Economia

Bioeconomia delle fibre naturali

E’ un modo per guardare al futuro dell’agricoltura con occhi nuovi e con un obiettivo ben preciso: individuare possibilità di reddito alternative alle solite. Il settore dei bioprodotti è in continua espansione in Italia e può utilizzare una grande varietà di scarti e sottoprodotti agricoli

Marcello Ortenzi

Bioeconomia delle fibre naturali

Bioeconomia anche ad Agriumbria 2016, il 2 aprile, con il seminario coordinato da 3A-Parco Tecnologico dell’Umbria, evidenziando le possibilità di reddito che possono dare ai coltivatori e artigiani le piante da fibra, le lane naturali, la seta, il bambù. Infatti il settore dei bioprodotti è in continua espansione in Italia e può utilizzare una grande varietà di scarti e sottoprodotti agricoli come deiezioni animali (130 milioni di tonnellate), frazioni organiche di rifiuti urbani (10 milioni di tonnellate), residui colturali (8,5 milioni di tonnellate), scarti agro-industriali (5 milioni di tonnellate), fanghi di depurazione (3,5 milioni di tonnellate), scarti di macellazione (1 milione di tonnellate).

La Regione Umbria e alcuni imprenditori tessili e agricoli già da tempo hanno iniziato a rilanciare il segmento della bioeconomia delle fibre naturali come la canapa e delle fibre animali con il progetto “Tessile Umbro Naturale” (T.U.N.). Il progetto del cui aggiornamento si è parlato a Bastia che è stato promosso da Regione e Cia umbra, ha visto riuniti in partenariato l’Università di Camerino, l’Università di Perugia – Dipartimento di Scienze Agrarie, Assocanapa s.r.l, e alcune aziende agricole e tessili del territorio.

L’azione intrapresa si è concentrata su fibre che fossero d’interesse di tre importanti filiere agro-industriali: quella riguardante fibre animali quali alpaca, mohair e ovino sopravissana, fibre vegetali, per ora canapa e piante tintoree il guado, per arrivare a definire in fase prototipale quello che sarà il tessuto certificato 100 per cento umbro, da identificare con un nuovo marchio regionale, che metta in relazione due dei più importanti settori dell’economia regionale (agricoltura e tessile). Il tutto partendo da uno studio delle tradizioni tessili regionali e attraverso attività innovative che si intersecano con i temi legati alla biodiversità, al recupero del patrimonio storico e delle tradizioni, al rispetto dell’ambiente e alla promozione del territorio attraverso le sue eccellenze.

Si è riorganizzata ogni filiera nelle fasi di trasformazione in filati tinti naturali secondo le esigenze delle imprese tessili umbre coinvolte e definiti prodotti per il tessile da abbigliamento e arredamento con uno stile ben definito e riconoscibile, fino alla definizione della certificazione TUN – Tessile Umbro Naturale.

Si sono rinnovati alcuni processi di lavorazione delle fibre e creata una rete di artigiani e piccole imprese per rendere vendibili al consumatore i nuovi prodotti realizzati. Il progetto ha anche messo a punto strategie per la tracciabilità dei prodotti finiti, il consolidamento dei risultati ottenuti e la definizione di attività per la Promozione e la Comunicazione (Mostre e Convegni) che sono essenziali per fare conoscere i nuovi prodotti. L’Umbria ha visto sorgere negli ultimi anni le attività del Museo della Canapa di Sant’Anatolia di Narco (PG), importante incubatore di elementi culturali utilizzabili per migliorare la competitività delle imprese umbre e la nascita di aziende agricole innovative. Tessuti ed abiti “T.U.N.”, realizzati all’interno dei laboratori del Museo, del laboratorio di tessitura della casa di reclusione di Spoleto e della ditta Cardinalini & C. S.p.A. di Montecastrilli, sono stati prodotti appunto partendo dalle materie prime delle aziende coinvolte. Durante il convegno sono intervenuti operatori che hanno preso parte attiva al progetto, spiegando le caratteristiche salienti del compito svolto all’interno dello stesso.

Gianni Berna, socio Itabia e allevatore di alpaca e capre Mohair ha chiarito i meriti di questi animali, felicemente acclimatati nel territorio del nord umbro e della produzione della loro lana di pregio. L’abbigliamento che si riesce a mettere sul mercato già da alcuni anni fatto con la lana di questi animali ha avuto un forte gradimento dei consumatori. Lo stesso ha invitato a occuparsi anche della seta, in Umbria e altrove, materia prima preziosa che già alcuni hanno ripreso a produrre riprendendo un’antica esperienza nazionale abbandonata diversi anni fa. Sperimentato anche l’interesse che suscita la produzione di indaco, ricavato dalla pianta guado, assai apprezzato per la coloritura degli abiti elaborati con lino, canapa e lane naturali. La ditta di meccanica agricola Spapperi di Città di Castello ha anche approntato, in occasione del progetto, un prototipo di macchina per la estrazione in campo della materia prima dal guado, unica al mondo.

Marco Antonini dell’Enea ha evidenziato che tutte le esperienze di introduzione di animali da fibra si sono scontrate con la difficoltà di gestire il prodotto dalla fase della raccolta a quella del filato e del manufatto, non esistendo più in molte parti d’Italia una filiera ben organizzata in particolare per produzioni di media e piccola quantità. Per ovviare a questo inconveniente e per permettere agli allevatori di aumentare il valore aggiunto del prodotto, passando dalla vendita della fibra bruta a quella del filato e/o del manufatto, l’Università di Camerino e l’ENEA hanno creato un Consorzio Internazionale per la ricerca e il trasferimento tecnologico delle fibre (Consorzio Arianne).

Il Consorzio, grazie a contatti stabiliti con i trasformatori, a diverso livello della filiera, è oggi in grado di fornire ai produttori tutto il servizi necessario per la lavorazione delle fibre fino ai manufatti. Allo stesso tempo il Consorzio è stato in grado di proporsi come promotore di progetti di ricerca e sviluppo territoriale nazionale ed internazionale potendo mettere a disposizione delle iniziative esperienze capaci di coprire l’intera filiera tessile, come nel progetto TUN. Relativamente alla canapa Antonini ha puntualizzato che sia necessario costruire almeno 5 centri di raccolta e lavorazione, in Italia e poi creare le varie filiere produttive perché se positivo l’interesse sia in bioedilizia sia in alimentazione con i semi, bisogna differenziare le produzioni per utilizzare tutta la pianta e mettere a disposizione tutte le linee commerciali; in questo il tessile può essere un forte valore aggiunto.

Altre piante di cui si parlato nell’evento sono state il Bambù, pianta che può essere utilizzata in mille modi grazie all’enorme varietà di specie: per creare barriere antivento, per costruire spettacolari effetti cromatici ed architettonici, per consolidare scarpate, per arredamento di case e giardini, per mascherare con siepi di ogni altezza, ecc. Poi la Stipa, pianta erbacea perenne nota per la qualità delle sue fibre, che si prestano sia alla produzione della carta sia a quella di fibre e cordami in genere. Le piante da fibra e le fibre animali mostrano molte opzioni interessanti economiche e ambientali che dovranno essere colte da agricoltori e operatori di filiera per diversificare le possibilità di reddito.

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