Visioni

Un evento non pianificato

Sante Ambrosi

Quello che salta agli occhi di chi legge la storia della nascita di Gesù, così come viene descritta dai quattro evangeli canonici, è una constatazione alquanto sconvolgente.

A parte il vangelo di Luca, di cui diremo fra poco, dagli altri evangeli sulla nascita e sul dove il Messia doveva nascere non c’è niente di preciso.

Lo stesso Matteo, che per certi versi è alquanto documentato circa la tradizione storica contenuta nei testi dell’Antico Testamento, fa fatica a spiegare come mai Gesù veniva chiamato il Nazareno. Ricorda che al ritorno dall’Egitto, i genitori lo portarono a Nazaret per paura di Erode.

Non è necessario essere degli esperti esegeti per capire che questa annotazione era certamente un escamotage, o perché non lo sapeva, o, forse meglio, perché non aveva il coraggio di dire dove era nato il Messia.

Troppo fuori dalle grammatiche tradizionali una nascita così insolita, in un luogo sconosciuto e da una fanciulla che viveva in una casa di un piccolo paese alla periferia.

Ci volle Luca, che come sappiamo era diventato discepolo di Paolo, a porsi esattamente il problema dell’inizio vero della vita del Messia, avendo assistito alla dura polemica che il suo maestro Paolo dovette subire quando ritornò a Gerusalemme, alla fine dei suoi lunghi viaggi.

Indagò, come egli scrive, e scoprì che la sua origine era totalmente fuori dagli schemi ipotizzati dalla tradizione. Nessun luogo santo, nessun tempio o luogo preordinato, ma una piccola cittadina che le carte geografiche del tempo neppure avevano registrata, in una piccola abitazione dove viveva una fanciulla ricca solo di fede e di amore.

Tutto questo discorso per dire che la stessa nascita di Gesù, il Messia tanto atteso da una lunga storia che è registrata nei testi dell’Antico Testamento, si realizzò in modo insolito e per niente pianificato o programmato.

Ma se neppure la nascita di Cristo poteva essere pianificata e programmata significa, per fortuna, che Dio è una realtà che mai può essere pianificata.

Certo, noi uomini male ci rassegniamo a riconoscere che l’essenza di Dio si colloca oltre le nostre conoscenze e le nostre pretese. Misteriosa è innanzitutto la sua essenza, ma anche le modalità della sua presenza nella storia umana.

L’uomo vorrebbe avere a portata di mano e di uso la parola che dicesse come è Dio e dove si manifesta. Ma, come ha sempre fatto, il suo irrompere nella storia è sempre fuori dei nostri schemi e fuori anche delle nostre liturgie politiche e religiose.

Il problema dei problemi è sempre e ancora questo: n quale periferia del mondo, del nostro mondo, potrebbe ancora nascere?

Mi aiutano a trovare una risposta, o una ipotesi di risposta, questi versi di Eugenio Montale, che ci sembrano preziosi anche per il nostro Natale.

Sono versi potenti, che il poeta ha scritto e pubblicato in Ossi di Seppia nel 1925, in un periodo nel quale si affacciavano teorie strane nella scienza e nella politica. Credo che siano versi sempre attuali anche per il tema da cui siamo partiti.

Non chiederci la parola che squadri da ogni lato

l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco

lo dichiari e risplenda come un croco

perduto in mezzo a un polveroso prato.

Ah l’uomo che se ne va sicuro,

agli altri ed a se stesso amico,

e l’ombra sua non cura che la canicola

stampa sopra uno scalcinato muro

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti

sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.

Codesto solo oggi possiamo dirti,

ciò che non siamo, ciò che non vogliamo!

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