Ascoltando mercoledì 17 giugno il dibattito al Senato sull’informativa del Presidente Conte, in vista della videoconferenza dei membri del Consiglio europeo, sono rimasto esterrefatto per l’uso continuo dei termini “Europa” o “continente” in sostituzione di “Unione”.
Nel Trattato sull’Unione Europea (TUE) c’è scritto che “…le Alte Parti contraenti istituiscono tra loro un’UNIONE EUROPEA, in appresso denominata “UNIONE”, alla quale gli Stati membri attribuiscono competenze per conseguire i loro obiettivi comuni”. L’art. 47 del TUE stabilisce che “l’UNIONE ha personalità giuridica”.
Dunque, quando si dice “UNIONE” si parla di un’entità che ha una sua ben precisa identità. Per intenderci non è qualcosa che assomigli all’Unione di Prodi che metteva insieme un gruppo di partiti. No. L’UNIONE è la denominazione dell’entità sovrastatale di cui i cittadini di ciascuno Stato membro fanno parte in quanto “direttamente rappresentati, a livello dell’UNIONE, nel parlamento europeo” (art. 10.2 del TUE).
“Europa” o “continente europeo” è cosa ben diversa dall’UNIONE. Gli Stati geograficamente europei o parzialmente europei sono 50. Gli Stati appartenenti esclusivamente al continente europeo sono 43. La Gran Bretagna, appena uscita dall’UNIONE, è parte integrante dell’Europa. La Russia di Putin, per motivi storici e culturali, è anch’essa considerata un paese europeo, pur essendo transcontinentale. La stessa cosa vale per la Turchia.
L’aggettivo di UNIONE è “unionale”. Molti continuano a dire “comunitario”; ma la “Comunità europea” non esiste più da ventotto anni.
I parlamentari e i giornalisti che discutono dell’UNIONE queste cose dovrebbero saperle. Usare le parole in modo appropriato è fondamentale nel discorso pubblico. La sciatteria lessicale, quando si parla di argomenti così seri, trasmette un senso profondo di inaffidabilità e superficialità che provoca distacco e repulsione. L’antieuropeismo è figlio anche di questi vizi.
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