Cosa ci si aspetta dalla prossima olivagione
Il ministro spagnolo Planas punta a un obiettivo di vendite di 4 milioni di tonnellate entro il 2040. La Tunisia mira sua volta a produrne 1 milione, mentre la Turchia si propone l’obiettivo di 700mila tonnellate. Tutto ciò porterà a giacenze che schiacceranno inesorabilmente i prezzi. Non è pertanto balzana l’idea di ricorrere a prezzi di intervento: una idea forse fuori luogo, ma che oggi si materializza.

Martedì 19 maggio si è svolto a Milano, nella sede di Granaria, un incontro che ha visto come relatori il broker Adriano Caramia e Anna Cane, la presidente del Gruppo olio di oliva di Assitol. A introdurre i lavori il segretario generale di Granaria Alberto Fugazza, a moderare l’incontro il direttore di Olio Officina Luigi Caricato.
Riportiamo, a beneficio dei lettori, l’intervento di Adriano Caramia.
Dopo l’incontro dell’anno scorso nella prestigiosa sede di Granaria, ripetere l’appuntamento è segno che nel settore vi è la necessità di confrontare le proprie esperienze con quelle altrui, ascoltando punti di vista differenti, integrando informazioni in proprio possesso con quelle riferite ad altri luoghi.
L’immagine che vedete – lo si intuisce molto chiaramente – è la discesa dei prezzi dell’olio di oliva sulla piazza di Jaen, dalla settimana in cui ci siamo visti precedentemente, lo scorso anno, ad oggi.
Certo, l’olio extra vergine di oliva italiano è sempre al di sopra delle quotazioni massime (8 euro), che qui sono rappresentate. Sembra che abbia ormai consolidato un valore di mercato che si discosta nettamente dal resto delle altre categorie.
Io non sono convinto di ciò: innanzitutto gli oli lampanti (che pure vengono prodotti dalle stesse aziende olivicole italiane, con costi non molto dissimili e con la medesima dignità di lavoro) hanno prezzi (come i vergini, aggiungerei) che sottostanno alle dinamiche di questa linea al ribasso.
E poi ho il timore (si, timore, perché io come tutti auspico che vi sia un giusto riconoscimento del valore di tutti gli oli) che la differenza a scaffale con gli oli comunitari, che ormai si sta acuendo, penalizzerà le vendite del Made in Italy. Occorrerà vedere anche cosa succederà con la prossima olivagione, con la maggiore disponibilità di oli italiani in un contesto di una abbondante produzione mondiale, così come al è momento prevista. Ma questo è un inciso. Quando si parla di prezzi, bisogna fare una netta distinzione: il prezzo che ogni prodotto, ogni singola azienda riesce a ottenere (e dietro ci sono tradizione, marketing, conoscenze tecniche, comunicazione) e di questo non posso parlare perché non è il mio lavoro.
Poi c’è il prezzo della merce, che affluisce sui mercati dell’ingrosso. Il prezzo della merce che viene pagata ai frantoiani e, per ricaduta, ai produttori. Qui bisogna fare attenzione, perché ogni squilibrio, pure nei paesi esteri, di fatto si traduce in gravi perturbazioni di mercato che condizionano tutte le piazze.
Dico questo perché, a mio avviso, questi squilibri si stanno pian piano concretizzando in maniera sempre più decisa.
L’anno scorso vedevamo come l’aumento della curva delle produzioni, a partite dagli anni Cinquanta del secolo scorso ad oggi, si sovrapponeva a quella dell’aumento dei consumi, e le minime differenze rappresentavano la differenza di ogni singola campagna che, ove fosse in più, determinava una costituzione di piccole scorte, e, ove fosse in meno, significava l’erosione di dette scorte. Insomma, un rincorrersi di più e meno che si traduceva in aumenti e ribassi tipici della domanda e dell’offerta per le produzioni sottoposte al ciclo biennale.
Con il passare del tempo, con le nuove tecnologie di impianti e i nuovi strumenti di produzione e raccolta, questa ciclicità non solo ha pesato meno, ma vi è stato un poderoso aumento delle produzioni in termini quantitativi e qualitativi. Con l’avvento degli oliveti super intensivi ciò è diventato ancora più premiante per i Paesi che lo hanno adottato. Fortunatamente, grazie alle aziende più virtuose, si è spinto parecchio sui consumi, che sono riusciti a sostenere la domanda per neutralizzare la maggiore offerta.
