Economia

Identikit dei mercati oleari

In Sud Africa lo sviluppo del mercato oleario ha trainato la produzione locale e il consumatore manifesta una spiccata preferenza per gli oli più delicati. In Australia si segnala un progetto che intende colmare lacune, eliminare idee scorrette ed educare al giusto utilizzo dell’olio. Infine, secondo uno studio coordinato da Wendy White si scopre che un’insalata senza olio ridurrebbe la possibilità di beneficiare delle sostanze contenute nelle verdure. Questo e altro ancora nella rassegna stampa internazionale della settimana

Mariangela Molinari

Identikit dei mercati oleari

Cominciamo la nostra rassegna stampa settimanale dal Sud Africa, dove secondo uno studio di ICEX España Exportación e Inversiones negli ultimi anni l’olio di oliva e le olive stesse hanno conosciuto segnali positivi. Lo sviluppo del mercato ha trainato la produzione locale, che oggi ne rappresenta il 70%, mentre il restante 30% dell’offerta è costituito da oli importati, in primo luogo da Spagna, Italia, Portogallo e Grecia.
Caratteristica del settore è la sua spiccata concentrazione, tanto che il 10% delle realtà locali garantisce il 90% dell’olio disponibile sugli scaffali, lasciando così solo il 10% ai produttori più piccoli. In quanto alle varietà di oliva, tra le più utilizzate figurano koroneiki, barnea, ascolana, coratina, frantoio, leccino, arbequina e hojiblanca.
In ogni caso, che siano locali o d’importazione, secondo il trend evidenziato dallo studio l’olio di oliva va progressivamente sostituendo altri grassi di origine animale o vegetale anche con la complicità di una maggiore attenzione a stili di alimentazione più sani. Ciononostante, resta consistente la fetta di popolazione che ancora non lo conosce o non lo ha inserito all’interno delle proprie abitudini alimentari, anche perché al di sopra delle proprie possibilità d’acquisto. Se tra la maggior parte dei consumatori, inoltre, non è infrequente una certa confusione tra oli spagnoli, italiani e greci, negli ultimi anni i prodotti spagnoli possono comunque vantare una certa penetrazione del mercato e l’acquisizione di notorietà presso i professionisti dei fornelli.
In quanto ai canali distributivi, le grandi catene esibiscono una gamma variegata di oli e olive nei punti vendita con un target medio-alto, mentre in quelli di fascia bassa o collocati nelle zone rurali la presenza dell’olio di oliva è ancora scarsa, a dimostrazione di come continui a essere percepito come un prodotto di lusso, da utilizzarsi esclusivamente per il condimento di piatti speciali e non in cottura. Infine, per quanto riguarda il gusto, secondo ICEX il consumatore sudafricano non sarebbe ancora in grado di distinguere le differenze tra le diverse varietà e dimostrerebbe una spiccata preferenza per quelle più delicate.

Dal Sud Africa passiamo all’Australia grazie a olivebiz.com.au, dove si rende noto un programma educativo o, per meglio dire, di diffusione della conoscenza dell’olio extra vergine di oliva, denominato Olive Oil Food Service Program. Con il supporto di Hort Innovation Olive Fund e il coinvolgimento di Nutrition Australia (associazione che punta a promuovere un’alimentazione e uno stile di vita salutare), il progetto biennale intende colmare lacune, eliminare idee scorrette ed educare al giusto utilizzo dell’olio, rivolgendosi in particolare alle scuole alberghiere e ai giovani chef. Tra i preconcetti da correggere figura, per esempio, la convinzione che l’olio evo si possa utilizzare esclusivamente a crudo e che tutti gli extra vergine presentino caratteristiche organolettiche simili.

