Economia

Cosa fa l’agente vigilatore per tutelare gli oli Dop e Igp

Intervista a Giorgio Lazzaretti. Sui social, nei siti web e in market place si assiste spesso alla commercializzazione di oli presentati attraverso un’origine locale ma senza che sia garantita provenienza tracciabilità, qualità e autenticità. Per contrastare tali fenomeni di usurpazione, imitazione o evocazione delle attestazioni di origine, diventa fondamentale l’attività di vigilanza. Ecco, nel dettaglio, in cosa consiste tale operazione di controllo con (oppure senza) la qualifica di pubblica sicurezza

Luigi Caricato

Cosa fa l’agente vigilatore per tutelare gli oli Dop e Igp

Giorgio Lazzaretti non è soltanto il direttore del Consorzio dell’olio Dop Riviera Ligure. Ricopre anche un altro ruolo, quello di agente vigilatore degli oli Dop e Igp con qualifica di Pubblica sicurezza. Un ruolo delicatissimo, per via delle funzioni che è chiamato a svolgere. Lo abbiamo incontrato per capire in cosa consista questa figura e perché è tanto necessaria e utile.

Lazzaretti, non solo direttore di Consorzio, ma anche agente vigilatore…

Sì, il mio contratto di lavoro dipendente con il Consorzio di tutela prevede lo svolgimento delle mansioni di direttore e di agente vigilatore. I Consorzi di tutela nel settore agroalimentare in Europa hanno una normativa specifica che ancora per alcune settimane è il Regolamento (UE) 1151 del 2012. Infatti, lo scorso 28 febbraio il Parlamento Europeo ha approvato il nuovo Regolamento delle Indicazioni Geografiche (IG), un vero e proprio testo unico che raggruppa per la prima volta tutte le produzioni IG (agroalimentare, vino e bevande spiritose): ne è prevista entro fine aprile 2024 la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Nel nuovo testo unico vengono rafforzate ancora di più le funzioni e le attività dei gruppi di produttori, in Italia i Consorzi di tutela, che avranno maggiori e migliori responsabilità, come la lotta alle pratiche svalorizzanti e che godranno di maggior sostegno nella protezione on line e della evocazione della produzione tutelata. Sono molto ampi i campi di attività di un consorzio di tutela: contribuire a garantire la qualità, notorietà e autenticità dei prodotti, adottare provvedimenti tesi a garantire la protezione giuridica adeguata della Dop/Igp, sviluppare attività di informazione e promozione, adottare le misure per la valorizzazione dei prodotti. L’attività di vigilanza sul mercato consiste più nello specifico nel contrastare fenomeni come l’usurpazione, l’imitazione o l’evocazione della Dop/Igp tutelata e nell’agire per salvaguardare la produzione da atti di concorrenza sleale, contraffazioni, uso improprio della denominazione e altri comportamenti che sono in contrasto con la normativa.

Riguardo alle attività di controllo, esiste un albo con due distinte figure: l’agente vigilatore semplice e l’agente vigilatore con qualifica di PS. Cosa occorre fare per assumere questi ruoli e qual è la differenza tra le due figure?

Per svolgere l’attività di vigilanza il Consorzio di tutela di un prodotto Dop/Igp deve essere riconosciuto dal Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. A tale fine deve aver ricevuto l’approvazione del proprio statuto, ed eventuali successive modifiche, e aver superato la verifica ministeriale sulla rappresentatività della filiera. Il Ministero verifica infatti che la produzione consortile sia superiore a due terzi della produzione controllata dall’organismo di certificazione, emanando il decreto di riconoscimento del Consorzio che ha durata triennale. Il Consorzio presenta quindi al Ministero dell’Agricoltura l’istanza di riconoscimento del proprio agente vigilatore con la relativa documentazione che, una volta verificata, il Ministero trasmette alla Prefettura territorialmente competente per la convocazione dell’interessato ai fini del giuramento. Al termine del percorso vi è l’emanazione del decreto prefettizio con il quale viene conferita alla persona incaricata la qualifica di agente di pubblica sicurezza. Con questa qualifica l’Agente vigilatore può direttamente e autonomamente accertare gli illeciti amministrativi e applicare le sanzioni amministrative. La vigilanza svolta dall’agente vigilatore, con (oppure senza) qualifica di P.S. è di rilevante importanza, perché permette di interagire con gli altri organi vigilatori dello Stato nella tutela della qualità del prodotto Dop/Igp. Ogni anno il Consorzio di tutela riconosciuto presenta al Dipartimento Ispettorato Controllo Repressione Frodi del Ministero il programma di vigilanza che sarà attuato attraverso i propri agenti vigilatori, con verifiche ispettive nei punti vendita e monitoraggio nel commercio on-line. La decisione di dotare l’agente vigilatore della qualifica di agente di pubblica sicurezza è una libera scelta del Consorzio di tutela. La differenza tra le due figure è che l’agente vigilatore senza qualifica di P.S. non presta giuramento in prefettura e non può comminare sanzioni per contrastare illeciti amministrativi. Può solo presentare agli organismi di vigilanza le segnalazioni delle constatazioni effettuate che reputa in contrasto con la normativa. È istituito presso il Ministero l’Albo nazionale degli agenti vigilatori e degli agenti vigilatori con qualifica di P.S. Oggi in Italia sono riconosciuti 170 Consorzi di tutela di prodotto Dop/Igp su un totale di 321 Consorzi.