Adesso, però, l’accelerata delle produzioni segue curve che puntano ancor più al rialzo.
I numeri della produzione globale fanno riflettere: nel corso della recente Expoliva il ministro dell’agricoltura Planas ha parlato di un obiettivo di vendite di 4 milioni di tonnellate della Spagna entro il 2040 (quest’anno ne ha prodotte circa 1 milione e 400 mila, tanto per valutare le quantità cui accenniamo).
La Tunisia ipotizza circa 500mila tonnellate quest’anno, e anche loro parlano di arrivare a 1 milione di tonnellate.
La Turchia ormai si attesta su una media superiore alle 250mila tonnellate ma con punte oltre le 400mila tonnellate e obiettivi di produrre sino a 700mila tonnellate.
Questo significa, ed è evidente a tutti, che lo scostamento di quelle curve sarà molto più accentuato. Si formeranno giacenze che schiacceranno inesorabilmente i prezzi.
Ritorno con un concetto che espressi l’anno passato quando, con l’olio a 9 euro al chilo, parlavo di prezzi di intervento: una cosa fuori luogo. Ma che oggi si materializza.
Una concertazione di tutti i Paesi per dare una base non vile alle quotazioni degli oli di oliva. Un meccanismo che eviti di vendere il prodotto sotto i costi di produzione (che non sono certo 1,779 euro per chilogrammo per l’extra vergine)
Se vogliamo seriamente dare dignità ai prezzi, occorre partire dal basso, ovverosia dare un supporto di mercato che non faccia sprofondare nel baratro della insostenibilità dei costi di produzione dell’olio e dell’abbandono o trascuratezza delle coltivazioni.
Certo non sarà un ammasso secondo le regole di quarant’anni addietro, ma un meccanismo che abbia gli stessi scopi, seppure con metodi e strumenti diversi.
In un’Europa che è costretta a rivedere principi e alleanze, politiche e regolamentazioni, non capiamo perché dinanzi a problematiche così impellenti e coinvolgenti dal punto di vista territoriale, sociale ed economico, non si prendano posizioni coraggiose e importanti.
Gli uliveti centenari o millenari che ci sono stati tramandati, non sono campi di mais che possiamo decidere di sostituire o riseminare secondo le convenienze. Sono una componente essenziale delle regioni e della vita della gente del mediterraneo.
Una panoramica dell’olivagione che verrà
Passiamo a una veloce disamina, con il supporto di alcune immagini, delle principali aree di produzione dell’olio di oliva. I commenti, molto spesso, sono le fedeli testimonianze dei produttori che hanno contributo a questa indagine.
Partiamo dall’Italia
Nel Nord e Centro Italia la situazione è abbastanza eterogenea, dipendendo anche dal carico della stagione precedente.
Nel nord Italia, a causa delle piogge e temperature spesso basse, siamo alla fase della mignolatura o inizio fioritura. Qui abbiamo una foto fornitaci da Maria Viola Bonafini, del Consorzio Dop Garda: “siamo ancora un po’ indietro per i fiori… completa mignolatura e i fiori stanno lentamente cominciando a sbocciare, quindi non siamo ancora in fioritura”.
Asolo, in provincia di Treviso, area Dop Veneto, da Lele Botter: “Dopo anni di cascola verde si spera in una buona annata. La passata olivagione è andata bene”.
Dalla Liguria ricevo dal direttore del Consorzio Dop Riviera ligure Giorgio Lazzaretti: “La fioritura è abbondante, sulla costa siamo nel pieno di questa fase fenologica, mentre nell’interno l’olivo si trova nella fase dell’apertura dei primi fiori, seppure con notevole difformità nell’ambito delle diverse parti della chioma. Le zone meglio esposte mostrano un 25-30% di fiori aperti, mentre quelle più ombreggiate sono ferme alla piena distensione delle mignole. Le piogge avranno un’influenza rilevante sulla vitalità del polline e sulla ricettività dell’ovario dei circa 500mila fiori che una pianta di olivo può produrre.
La previsione è di una buona campagna olearia, tutto dipenderà dall’andamento delle prossime settimane.
Dalla provincia di Grosseto Valter Nunziatini: “foto fatte il 18 maggio. La fioritura è buona in tutto il territorio. Il problema è che piove da una settimana le temperature sono ballerine e fa anche freddo non sappiamo se questo se si traduce in un problema di allegagione”.
