Visioni

Perché escludere gli imprenditori agricoli

Alfonso Pascale

La riforma del Codice Antimafia approvata definitivamente dalla Camera dei Deputati ha eliminato dall’elenco dei possibili gestori di beni confiscati gli operatori dell’agricoltura sociale che non hanno il requisito di cooperativa a mutualità prevalente senza fine di lucro. E’ un peccato che il Parlamento abbia dato ascolto alle organizzazioni che finora hanno gestito i beni confiscati e che non vogliono ampliare la gamma dei soggetti gestori a singoli agricoltori o a società agricole impegnati a svolgere attività d’interesse generale.

L’inserimento degli “operatori dell’agricoltura sociale riconosciuti” tra i possibili gestori dei beni confiscati non era affatto una scelta casuale del legislatore ma rispondeva ad una logica del tutto coerente con l’impianto della legge n. 141/2015 sull’agricoltura sociale. Tale provvedimento – come recita l’art. 1 – promuove una serie di attività “allo scopo di facilitare l’accesso adeguato e uniforme alle prestazioni essenziali da garantire alle persone, alle famiglie e alle comunità locali in tutto il territorio nazionale e in particolare nelle zone rurali o svantaggiate”.

Pertanto, il riconoscimento degli operatori dell’agricoltura sociale viene effettuato sulla base di una verifica delle attività svolte al fine di rilevare che queste siano orientate all’interesse generale e non a scopi puramente privatistici. È l’attività sociale, socio-sanitaria ed educativa, svolta dall’imprenditore agricolo e verificata dall’amministrazione pubblica, che qualifica l’impresa agricola come soggetto idoneo ad essere eventuale gestore di beni pubblici, di cui tutta la comunità torna a beneficiare in maniera diretta e indiretta.

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