Investire sui giovani per un’agricoltura più competitiva
Sono i “veri protagonisti del futuro” ha recentemente affermato il ministro delle Politiche agricole, Francesco Lollobrigida, nell’ambito del Question Time alla Camera dei deputati. Il settore ha bisogno di figure competenti e adeguatamente formate per poter affrontare le sfide del domani attraverso una visione sostenibile delle pratiche da adottare. «Lavorare in questo ambito – prosegue - può essere ora, e dovrà essere in futuro, un’occasione di crescita da molti punti di vista, compreso quello economico»

Riportiamo integralmente l’intervento del ministro delle Politiche agricole, Franesco Lollobrigida, al Question Time svoltosi lo scorso 24 maggio in merito al rapporto tra i giovani e l’agricoltura, così come l’importante tema della sostenibilità.
«Grazie onorevole Colucci, ringrazio tutto il gruppo per aver proposto un quesito di interesse generazionale e di interesse per questo anche generale. Vorrei partire da alcuni numeri.
L’occupazione in agricoltura conta circa 1,2 milioni di lavoratori; il 90% sono rapporti di lavoro a tempo determinato per un totale di 121 milioni di giornate di lavoro.
Durante il click day – giorno di apertura delle richieste di forza lavoro da parte dei settori produttivi sulla base delle quote previste dal decreto flussi – sono pervenute oltre 120.000 domande prevalentemente provenienti prevalentemente dal settore agricolo, ma solo 44.000 sono state soddisfatte.
Nel 2023 la richiesta di manodopera da parte delle imprese agricole è di circa 100.000 lavoratori stagionali. Si tratta di lavoratori indispensabili per dare continuità alla produzione agricola.
La constatazione è evidente: esiste una richiesta di manodopera da parte del settore agricolo che resta insoddisfatta. Credo, allora che chi oggi non è occupato e spesso manca di formazione scolastica adeguata, come molti denunciano, per inserirsi nel mercato del lavoro tanto da dover ricorrere a sussidi di Stato possa guardare con interesse al lavoro agricolo. Ritengo, anzi, che per loro sarebbe un modo di entrare – o rientrare – nel mondo del lavoro dalla porta principale.
Qui, infatti, il ragionamento si amplia e coinvolge la visione del lavoro agricolo; una visione che non può essere quella retrograda e vergognosa – e fin troppo abusata – di un lavoro umiliante, faticoso e poco remunerato. Non è così. Il lavoro agricolo è oggi una grande opportunità di sviluppare idee, di mettere in gioco le proprie capacità, di conseguire guadagni. Un lavoro fatto sì di braccia, ma anche e soprattutto di competenze.
È necessario, tuttavia, che i nostri giovani siano adeguatamente formati per poter affrontare questa sfida e ringrazio per questo gli Istituti Agrari più di ogni altro. Il nostro investimento sui giovani – “i veri protagonisti del futuro” – sarà importante e decisivo.
Per questo, riteniamo che la proposta che il presidente Meloni ha rilanciato nel Vinitaly, per cui si è lavorato anche nel nostro comune programma elettorale, quindi sostenuto dalla volontà popolare, è il Liceo del Made in Italy sul quale investiremo, con sempre maggiore attenzione a tutte quelle grandi potenzialità che sono insite con la nostra fortunata nascita in questa Nazione.
Altre misure rivolte ai giovani sono già state adottate. Ricordo, in particolare, la misura denominata “Generazione Terra”. Si tratta di mutui agevolati concessi da Ismea ai giovani imprenditori agricoli di età non superiore a 41 anni che intendano avviare una propria iniziativa imprenditoriale nell’ambito dell’agricoltura, per ampliare la superficie della propria azienda mediante l’acquisto di un terreno, confinante o funzionalmente utile con la superficie già facente parte della propria azienda agricola o per l’acquisto di un terreno già in affitto. Nell’ultima legge di bilancio, inoltre, è stato previsto il nuovo contratto di lavoro occasionale subordinato nel settore agricolo.
Tale strumento contrattuale può essere utilizzato anche da giovani con meno di venticinque anni di età, se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di settore. Si tratta di uno strumento particolarmente vantaggioso considerato che il compenso è esente da qualsiasi imposizione fiscale.
Può essere un modo per i giovani per un primo approccio con il mondo agricolo, per conoscere un mondo particolarmente stimolante e produttivo.
Lavorare in agricoltura, in una filiera sempre più equa in termini di distribuzione del valore della produzione, della trasformazione e la distribuzione del prodotto italiano, può essere ora, e dovrà essere soprattutto in futuro, un’occasione di crescita da molti punti di vista, compreso quello economico.