Sempre da Grosseto, Davide Borselli: “Le piante stanno molto bene, la mignola è abbondante e le copiose piogge hanno dato una base di riserva d’acqua per l’estate davvero importante. Siamo in pre-fioritura da noi, quindi nei prossimi dieci giorni avremo il responso”.
In Umbria, è stata una buona stagione quella passata ma anche quest’anno si prospetta una discreta carica, certo non a livello di quella scorsa. Qualità preminenti Leccino e Frantoio. Al momento dell’indagine (15 maggio) si era in fase di mignolatura, quindi pre-fioritura. Qualche traccia di malattie fungine, occhio di pavone e cercosporiosi.
Stesso discorso per il Lazio, per il quale la situazione si presenta discreta la passata campagna, specie nelle aree meno cariche. Adriano Mantova informa che “la presenza è buona, cioè potenzialmente ci sono molti fiori e le condizioni climatiche sono ideali con giornate di sole alternate a giornate di pioggia e con temperature massime sui 24 gradi”.
Nel viterbese come di consueto la mignolatura è in evoluzione. Le varietà più precoci Leccino e Maurino hanno aperto i fiori la Caninese e le altre varietà tardive adesso a fine maggio.
La provincia di Roma al momento sembra avere una stagione media. Certamente non sui livelli dello scorso anno che è stata molto buona.
Ovviamente non si esclude che in qualche area del centro Italia vi siano appezzamenti con un aspetto eccellente, come si può ben vedere dalla foto inviatami da un corrispondente di Pescara, ma in linea di massima parliamo in tutto il centro di una raccolta media.
Sufficiente la situazione in Sardegna
Veniamo adesso alle principali regioni meridionali
Ottima la situazione in Sicilia, sia per lo stato attuale delle piante sia per la climatologia, in tutte le province.
Nelle zone più in anticipo si è già formata l’olivetta come dimostra questa foto inviatami dalla provincia di Trapani, qualità Nocellara del Belice.
Salvatore Cutrera ci invia alcuni contributi dai Monti Iblei, sottolineando anch’egli la buona fase di allegagione.
Questo contributo arriva dalla provincia di Agrigento.
Mi preme far notare che molto spesso, sia personalmente nelle mie ispezioni, sia grazie alle foto pervenute, ho registrato con maggiore frequenza rispetto al passato i segni di una cura approssimativa degli uliveti. E lo potete vedere anche voi dalle immagini. Alberi che crescono con la chioma disordinata, terreno visibilmente non lavorato ed anche i confini delle proprietà, i muretti a secco, abbandonati. Questo fa maggiormente riflettere dopo un paio di annate a livelli di prezzo abbastanza soddisfacenti. Sono indizi che devono far riflettere sulle difficoltà che l’agricoltura ha oggi; non solo una questione economica, ma anche di cultura, di ricambio generazionale, di sicurezza nelle campagne, di problemi burocratici e della difficile applicazione di economie di scala ad aziende le quali sono molto spesso di piccolissime dimensioni.
In Italia gli ettari destinati alla olivicoltura sono 1,16 milioni; le imprese olivicole sono 619 mila. Ergo, l’estensione media di ciascuna aziende è di 1,87 ettari.
Quest’anno la produzione prevista è di circa 244.000 tonnellate, con 4.228 frantoi che si sono registrati per le operazioni di lavorazione. La produzione media è di 58 tonnellate circa cadauno. In Spagna quest’anno la produzione ottenuta è di circa 1milione e 400mila tonnellate, i frantoi registrati sono 1.769; quantità media per ognuno 791 tonnellate.
In Italia sono registrate 42 Dop e 8 Igp, il cui peso complessivo varia dal 2 al 4% sulla produzione totale nazionale.
Dal 2020/21 la produzione nazionale non riesce a soddisfare nemmeno la sola quota destinata all’export; la parte mancante e tutto il consumo domestico ha bisogno della importazione.
Il professor Salvatore Camposeo, professore all’Università di Bari di Arboricoltura generale e Coltivazioni Arboree, ha fornito alcuni spunti nel corso di un recente convegno organizzato dalla Confagricoltura:
- il 47% della superficie ha meno di 250 alberi per ettaro;
- 60% della superficie ha più di 50 anni;
- l’85% della olivicoltura è in asciutto;
- solo il 5% degli imprenditori olivicoli ha meno di 40 anni.
