Visioni

Papa Ratzinger, ultimo grande don Chisciotte di un tempo che non torna

Sante Ambrosi

Prima di leggere queste mie considerazioni, innanzitutto preciso che il mio vuole essere un invito a non fraintendere l’immagine di don Chisciotte attribuita al pontefice emerito. Affermare che il Papa appena scomparso possa essere accostato al don Chisciotte di Miguel De Cervantes non deve essere concepito come una diminuzione della grandezza di Ratzinger, ma semmai come un modo per vederlo e immaginarlo quale perfetta concretizzazione di un simbolo potente che solo la grande letteratura, come quella descritta da Cervantes, ha saputo esprimere in una favola che resta un capolavoro inedito di letteratura.

Certo, su Ratzinger si sono dette tante cose importanti, ma anche diverse critiche sono state sollevate sul suo operato, sia come teologo sia come pontefice; e, forse, non è stato detto tutto. Altre cose si poterebbero infatti aggiungere, per un verso o per l’altro; ma io non intendo mettermi su questo piano, che ritengo alquanto scivoloso e spesso anche inconcludente, e, soprattutto, sempre incompleto.

Riflettendo a partire da quel poco che conosco della sua opera, mi è venuto quasi spontaneamente di pensare all’immagine di don Chisciotte, un capolavoro di una grandezza eccezionale che mi ha sempre affascinato e che ho trovato che anche un grande autore come Dostoevskij ne era particolarmente affascinato. Non a caso, da alcune lettere del grande scrittore russo risulta che quando cominciò a ipotizzare una figura che in qualche modo rappresentasse Gesù Cristo, l’immagine da lui coltivata e ripensata era proprio quella di don Chisciotte. Poi Dostoevskij optò per la figura dell’Idiota, il principe Myskin, nel cui personaggio restarono comunque tutte le caratteristiche impersonate da don Chisciotte

Il don Chisciotte di Miguel De Cervantes lotta per un mondo che non c’è più, lotta per un ideale che non trova più un terreno nel quale concretizzarsi. Di conseguenza, la sua guerra diventa solo un’impresa sterile e senza frutto. Non per colpa sua, naturalmente, ma perché non c’è più quel mondo che possa sostenerlo nelle sue ragioni. La battaglia di don Chisciotte diventa solo una passione sterile, seppure profondamente coerente (e anche commovente), quando questo grandioso personaggio viene descritto a cavallo del malandato ronzino, con spada e bastoni, intento a condurre una guerra impossibile.

Ho pensato a questa grande figura letteraria, sempre viva in noi, pensando proprio a certe battaglie di Papa Ratzinger. L’ho pensato non per muovere una critica distruttiva nei confronti del pontefice emerito, ma per capire il motivo di certe sue delusioni, tali da condurlo a una rinuncia, divenuta ormai storica, a proseguire il pontificato.

Prima di entrare nelle varie critiche – e anche prima di inoltrarmi in una valutazione di quanto ha scritto e detto in tanti anni Ratzinger – penso che all’origine della sua rinuncia possano esserci le sue battaglie su molti punti del suo magistero, ormai fuori dal tempo storico in cui ha vissuto.

Ho pensato che anche papa Ratzinger – con tutto il suo rigore, e senza entrare nel dettaglio dei punti positivi della sua ricerca, come teologo e come pontefice – abbia in sé tutte le caratteristiche del don Chisciotte della Mancia. Almeno, è così che io la penso e la vedo.

Innanzitutto, quel rigore di Ratzinger così fedele alla Lex della tradizione, e per la quale si è battuto in tanti anni con scritti poderosi, non lo ha reso cosciente del fatto che, così come lui la intendeva, la Lex diventava solo un idolo pronto a bloccare ogni istanza di futuro della sua stessa Chiesa.

Sempre fedele alla Lex della tradizione, Ratzinger non ha avuto il coraggio di cambiare e di fare in modo che le chiese locali non restassero senza ministri. Pensiamo solo al suo attaccamento alla messa in latino. Certo, è pur vero che la messa in latino fu una vera opera di grande valore culturale e artistico, ma non può certo essere pensata come una forma di preghiera e di liturgia adatta al nostro tempo così diverso e così lontano dal passato.

Penso anche alla critica che gli fu mossa suol fronte della pedofilia. Il motivo è sempre uguale: egli si fidava delle testimonianze dei suoi sacerdoti. Si fidava in un tempo in cui la fiducia non esiste più, per niente; e tutto ciò, questo dare fiducia, fu la causa di tante dure accuse. Tutte ingiustificate, naturalmente.

Per non parlare della sua Chiesa e dei suoi collaboratori. Egli credeva ancora possibile, e giusto, pensare a una Chiesa pulita e senza giochi di potere, ma si trovò vuoto di risorse, solo, senza neppure il ronzino, proprio come il don Chisciotte di Cervantes.

Tutto ciò solo per evidenziare il forte legame, e il profondo nesso, tra la figura di Papa Ratzinger e il don Chisciotte di Cervantes.

Tutto ciò – tengo a precisare – senza pretendere di entrare in discorsi troppo difficili e ardui intorno ai contenuti del Magistero di papa Benedetto XVI.

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