visioni culturali, scelte produttive e di consumo che sono di qualcuno e che divergono, o confliggono con quelle di qualcun altro.

Oggi il multiculturalismo non riguarda solo le religioni e le etnie, ma anche il rapporto uomo-ambiente, la relazione uomo-animale, l’equilibrio natura-cultura. Ed è per questo che le politiche pubbliche in queste materie dovrebbero scaturire da un confronto aperto all’insieme dei cittadini, partecipato, informato, tollerante e da una condivisione larga.

Se questi sono i caratteri del liberalismo del XXI secolo, la sinistra che si riconosce nella centralità della democrazia non può che essere liberal, lasciando alla destra la conservazione di pensieri unici e assunti teorici ritenuti statici e incontrovertibili. Una sinistra liberal si pone verso ogni questione in modo aperto, senza rigidità e determinismi ma con atteggiamento critico, sensibilità storica e concretezza umana.

Una sinistra liberal promuove la democrazia, misurandone la qualità rispetto ad alcune condizioni come la libertà eguale, l’uguaglianza nelle libertà effettive, la conoscenza diffusa e condivisa, la libertà di ricerca, l’etica della responsabilità e del senso del limite.

Una sinistra liberal corregge l’individualismo esaltando i legami interpersonali, la sociabilità, i beni relazionali, lo spirito cooperativo, l’autogoverno dei gruppi e dei territori, il senso di comunità che, a sua volta, si alimenta di senso dei luoghi, percorsi partecipativi e di autoapprendimento, memoria collettiva condivisa.

Una sinistra liberal rivitalizza le forme della proprietà collettiva per la gestione dei beni comuni, restituendo a tali forme pari dignità accanto a quelle della proprietà privata e della proprietà pubblica.

Una sinistra liberal fa propria una visione plurale degli ethos del mercato e riscopre la grande tradizione dell’economia civile e la funzione propulsiva dell’impresa a movente ideale in cui il profitto è solo un criterio di efficienza.

Una sinistra liberal è impegnata a rafforzare una società pluralistica, critica, raziocinante, disposta alla mediazione politica.

Una società che tenga sempre sotto controllo i rapporti tra poteri economici e politica.

Una società le cui regole stronchino la formazione di rendite economiche e politiche.

Una società in cui la legge sia rispettata da tutti, deboli e potenti.

Una società in cui il rischio imprenditoriale sia premiato, e così anche il merito e il successo in ogni campo di attività, ma il premio non sia mai lasciato degenerare in monopolio, o rendita, o potere d’influenza su altre sfere.

Una società in cui gli strumenti di controllo che impongono la rendicontazione del potere politico siano forti e attivamente esercitati da soggetti autonomi rispetto alla politica, in particolare da una stampa e da altri media il più possibile liberi da condizionamenti e conflitti di interesse.

Una società in cui siano forti gli strumenti di sanzione delle regole mediante una magistratura indipendente ed efficiente e un buon disegno di agenzie indipendenti in settori delicati dell’economia e delle istituzioni.

Una sinistra liberal è per me una sinistra esigente, eticamente rivolta all’interesse collettivo.

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