- delle duecentocinquanta cultivar pugliesi, la produzione proviene solo da cinque varietà
- il 70% dell’olio prodotto in Spagna deriva da uliveti intensivi o super-intensivi.
- in Italia è il 3%;
- in Argentina la produzione super-intensiva del 95%.
- Io aggiungo che il gruppo di cooperative DCOOP, in Spagna, ha una produzione media di circa 220/250mila tonnellate, che rappresenta circa una quantità media prodotta in Italia.
La Calabria anch’essa si propone con una ottima carica.
Nella zona in agro di Vibo Valentia buona fioritura nelle zone tra i 350/500 metri. Nelle zone basse tra i 150/200 metri sono già avanti e si vede il chicco. Si presenta una buona campagna per il momento. Lì dove le piante sono in forza si presenta una stima di produzione tra il 70-75%: cultivar Carolea.
Zona Castrovillari, fioritura abbondante, varietà prevalente Roggianella, stima di produzione rispetto allo scorso anno, salvo attacchi parassitari, maggiore del 60 – 70%.
Zona Tirrenica Cleto, Amantea buona fioritura produzione prevista 40-50 % in più rispetto allo scorso anno.
Zona alta lametina si presenta una buona produzione, con stima approssimativa tra il 60 e il 70%.
La Puglia presenta diversi aspetti: la zona del Salento e del basso brindisino, ormai decimate dalla Xylella, dove si trovano oasi di produzione limitate nel numero ma con una buona carica.
Dall’Azienda Fachechi di Nardò, ci è giunta durante i primi giorni di maggio una immagine della buona fioritura di una varietà Cellina.
Tralasciamo invece le orribili immagini degli alberi distrutti dalla terribile infezione e saliamo verso Fasano, piana degli ulivi monumentali. Qui la situazione è rigogliosissima, come si evince dalle foto riprese personalmente il giorno 8 maggio.
Come si vede è un uliveto irrigato. Ma un’altra foto riprende gli alberi dall’altra parte della strada, non irrigati.
Riporto questa foto perché mi piace pensare che la cura rivolta a queste piante sia, assieme alle altre pratiche, un baluardo contro la Xylella. Qui ci troviamo in una zona compresa nella fascia di infezione come si vede dalla tabella.
Un contributo dall’azienda di Aurelia Guarini di Fasano, in prossimità del mare, nel pieno del parco protetto delle Dune Costiere: “La fioritura e l’allegagione nella nostra azienda sono molto buone, come del resto in tutta la fascia da Ostuni a Monopoli. Contiamo nelle precipitazioni a tempo debito per un buon esito della campagna”.
Da Monopoli, nel sud barese, Gianfranco Gervasi sottolinea che: “per la Cima di mola la fioritura è terminata: attualmente 4/5 olive presenti su ogni grappolo. Fioritura omogenea. Per il Leccino la fioritura è pure terminata. Olive omogenee su tutta la pianta. Si contano da 1 a 3 olive su ogni grappolo ma si nota una piccolissima percentuale di grappoli totalmente abortiti. Per la Cima di Melfi la fioritura è terminata, olive omogenee come calibro sullo stesso grappolo, ma allo stesso tempo si nota molta differenza di calibro tra le parti esposte a nord e sud. Sul grappolo si contano da 1 a 4 olive. Per la Coratina la fioritura è terminata ma non ancora del tutto spurgata (presenza di fiore secco ancora attaccato all’oliva). Olive omogenee come calibro. Da 1 a 4 olive su ogni grappolo con una minima presenza di grappoli totalmente abortiti”.
Le buone notizie continuano risalendo verso il barese, le province della BAT (Barletta, Andria e Trani), sino a tuto il Gargano.
L’olivicoltore Pasquale La Notte di Corato ci segnala “piante rigogliosissime, stracolme di mignole, come non ricordo mai, con temperature favorevoli “
Passiamo ai paesi esteri
La Spagna si mostra con un’ottima fioritura. Le piogge hanno sufficientemente rimpinguato i bacini
L’anno scorso rammentavamo che all’1 ottobre 2023 il riempimento degli invasi del Guadalquivir (che fornisce acque alle province di Jaen, Cordoba, Siviglia e Granada) era al 18,29% delle proprie capacità. A maggio del 2024 si era giunti al 47%, e oggi siamo attestati intorno al 61%. Ciò testimonia un buon andamento delle precipitazioni che si è tradotto in una fioritura eccellente in quasi tutta l’Andalusia. Tutti coloro che si sono recati all’Expoliva hanno constatato lo spettacolo degli alberi in fiore. Già si fanno le prime stime, ovviamente con una forchetta amplissima, tra 1 milione e 500mila tonnellate come minimo e 2 milioni massimo.
