I numeri, e le prospettive, del comparto olive da tavola in Italia
Ciò che emerge dal bilancio finale del settore è un chiaro deficit della produzione italiana rispetto al bisogno interno. Le aziende, secondo il massimo esperto di olive da mensa, Roberto De Andreis, non hanno esperienza. L’importazione dai principali Paesi – Spagna, Grecia e Egitto – si rivela così una delle soluzioni più adottate

Roberto De Andreis è noto a tutti per essere il massimo esperto di olive da mensa. La sua esperienza si traduce anche in due preziosi volumi, tra l’altro editi da Olio Officina. Il primo, incentrato proprio sulle olive e sulla loro valutazione sensoriale, L’assaggio delle olive da tavola, l’altro, il più recente, scritto insieme con Alessandro Giacobbe, Storia della Taggiasca. De Andreis ha partecipato con varie sessioni di assaggio alle edizioni di Olio Officina Festival e abbiamo chiesto a lui un parere sui numeri forniti dal Ministero dell’Agricoltura.

Roberto De Andreis. Foto di Gianfranco Maggio
Come valuta i numeri diffusi dal Ministero?
Il quadro che emerge parla chiaro. A fronte di un consumo interno di 132.000 tonnellate di olive da tavola, con una produzione nazionale di 90.000 tonnellate, l’Italia si vede costretta a importare da Spagna, Grecia e Egitto circa 70.000 tonnellate di prodotto per soddisfare i bisogni della popolazione.
Secondo lei cosa c’è, rispetto a questi dati, che non funziona nel settore delle olive da tavola in Italia?
In Italia non vi sono molte aziende che producono e confezionano olive. Marchi importanti, spesso, importano direttamente il prodotto confezionato – in particolare dalla Spagna – etichettato con il proprio nome e pronto quindi al consumo.
Saremo sempre deficitari e di conseguenza costretti a importare prodotto?
Sinceramente, credo di sì.
Perché in Italia, nonostante i prezzi siano più che remunerativi, in pochi sfruttano questo valore commerciale delle olive da tavola? Perché molti tendono a ricavare solo l’olio e non curare gli aspetti delle preparazioni delle olive da tavola?
Un grande problema del nostro Paese è la mancanza di esperienza nel settore: produrre olive da tavola è molto più complicato che produrre olio da olive.
In ultimo, il consumatore contemporaneo riesce a riconoscere la qualità o si accontenta di una qualsiasi oliva che gli viene proposta?
Il consumatore, purtroppo, non ha nessuna conoscenza del prodotto. Se negli ultimi trent’anni la comunicazione nel mondo oleario è nettamente migliorata, nel caso delle olive da tavola i passi compiuti sono stati minimi, o quasi inesistenti. Bisognerebbe iniziare a parlarne in modo più incisivo, realizzando corsi sia tecnici, per eventuali operatori del settore, sia divulgativi, soprattutto per chi lavora con la materia prima quali ristoratori e chef, ma anche per i consumatori, in modo che siano più consapevoli delle proprie scelte.
A seguire, la tabella riportante i dati raccolti nel periodo di dodici mesi, dal 1 settembre 2021 al 31 agosto 2022.
In apertura, foto di Olio Officina©
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