Voglio sottolinearle che sul decreto della condizionalità probabilmente in molti si sarebbero salvati dallo sfruttamento se l’aveste approvato voi invece di farlo approvare a me come primo provvedimento che ho avuto l’onore di firmare appena mi sono insediato, con i colleghi Calderone e il Ministero degli Interni.
La ringrazio comunque dell’opportunità che mi dà, di chiarire il mio pensiero a chi lo ha strumentalizzato e spiegare le ragioni a chi non le ha proprio capite. Numerosi settori produttivi, come quello della sanità, edile, alberghiero e della ristorazione, oltre al settore agricolo, denunciano una carenza di forza lavoro; valgono i numeri del click day più di ogni altra considerazione: le domande previste sono state 238.335, soddisfatte solo per un terzo dalla quota prevista dal decreto flussi.
Questi dati fanno rilevare in maniera oggettiva che in Italia esiste una consistente offerta di lavoro regolare, quella che viene pagata. Quella che lei sottolineava è quella irregolare, che va condannata e perseguita dalle leggi penali, ma quella di cui parliamo è quella regolare.
Nel contempo, però, centinaia di migliaia di cittadini italiani percepiscono come lei ricordava il reddito di cittadinanza giustificato esclusivamente dall’assenza di offerta lavoro, cioè possono lavorare ma dicono che non c’è lavoro.
Una parte della politica, da un lato, auspica l’ampliamento dei flussi al fine di coprire con l’immigrazione la predetta richiesta, dall’altro, sostiene che i percettori di reddito, che siano abili al lavoro, non possano occupare le posizioni lavorative disponibili e, addirittura, che la maggior parte di loro non sia in condizione di trovare lavoro per mancanza di scolarizzazione o di formazione adeguata. Cioè, la difficoltà a trovare lavoro perché non scolarizzati.
Delle due l’una colleghi: o le offerte di lavoro delle quali parliamo sono da considerarsi “indegne”, come lei descriveva per alcune di esse, e se lo fossero per coloro che si dicono pronti a rubare in assenza di reddito di cittadinanza dovremmo affermare che noi, quando apriamo i decreti flussi, non importiamo forza lavoro da integrare nel tessuto sociale e produttivo, come dobbiamo fare, ma nuovi schiavi.
Io, però, mi rifiuto di pensare e di prendere in considerazione in Italia un’idea indegna come questa. Oppure si tratta di lavoro più che degno, che attribuisce a chi lo svolge un ruolo sociale, senza gravare sulle spalle di chi lavora, immigrato o cittadino italiano, sacrificandosi e pagando le tasse.
È ovvio che nessuno può né vuole obbligare chi non vuole scegliere queste occupazioni lavorative disponibili a farlo per soddisfare le sue necessità, ma allo stesso modo, nessuno può pretendere che alla sua legittima scelta corrisponda il diritto di percepire un sussidio sulle spalle di chi decide di contribuire alla crescita economica della Nazione in linea con la Costituzione italiana.
Questo non ce lo possiamo proprio permettere.
Rammento, inoltre, come sottolineato dallo stesso Onorevole interrogante, che il nostro Governo, tra i primi atti, ha adottato il decreto interministeriale contenente le norme per l’applicazione in ambito nazionale della condizionalità sociale e, successivamente, con decreto legislativo, approvato definitivamente durante il Consiglio dei Ministri svoltosi a Cutro, simbolicamente, ha elaborato il sistema sanzionatorio per la violazione delle disposizioni europee in materia di condizionalità sociale, aggravando le pene, oltre quelle penali, anche dal punto di vista economico.
È ora stabilito che nessun contributo collegato alla Pac possa essere concesso a coloro che violano le norme di contrasto al caporalato, che noi consideriamo uno sfruttamento indegno e ingiustificabile dei lavoratori. E’ rimesso alle autorità competenti in materia di applicazione della legislazione sociale (Ispettorato nazionale del lavoro, vigili del Fuoco, Ministero della Salute e Regione nei rispettivi ambiti di competenza) il compito di vigilare sul rispetto di tali disposizioni.
Continueremo su questa strada, promuovendo il lavoro regolare e combattendo senza sosta coloro che sfruttano i lavoratori. La ricchezza, però, mettetevelo in testa se vorrete, per essere distribuita va creata.
Se noi non creiamo ricchezza quando si ridistribuisce si svendono i beni di famiglia, e l’Italia lo ha fatto negli anni passati svendendo asset strategici, oppure ci si indebita, e l’Italia l’ha fatto negli anni passati. Ora noi, questo governo, il Governo Meloni, pensa di investire sulle imprese per creare lavoro. far crescere la nostra economia. creare ricchezza e quindi poterla ridistribuire per i più deboli, anche e soprattutto quelli che non possono lavorare che vanno aiutati più di quanto lo si sia fatto in questi anni».
In apertura, foto di Olio Officina©
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