Economia

L’olio extra vergine italiano in Brasile se lo possono permettere in pochi

Nonostante la cultura dell’olio sia migliorata, grazie ad alcune azioni promozionali e a supermercati che si avvalgono di esperti “azeitologi”, gli oli di altre origini con i loro prezzi più abbordabili riescono a dominare il mercato. Con un salario minimo di 1045 reais, ossia 170 euro al mese, non è facile. La cucina italiana piace, ma è complicato imbattersi in quella autentica e trovare i giusti ingredienti. Incidono tasse, dazi e alta quotazione dell’euro. Nostra intervista all'imprenditrice ed esperta di gastronomia italiana Rossella Speranza

Luigi Caricato

L’olio extra vergine italiano in Brasile se lo possono permettere in pochi

Rossella Speranza, pugliese, ha vissuto e studiato in California, dove ha conseguito un MBA in Agribusiness presso la Santa Clara University. Nel corso degli anni Novanta ha ricoperto un ruolo direttivo presso la Camera di Commercio di Bari, occupandosi di promozione internazionale e intensificando le proprie conoscenze intorno al settore agroalimentare e e la cultura del territorio, con particolare riferimento alla tradizione alimentare mediterranea.

Nel tempo ha avuto collaborazioni con diversi partner internazionali, tra i quali l’Oldways Preservation Trust di Boston e il Culinary Institute of America in California.Ha lavorato come esperto senior con il Ministero degli Affari Esteri e con la Regione Puglia per il programma di internazionalizzazione del Mezzogiorno.

Intervista a Rossella Speranza

Tutti dicono “cucina italiana, cucina italiana”, come fosse un mantra che fa bene all’anima, oltre che ai sensi corporali. All’estero è molto apprezzata. E in Brasile?

In Brasile piace tutto ciò che è italiano, pertanto i brasiliani amano anche la nostra cucina. Però a fronte di tanto interesse l’offerta gastronomica autentica è molto ridotta. La maggiore offerta la si trova a San Paolo, mentre a Rio protagonista è la cucina che ha influenze portoghesi. Purtroppo, a causa della pandemia, stanno chiudendo anche i locali storici.

A volte accade che all’estero ci si ritrovi con una alterazione della vera cucina italiana. Accade anche che siano gli stessi italiani che vivono in altri Paesi a snaturarne la tradizione gastronomica. Immagino che questo si verifichi anche in Brasile. È così?

Confermo che in Brasile non è facile trovare l’autentica cucina italiana. Io penso che questo sia dovuto anche al fatto che i prodotti importati, che sono alla base della nostra cucina in Brasile, hanno prezzi molto alti, dovuti all’incidenza di tasse e dazi. Adesso si aggiunge una quotazione dell’euro altissima.

Io, nelle mie lezioni di cucina, evidenzio sempre l’importanza degli ingredienti e oriento i miei allievi alle scelte corrette, a cominciare dall’olio extra vergine di oliva fino alla farina, alla pasta e ai pelati. Detto questo, posso affermare che io realizzo piatti italiani al 90%, in modo da rendere possibile l’esecuzione ai brasiliani.

Ad esempio il calzone di scarola lo faccio con una massa lievitata un paio d’ore, non pretendo che i miei alunni facciano la massa di pizza lievitata 24 ore, come nella ricetta originale.

Quando insegno il ragù bolognese, utilizzo solo carne bovina, perché a Rio i macellai hanno una sola macchina e non possono tritare anche quella di maiale.

La cucina italiana al 100% la si trova solo in Italia ed è per questo che organizzo anche tour enosgastronomici. L’ultimo è stato in Puglia, nel mese di settembre 2019, con sette allieve.

Da quanto tempo vivi in Brasile, a Rio de Janeiro?

Dal 2012, ma stabilmente dal 2015, perché in quell’anno ho progettato un piccolo foodtruck per fare in panzerotti pugliesi in vista dei grandi eventi come le Olimpiadi. Sono stata selezionata dalla Prefeitura (il municipio) e pertanto Rio de Janeiro è diventata la mia sede e sono stata operativa fino all’inizio della pandemia.

