Visioni

Tornare alla natura dopo la pandemia?

Sante Ambrosi

La pandemia causata dal Coronavirus ha posto seri problemi sulle cause che possiamo individuare sull’origine di questo tristissimo fenomeno. Credo che non siano state dette le ultime parole, quelle vere, sull’origine vera. Molti hanno pensato che esiste una causa naturale che alcuni hanno individuato nella contaminazione della natura attraverso quelle coltivazioni dominate da sfruttamenti di ogni genere senza controllo e rispetto delle leggi naturali. Da qui si individuano un malessere profondo ormai diventato congenito con molta produzione. Molti hanno lamentato la scomparsa di certe piante o di certi animali, o almeno la loro riduzione in cattività, a seguito di un proliferare di usi negativi di sostanze velenose per eliminare aspetti negativi notati.

Da questa considerazione ne è venuta una convinzione che tutte le nostre piaghe naturali possono essere eliminate tornando alla natura, conservando e rispettando alla lettera il suo essere proprio. Voler modificare la natura sarebbe l’errore da evitare per conservare il suo stato puro.

Mi sono chiesto se sia la soluzione e non sono in grado di offrire risposte anche perché il sottoscritto non è certo un esperto. Ma da non esperto posso dire solo qualche considerazione che mi sorgono nella mia mente. Innanzitutto, dico che anch’io mi sono sentito entusiasta dell’idea di tornare finalmente alla natura, in quanto pensavo che fosse la strada giusta per liberare la natura da un inquinamento perpetrato attraverso interventi tesi semplicemente al fine di ottenere dalla natura il più possibile in termini economici e di sfruttamento.

In un precedente mio intervento, a seguito dell’esplodere della pandemia che noi tutti conosciamo, lamentavo la scomparsa di certi animali e della situazione di cattività del mondo delle api, ecc..

Ma riflettendo mi chiedevo se il tornare alla semplice natura fosse l’unica strada percorribile oppure se fosse possibile individuare altre strade compatibili con il rispetto di essa, ma che poteva migliorare sia la natura, sia la situazione di tanti popoli che vivono in situazioni difficili e diverse dalle nostre comuni.

Riflettendo, mi è venuta in soccorso una tragedia di Eschilo “Prometeo liberato”. Questa tragedia parla del mito originario collocato all’origine di tutto, quando gli uomini non possedevano il fuoco. Solo gli dei e erano i custodi di esso e non volevano comunicarlo agli uomini perché esso avrebbe scatenato un processo negativo per l’umanità. Ma solo Prometeo riuscì attraverso astuzie varie possederlo e portarlo agli uomini, scatenando l’ira degli dei e di Giove in persona. Venne castigato e conficcato ad una roccia, a soffrire per il tradimento contro la volontà degli dei.

La tragedia sostiene che alla fine Prometeo fu liberato anche con il consenso di tutti gli dei, e fu l’inizio di una nuova era e di un salto di qualità per tutta l’umanità. Il fuoco, come sappiamo fu l’inizio di un tempo caratterizzato dal progresso e fu un bene inestimabile per tutti. Ma questa spinta può continuare e deve continuare sempre perché il concetto di natura non porta ad una visione statica. Mi sovviene anche un pensiero di sant’Agostino, il quale, di fronte a quanti pensavano che tramontando l’impero Romano sarebbe stata la fine del mondo, disse più o meno queste parole: Nulla è alla fine, perché la creazione e i giorni della creazione sono appena iniziati. Tutto è in fase di evoluzione e di creazione in atto, con il concorso di Dio, certo, ma anche di tutti gli uomini che devono continuare l’atto creativo.

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