L’etichetta racconta
Vestire l’olio extra vergine di oliva di una storia è una grande una scommessa. In Umbria l’esperienza di Giuseppe Gallo, pittore e scultore, si mescola con quella dell’agronomo e paesaggista Maria Cristina Leonardi. “La materia prima di cui ci occupiamo - dicono - è la natura”
Un’etichetta può continuare a mostrare oppure dar vita a un racconto. L’etichetta dell’olio extravergine di oliva biologico Gallo fa parte della seconda specie.
La figura rossa che campeggia su un fondo astratto, appena sporcato di celeste e rosa, potrebbe essere quella di un remoto antenato o avere a che fare con l’idea stessa di uomo.
A favore della seconda ipotesi insistono tre dettagli: lo sguardo abbassato, sovrappensiero; la gamba destra che accenna non un passo in avanti, ma di lato, lo stesso gesto che in ogni cultura indica il primo movimento della danza e, infine, un gallo, posato sulla linea curva dell’orizzonte a meno che non si tratti di uno scudo o di un arco. È lui che fa alzare l’alba e giudica per tre volte gli incerti. Un olio, insomma, metaforicamente dedicato alle opere e ai giorni, alla danza delle ore.
L’arte di osservare
E qui, in Umbria, tra i colli Martani, a cinquecentocinquanta metri d’altezza, l’opera di Giuseppe Gallo, pittore e scultore, si mescola con quella dell’agronomo e del paesaggista, con l’opera di Maria Cristina Leonardi, una donna dell’olio.
«Siamo arrivati ventisei anni fa – racconta Leonardi – e allora come adesso sono convinta che il mestiere dell’agronomo non può prescindere dall’esperienza del paesaggista, la scienza agraria dalla botanica, la chimica del suolo dalla bellezza. Il modo più naturale per tenerli insieme è di essere anche imprenditrice agricola».
L’arte da cui dipendono l’agronomo, il paesaggista e il contadino, è l’arte di osservare e «senza questa capacità mimetica – continua Leonardi – senza questo impegno continuo, non ti avvicini al campo, all’orto, al giardino e al paesaggio che lo contiene; non puoi cogliere il punto di equilibrio tra ciò che vedi e ciò che immagini.
«La materia prima di cui ci occupiamo è la natura, una cosa viva, cangiante e ciclica. Osservarla con scrupolo è il minimo che possa chiederci in cambio». È con questo spirito che Maria Cristina Leonardi affronta sia le fatiche dell’uliveto sia la sistemazione di un parco o il progetto di un orto. La sicurezza di aver ben lavorato è che qualcosa rifiorisca e dia frutto. Ma l’ordine aggiunto, rivelato o ripristinato non serve solo ad aiutare la nascita e la maturazione, ma anche la contemplazione, in modo che vengano finalmente riuniti il buono e il bello. Solo così il genius loci, l’anima di un luogo, può continuare a manifestarsi.
La conserva della neve
Se in veste di imprenditrice agricola il risultato ottenuto da Maria Cristina Leonardi è un olio fruttato intenso, estratto a freddo in ciclo continuo e certificato bio, prodotto da olive frantoio, moraiolo e leccino, colte a mano, nei panni di paesaggista il tema dominante sono le piante e attraverso queste la biodiversità e l’archeologia arborea.
A tal punto che, insieme a Lusi Mesbitt, ha ideato La conserva della neve, un incontro iniziato a Villa Lante di Bagnaia e poi migrato a Roma, nel Parco dei Daini di Villa Borghese.
Il nome prende spunto dalla fossa di dieci metri per dieci in cui si ammassava la neve in modo che durante l’estate il cardinale e i suoi ospiti potessero gustare sorbetti e bevande ghiacciate.
«Da questa passione per le piante – sottolinea Leonardi – è nato qualcosa di straordinario, uno scambio virtuoso di cui andare fieri. Da quando abbiamo spostato la manifestazione a Roma, lo spazio offerto viene pagato con la messa a dimora nei giardini segreti di Villa Borghese di essenze antiche, ripopolando così una delle città più verdi d’Europa. E questo grazie alla sensibilità di Alberta Campitelli, la direttrice delle ville e dei parchi storici della capitale. La mostra mercato richiede un anno intero di preparazione e riunisce soprattutto i collezionisti, più di un centinaio di espositori italiani ed europei».
Il castagno, la via Flaminia e una scultura galileiana
Dai giardini segreti alla campagna il passo non è poi così lungo se solo consideriamo che anche il podere in cui si produce l’olio Gallo ha le sue presenze, i sui geni tutelari.
Innanzitutto, il grande castagno tra gli ulivi, poi quel pezzo di strada bianca che ricalca il tracciato della via consolare Flaminia, la vista sul borgo abbandonato di Zampani e, infine, la scultura in bronzo, Senza titolo del 2008, esposta a Roma, durante la mostra Galileo divin uomo nella chiesa di Santa Maria degli Angeli. Sette gambe di bronzo avanzano, piegandosi e sostenendo un piano inclinato. Sembrano cadere in avanti, mostrando che l’universo non ha pilastri per sostenersi, ma sta in equilibrio su un gioco di forze.
Con l’esperimento del piano inclinato Galileo definì la legge di caduta dei corpi, affermando contro la fisica di Aristotele che: «una palla d’artiglieria, che pesi cento, dugento e anco più libbre, non anticiperà di un palmo solamente l’arrivo in terra della palla di moschetto…».
Dagli studi sul pendolo e il piano inclinato, Galileo estrapolò il principio d’inerzia secondo cui, in assenza di cause esterne, un corpo in moto continua a muoversi in maniera uniforme.
Un’osservazione che rivoluziona il concetto di stato naturale dei corpi che, in assenza di cause esterne, può essere sia di quiete sia di moto. Da quel momento cambiò il copione (e per molti anche l’autore) con cui veniva messo in scena lo spettacolo del mondo.
Azienda agricola
Maria Cristina Leonardi
Località Rottomario
06056 Massa Martana (Pg)
Tel. 333.8652934
cristigallo@tiscali.it
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