L’attuale realtà agricola
Partiamo da una lettera che una ragazza francese di 21 anni ha scritto al proprio genitore: “Papà, come facciamo ad avere ancora voglia di continuare se vediamo com’è il mondo agricolo oggi? Dimmi? Ti vedo lavorare tutti i giorni senza mai lamentarti. Proviamo a trovare soluzioni nuove, ma invano”. Ecco, in Italia c’è invece chi sostiene che i giovani corrano a fare gli agricoltori. Dobbiamo crederci?
Quella che segue, è una lettera che una ragazza di 21 anni, Julie Marsot, figlia di un allevatore francese dell’Alta Saona, in Francia, indirizza al proprio padre. Dunque, per intenderci: si parla di un’agricoltura più florida e più professionale di quella praticata in molte nostre aziende. Non solo, c’è da osservare che in questa letera si fa riferimento a una attività agricola che solo vent’anni fa faceva, delle aziende zootecniche, le più capitalizzate.
Papà,
come facciamo ad avere ancora voglia di continuare a voler continuare, allorchè vediamo com’è il mondo agricolo oggi? Dimmi?
Sono ormai molti anni che tu metti l’azienda davanti a tutto, che tu ti batti per provare a fermare il declino che stiamo vivendo, sei arrivato a non prelevare più il tuo salario dai ricavi dall’azienda, che comunque produce cibo per gli altri.
Lo so che tu ti batti per l’azienda, ma nei fatti ti batti per noi, cioè per noi tre affinché continuiamo in ciò che le generazioni dei nostri progenitori hanno costruito preziosamente. Tu lo sai bene che io sto male per te.
Ti vedo lavorare tutti i giorni senza mai lamentarti. Proviamo a trovare soluzioni nuove, ma invano.
Proviamo a esserti vicino perché vediamo che le cose non vanno, anche se tu non ne parli.
Non posso lasciarti tutto solo e che tutto finisca come per tanti altri agricoltori che hanno voluto battersi in solitudine e che si sono suicidati per non esserci riusciti.
Siamo una famiglia e non la voglio perdere a causa della crisi del latte e per la quale quelli che dovrebbero farlo non si battono per noi.
Abbiamo tutte frequentato le tre scuole agricole, la più grande lavora già in azienda con noi come salariata, la seconda ha finito la scuola superiore ed è partita a lavorare altrove, in quanto qui è impossibile farlo.
Io, in mezzo a tutto ciò, cosa farò?
Non so cosa fare. Non ho più motivazioni e ancora meno interesse…
Ho paura del mio avvenire. Ho passione per le vacche, ma cosa si può fare?
L’azienda ha sempre avuto della vacche lattifere, e amiamo mungere, ma purtroppo sempre con meno entusiasmo da quando noi vendiamo il latte in perdita… a 25 centesimi al litro di latte, allorché ci costa 33 centesimi per ottenerlo.
Così non possiamo andare molto lontano.
Vogliamo da sempre delle belle vacche, scegliere ottimi tori per l’inseminazione artificiale, ma oggi con la congiuntura siamo obbligati a ridurre il ricorso a quanto detto prima ed allevare un toro nostro per la mandria.
E’ tutto il nostro lavoro che è rimesso in discussione, a causa di questa crisi.
Dimmi, Papà, che cosa facciamo?
Julie
Ecco, nel pianeta Coldiretti, e del non-ministro Martina, si insiste con il dichiarare che in Italia “tutto va bene, madama la marchesa”, anzi si sostiene che i giovani corrono a fare gli agricoltori.
Che ci siano forse due Italie? Quella dei burocrati di via XX settembre (la sede del Ministero), di palazzo Rospigliosi (la sede di Coldiretti) e del guru Carlin Petrini e quella, invece, reale, dove si pesta veramente la terra, come nel caso della lettera riportata?
Julie Marsot, felice, due anni fa, insieme con una vacca e i suoi genitori
In apertura foto di Luigi Caricato
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