In tutti questi anni di vigilanza, qual è lo scenario che si è presentato? Quali sono le anomalie ricorrenti riscontrate? Come si possono giudicare gli oltre tre decenni di produzioni con origine certificata?

Dopo ventidue anni di attività posso dire che sono sempre più marginali le etichette non rispettose della normativa. È tuttavia sempre presente una non corretta presentazione degli oli di oliva in commercio, sia nei luoghi fisici, sia on line, che purtroppo si è rafforzata con la diffusione delle informazioni sui social. E questo crea un grave danno agli oli dei territori, gli oli dei produttori che facoltativamente e volontariamente si sottopongono a controlli per rivendicare il legame dell’olio con il rispettivo territorio locale. Sui social e on line, nei siti web di aziende o in market place, assistiamo alla commercializzazione di oli presentati attraverso un’origine locale, che invece è riservata solo agli oli Dop/Igp, in virtù di un disciplinare di produzione e di un piano di controllo che garantisce, origine, tracciabilità, qualità, autenticità. Queste situazioni sono in contrasto con la normativa comunitaria eppure sono diffuse, persino nella comunicazione sui media. Ciò reca un grave danno alla filiera perché non permette di affermare la distintività del prodotto veramente legato al territorio e ancor di più arreca un grave danno al consumatore, creando confusione sul mercato, non permettendo lo sviluppo di una “vera” domanda di oli dei territori. È un percorso opposto a quello virtuoso avvenuto nel mondo del vino, dove non si parla più di varietà, che si possono piantare ovunque, ma di denominazioni, di indicazioni geografiche, ossia di luoghi che nessuno può rubare.

Insieme alla mancanza di un percorso condiviso da parte di tutti gli attori della filiera è questa comunicazione generalista una delle ragioni che frenano lo sviluppo degli oli Dop/Igp che oggi sono cinquanta, ma che continuano ad essere la cenerentola delle produzioni Dop/Igp nazionali. Eppure, gli oli Dop/Igp rappresentano la sostenibilità ambientale, economica e sociale nei loro territori: ne è un esempio l’olio Riviera Ligure Dop con i suoi diciassette anni di Patto di filiera, strumento nato per tutelare l’anello più debole della filiera, gli olivicoltori.

Abbiamo una grande responsabilità nel raccontare l’olio di oliva. Assumiamola tutti insieme per il bene di tutto il comparto olivicolo – oleario.

Il giudizio sui circa venticinque anni di oli IG è in chiaroscuro. Da un lato ha portato a un miglioramento qualitativo della produzione olivicola – olearia, indicando una strada per gli oli di qualità che, seppure con difficoltà viene sempre più percepita sui territori e nel commercio. Dall’altro ha dimostrato che il percorso per la valorizzazione degli oli dei territori, quelli che difendono il paesaggio, sostengono le comunità locali proponendo al consumatore le specificità qualitative degli oli della nostra penisola, è lento. Occorre proseguire con maggiore velocità su questa strada perché ritengo che possa portare beneficio a tutto il comparto, a tutti gli altri oli rivitalizzando la filiera olivicola – olearia nazionale. L’olio extra vergine di oliva merita di più.

È possibile leggere questa intervista, oltre ad altri contenuti a tema Dop e Igp, anche sul numero monografico 18 di OOF Magazine.

In apertura, foto di Olio Officina

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