La Tunisia mostra si presenta molto bene. La produzione che molti attendono si pone tra le 400 e le 500mila tonnellate. Offro una comparazione tra due foto.
La prima foto, da me personalmente già presentata l’anno scorso, si riferisce alla regione di Sfax, dove una lunga siccità stava attanagliando gli uliveti.
La seconda mostra le stesse zone qualche giorno addietro. Ciò dimostra l’estrema resilienza degli alberi di quelle zone. La pioggia che per tutto l’inverno e la primavera ha copiosamente irrigato tutta la Tunisia, ha davvero dato un volto nuovo alle piante.
Questa è la zona di Kairouan, al centro della Tunisia, zona molto irrigata, con nuovi impianti in allestimento, anche intensivi e super intensivi, e con qualità che migliorano continuamente.
Il Portogallo potrebbe ripetere le performances dell’anno scorso.
Ormai il paese lusitano propone come target medio 150/180mila tonnellate, non escludendo quest’anno anche le 200mila tonnellate.
La Grecia prevede una raccolta intorno a 300mila tonnellate. Ha piovuto bene tutto l’inverno e primavera, con nevicate pure a Creta che garantiscono acqua pure per l’inizio dell’estate.
Nell’isola di Creta, che negli ultimi due anni ha viso drasticamente ridotta la quantità ed anche la qualità degli oli. Adesso la situazione è nettamente migliorata, per una isola che da sola può concorrere con una produzione sino a 140mila tonnellate. Quest’anno se ne aspettano intorno a 100.000.
La piana di Sitia, una delle migliori zone per la produzione di extra vergini
Uno sguardo sulla Turchia.
La campagna olivicola 2024/25 ha rappresentato una stagione eccezionale per le quantità prodotte in Turchia.
Il paese, che ha vissuto negli ultimi anni alterne fasi di blocco delle esportazioni per la merce alla rinfusa, anche per la prossima raccolta dovrebbe segnare ottimi risultati, sebbene inferiori a quest’anno. Parliamo di un 60/70% rispetto a quanto ottenuto quest’anno. Le aree sono eterogeneamente dotate di buona fioritura, anche qui con minor carico dove in precedenza si era ottenuto il pieno carico.
Consideriamo, ad oggi, una stima di circa 250mila tonnellate, come sempre da rivedere a mano a mano che la campagna si evolve e con il trascorrere dell’estate che accompagna al pieno sviluppo e poi alla maturazione le olive. Un punto interrogativo è costituito dai riporti di merce: il paese attualmente ha prezzi interni superiori a quelli comunitari e trova grandi difficoltà nell’export.
In ultimo il Marocco. Dopo un paio di anni con produzioni modeste per la siccità, quest’anno le cose sono migliorate parecchio. Si pensa a 140-150mila tonnellate di olio. Questo paese però ha un a forte componente di consumo interno (intorno a 140mila tonnellate, infatti questi ultimi due anni lo ha viso importare prodotto specie dalla Tunisia); pertanto in ogni caso sarà poco apprezzabile la quota verso l’export alla rinfusa.
Spero di avervi dato un quadro sintetico ma chiaro di come le cose stanno evolvendosi.
In definitiva, una raccolta mondiale che supererà di parecchio i tre milioni di tonnellate, cioè tre milioni e mezzo e forse più.
Non dimentichiamo però le insidie dell’estate e gli attacchi patogeni, tutto può cambiare.
Ma, come detto prima, questo sarà tema del confronto quotidiano di tutte le parti coinvolte nel mondo oleario, da domani sino a quando l’olio sarà nelle posture dei frantoiani.
Grazie dell’attenzione.
In apertura, foto Consorzio Dop Riviera Ligure; nel corpo dell’articolo, i grafici sono da attribuire, per i prezzi, a InfaOliva, mentre per le curve della produzione e del consumo, al Consiglio Oleicolo Internazionale
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