Visioni

Un re da operetta

Felice Modica

Nel 1946 l’umorista catanese Massimo Simili pubblicava per Editori Riuniti il pamphlet I Siciliani vogliono il re. Il volumetto non si limitava a dar polemicamente conto delle posizioni monarchiche isolane ma, piuttosto, descriveva il quasi fisiologico bisogno della maggioranza degli italiani di coltivare una concezione paternalistica del potere.

Durante la dittatura fascista, quando si era persa la speranza, le porte della Giustizia si erano chiuse e il “summum ius” era anche la “summa iniuria”, restava, come “estrema ratio”, la “supplica al Duce”. Ovvero, il ricorso ad un’autorità suprema in grado di modificare le regole all’occorrenza, di rimediare ad un errore dell’apparato burocratico, compiuto per stupidità o eccesso di zelo. Nel Meridione si diceva anche, fino in tempi recenti: “il re corna non ne fa”. Essendo talmente al di sopra da apparire “fuori concorso”…

Cadute dittatura e monarchia, è però ancora rimasto il “bisogno del re”. Specie con un sistema burocratico contorto e straordinariamente vessatorio come quello italiano. Non a caso, i leader che si sono avvicendati, anche nella storia recente della nostra Repubblica non sono mai stati del tutto immuni da una certa deriva populista.

L’amatissimo Sandro Pertini, per esempio, nella vita privata pare tutt’altro che un compagnone, passò buona parte del settennato a baciare bare e bambini… Per non parlare di Berlusconi, che fa le cose in grande, siglando in TV un “contratto con gli italiani” e dichiarandosi perfino pronto a pagare di tasca sua un pugno di tasse per tutti i suoi connazionali…. Se questo non è “agire da re…”

Non fa eccezione, ancorché in sedicesimo e in versione da operetta, il leaderino Matteo Renzi.
Un solo piccolo esempio? Vista la mala parata sull’IMU agricola, ha dichiarato che istituirla è stato “un grave errore”. Praticamente una bischerata commessa dai tecnici economisti, che non sempre sono in grado di tradurre in provvedimenti concreti le sue visioni da statista.
Allora, promette sempre Renzi: “la cancelleremo!”

Bene, bravo, bis! Lo voto anch’io, che non vado a votare da una vita! Però, intanto, il Governo sposta la scadenza del pagamento ai primi di Ottobre e annuncia, presentando la cosa come una grande liberalità, che “non si pagheranno sanzioni né interessi”. Pazienza per quelli che hanno già pagato: dopotutto siamo in Italia…

Non basta. Da indiscrezioni si apprende che la sentenza del Tar del Lazio, che probabilmente rimetterà l’intera vicenda alla Corte costituzionale bloccando ogni forma di pagamento prima della decisione, è attesa per i primi di Novembre.

Ora, se vogliamo proprio escludere che la nostra specchiata magistratura amministrativa abbia potuto subire pressioni politiche, non possiamo certo escludere che la nostra classe politica abbia inteso adeguarsi, anticipandoli, ai tempi della magistratura.

Per essere più chiari, il Governo ha fatto il seguente ragionamento: “visto che nella norma ci sono tante incostituzionalità da far rivoltare nella tomba i Padri Costituenti, vediamo di incassare quanto più possibile da quei gonzi degli agricoltori italiani, prima che sia troppo tardi, e poi si vedrà…”
Nel frattempo, non ho sentito le proteste dei sindacati degli agricoltori.
Ma sto diventando sordo…

Mi aspetto, invece, da un momento all’altro, di sentire il leaderino che ci dica, come faceva zio Benito: “siate rurali, sarete più vicini al mio cuore…”
E intanto stiamo pagando la stessa IRAP che Berlusconi doveva abolire. E siamo stanchi e non ce la facciamo proprio più.

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