Torniamo in Spagna, dove sul sito evcata.es della Scuola Superiore dell’Olio di Oliva vengono riportati i risultati di Predimed (Prevención con Dieta Mediterránea), uno studio che ha coinvolto 7.447 partecipanti (uomini e donne) con almeno tre fattori di rischio cardiovascolare (ma che non soffrivano ancora di patologie cardiovascolari conclamate) e che è stato ripreso proprio in questo mese di ottobre dedicato alla prevenzione del tumore al seno. Tra i tanti benefici di una dieta mediterranea e, in particolare, del consumo di olio di oliva, infatti, figura anche la riduzione fino al 68% del rischio di tumore alla mammella. Dopo oltre 10 anni di ricerca, lo studio, pubblicato in dettaglio su Jama Internal Medicine Journal, ha dimostrato che le donne che avevano consumato circa quattro cucchiai da tavola di olio di oliva al giorno hanno ridotto di oltre il 50% il rischio di tumore. Non solo. È stato anche provato che l’utilizzo costante di olio evo nella propria dieta può diminuire il livello di malignità di un tumore. Se finora, dunque, era stato semplicemente osservato un inferiore grado d’incidenza di questa patologia nell’area mediterranea rispetto ad altri Paesi, ora lo studio ha individuato nell’olio di oliva un ruolo significativo nella sua prevenzione.

Restiamo nell’ambito della ricerca e dei benefici dell’olio di oliva per il nostro organismo con Olive Oil Times, che riporta uno studio pubblicato su The American Journal of Clinical Nutrition, in cui si mostra come i principi nutritivi contenuti nel cibo lavorino in modo sinergico: le giuste combinazioni, dunque, si dimostrerebbero più benefiche ed efficaci rispetto ai diversi alimenti consumati singolarmente. In particolare, secondo Wendy White, la docente di scienza dell’alimentazione che ha coordinato la ricerca, mangiare un’insalata senza olio ridurrebbe la possibilità di beneficiare delle sostanze contenute nelle verdure. L’olio di oliva, infatti, accresce l’assorbimento di ben otto micronutrienti, compresi quattro carotenoidi: alfa e beta-carotene, licopene e luteina, ma anche della vitamina K e di due forme di vitamina E, e facilita l’assorbimento della vitamina A, di cui alfa e beta-carotene sono precursori. Un buon condimento, dunque, rende più fruibili le proprietà dei singoli ingredienti. Resta inteso, però, che non è il caso di esagerare: White raccomanda di attenersi alle linee guida che prevedono due cucchiai da tavola di olio al giorno. È fondamentale, comunque, che sia olio d’oliva. Secondo Joseph Mercola, infatti, che ha preso parte allo studio, l’olio di soia, per esempio, sarebbe sconsigliabile, dal momento che contiene acidi grassi altamente processati che potrebbero facilitare stati infiammatori. Di contro, l’olio di oliva, ricco di antiossidanti e vitamine, ha proprietà antinfiammatorie che riducono il rischio di malattie croniche, diabete e disturbi cardiovascolari in primis.

Infine, ancora su Mercacei viene tracciato un identikit del mercato tedesco dell’olio d’oliva, che, nonostante occupi il terzo posto nella classifica dei grassi vegetali più consumati in Germania, si mantiene saldamente in testa alla graduatoria sia a valore sia a volume nel segmento del biologico.
In base ai dati di ICEX España Exportación e Inversiones, infatti, nel 2016 nel Paese sono state consumate 5.075 tonnellate di olio di oliva bio, per un valore complessivo di 39,4 milioni di euro, risultato di un costante trend di crescita, quantificabile in un +147% a volume e +144% a valore rispetto al 2012.
Non potendo contare su una produzione propria, tutto l’olio di oliva consumato in Germania è d’importazione: l’import totale ha raggiunto nel 2016 le 72.734 tonnellate (+1,84% rispetto all’anno precedente), per un valore di 305,7 milioni di euro, e vede al primo posto l’olio vergine di oliva, che ne rappresenta l’85,4%.
L’Italia resta il principale fornitore, con una market share del 66,4% a volume e del 67,2% a valore, seguita dalla Spagna, con 14.729,4 tonnellate esportare, pari a un valore di 53,9 milioni di euro, grazie alla crescita del 32,4% a volume e del 32,8% a valore registrata nel 2016.
I consumi pro capite, comunque, si mantengono contenuti. Sempre nel 2016, infatti, si calcolavano 0,8 litri: una cifra che secondo ICEX si lascia spiegare dall’utilizzo ancora prevalente di salad dressing e dai prezzi più elevati dell’olio di oliva rispetto ad altri oli vegetali.

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