Attualmente mi dedico a lezioni di cucina on line in collaborazione con l’Istituto italiano di cultura e la Camera di Commercio italiana a Rio.

Come viene percepita la cucina italiana in Brasile? Vi sono parecchi ristoranti tricolori? In che fascia di prezzo si collocano perlopiù?

Il Brasile è molto grande e ogni città è differente. La maggior parte dei ristoranti italiani è concentrata a San Paolo. Io ritengo che rispetto alla dimensione della immigrazione italiana in Brasile, che è quella più alta al mondo, il numero dei ristoranti italiani sia ridotto. Comunque si collocano nella fascia di prezzo medio-alta.

Le materie prime alimentari italiane sono facilmente reperibili nei negozi?

Ci sono negozi e alcuni supermercati specializzati. A Rio ci sono i supermercati del gruppo Zona Sul, il cui proprietario è un calabrese, che offre una ampia gamma di prodotti italiani.

L’olio. Quanta attenzione c’è in Brasile per quelli ricavati dalle olive?

La cultura dell’olio di oliva è migliorata negli ultimi cinque, sei anni, grazie ad alcune azioni promozionali. Supermercati come Zona Sul si avvalgono di esperti in ambito culinario tra cui un “azeitologo”, ossia un esperto qualificato di olio extra vergine di oliva.

Un recentissimo studio del Consiglio oleicolo internazionale illustra una classifica delle origini più vendute. Al primo posto con numeri importanti gli oli portoghesi, e possiamo ben immaginare la ragione. Al secondo posto la Spagna, e con ogni probabilità sarà per via dei prezzi più convenienti. L’Italia invece è solo al quinto posto, preceduta da Argentina e Cile, e qui possiamo comprendere la vicinanza geografica, ma il quinto posto è un po’ avvilente. Come mai gli oli italiani non si impongono sulla scena?

L’Italia in Brasile non ha fatto azioni promozionali, mentre alcuni marchi portoghesi e spagnoli si. Naturalmente nel caso di questi oli aiuta anche il prezzo di vendita ridotto, rispetto agli omologhi italiani. Gli oli cileni, analogamente ai vini, sono buoni e anch’essi hanno un prezzo più abbordabile.

Io sto acquistando un olio italiano biologico, marchigiano, al prezzo di 45 reais per una bottiglia di mezzo litro: al cambio d’oggi corrisponde a 7,5 euro (ossia, 15 euro al litro).

Il salario minimo in Brasile oggi è di 1045 reais, ossia 170 euro al mese. Pertanto l’olio extra vergine di oliva italiano se lo possono permettere in pochi.

Ultima domanda. Nostalgia dell’Italia? Preoccupazione per la situazione sanitaria in Brasile?

L’Italia è il mio paese e l’essere italiana è alla base della mia attività di divulgatrice, ma il Brasile è la mia seconda patria: non soffro di nostalgia.

Siamo tutti preoccupati della situazione sanitaria; io rispetto l’isolamento sociale ma qui il lockdown non è stato mai imposto e da pochi giorni hanno riaperto negozi e shopping center seppure con alcune misure restrittive.

È una situazione paradossale, ma è così. Il Brasile è un paese complicato, molto difficile da gestire. I governanti hanno reso le cose più difficili, perché a cominciare dal Presidente hanno minimizzato la portata dell’epidemia e hanno deresponsabilizzato un popolo già per natura “rilassato”.

Non rinuncio infine a una domanda che potrebbe non essere pubblicata, nel caso, se scomoda. Fa paura Bolsonaro?

Fa paura come altri leader del mondo, ma purtroppo in questo caso il mal comune non corrisponde al mezzo gaudio: si è messi male e c’è poco di cui godere.

Ciò di cui si continua a godere in Brasile e, in particolare nella città di Rio de Janeiro, è una natura mozzafiato.

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