Visioni

Questione alimentare. L’Ue è chiamata a scelte decisive e coraggiose

Adriano Caramia

Questo editoriale, a firma di Adriamo Caramia, è nel segno della collaborazione tra Olio Officina e Fimaa, la Federazione Italiana Mediatori Agenti d’Affari. Se interessati alle tematiche del mercato, vi invitiamo a iscrivervi alla newsletter dedicata cliccando QUI.

I tragici accadimenti sul fronte del Mar Nero determinano variabili che stanno sconvolgendo i normali processi economici (per quanto normali si possano definire in un epoca di cogente pandemia) e li sconvolgeranno per lungo tempo.

Il blocco di fatto delle esportazioni di semi oleosi, cereali, oli (sono centinaia le navi in attesa di caricare o se cariche in attesa di lasciare le acque che bagnano l’Ucraina) e l’embargo posto alla Russia, hanno drasticamente ridotto la fornitura a tutti i paesi importatori di dette merci. Inoltre si è causato un effetto domino nei riguardi dei paesi esportatori di altre parti del pianeta che hanno diminuito sensibilmente o vietato anch’essi le vendite all’estero per timore di non avere sufficienti disponibilità per il consumo interno.

In un contesto aggravato dal rincaro energetico, in gran parte dovuto alle stesse motivazioni, ogni anello dei vari comparti produttivi è sotto forte stress, per la indisponibilità di merci o/e per il forte apprezzamento di queste.

E se per beni non di strettissima necessità il problema è principalmente legato allo smodato rincaro dei prezzi (ma chi sa più oggi distinguere tra beni di prima necessità e beni voluttuari?), per altri il rischio è di ridurre alla fame intere fasce di popolazione, specie fra i paesi poveri che in maniera maggiore dipendono dalle materie prime di altre nazioni.

Si impongono riflessioni su questi sistemi di approvvigionamento delle principali commodities e, al di là delle sterili boutades di chi auspica ritorni all’autarchia produttiva, il tema è ovviamente complesso e decisivo per il destino di ognuno di noi.

La Unione Europea, quali prime misure di intervento, stanzierà 500 milioni all’agricoltura (di cui circa un decimo destinato all’Italia). Inoltre è allo studio la parziale riconversione (temporanea) delle aree destinate all’agricoltura biologica per produrre cereali e legumi.

La portata di tale misura è abbastanza modesta e la stessa Unione Europea non è al momento in grado di valutare i quantitativi di produzione che ne conseguiranno.

Ma il punto che più ci interessa, per gli effetti sul lungo periodo, è davvero capire quale progetto ha l’Europa per le agricolture dei paesi membri. Non è un tema che attiene le emergenze attuali.

Se ci dobbiamo rendere più autonomi verso i paesi extra-comunitari in relazione alle nostre necessità alimentari, occorre sapere ed accettare che molte produzioni non sono redditizie in territori e contesti sociali quali i nostri (mancanza di terre per seminativi estensivi, costo e reperimento della manodopera, ecc…). Ovviamente non tenendo in conto le quotazioni iperboliche di questi giorni che chissà quando rivedremo, una volta cessate le variabili di cui parlavamo innanzi.

Quindi l’agricoltura dovrà essere assistita. E questo dovrà anche valere per le situazioni di mercato di eccessiva o insufficiente produzione. Ricordiamo tutti gli “epici” tempi dell’ammasso nei quali la CEE si faceva carico di quanto il mercato non riusciva ad assorbire e acquistava tutto l’esubero per stoccarlo e rivenderlo in tempi nei quali invece vi era mancanza di prodotto.

Questi due semplici esempi (l’ammasso e l’integrazione alla produzione) sono in netto contrasto con lo spirito delle economie moderne e fanno storcere il naso a molti liberisti. Ma sono temi che la politica e le coscienze di tutti i cittadini europei dovranno fronteggiare: riversare da altri settori economici sulla agricoltura risorse per proteggere il territorio e garantire alimenti per i propri cittadini, oppure lasciare che le condizioni di mercato correggano le difformità che volta per volta si verificheranno (intervenendo invece, come oggi, solo per situazioni eccezionali)?

L’Unione Europea è fortemente coinvolta in questo processo di adeguamento delle politiche ai bisogni delle persone. Con l’arricchimento delle scelte per una visione più ecologica delle nostre terre. Ma è compito dei singoli governi supportare con convinzione le politiche comunitarie. La discussione è essenziale, non lascia spazio a rinvii e a deroghe. Non si tratta di auspicare un neo dirigismo ma di garantire un presente ed un futuro al nostro territorio e alle nostre tavole.

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