Economia

La bassa qualità dell’olio italiano

Sul magazine spagnolo Economia digital la responsabilità della perdita di quasi 20 milioni di euro da parte di Deoleo viene attribuita all’olio italiano. È proprio così? Resta tuttora una questione aperta il fatto che siano stati presi di mira proprio i marchi italiani Bertolli, Carapelli e Sasso, e non gli altri della stessa azienda

Luigi Caricato

La bassa qualità dell’olio italiano

La Deoleo, un tempo azienda totalmente spagnola, come molti ricordano, è ora proprietà del fondo Cvc Capital Partners, a partire dal 2014, da quando appunto è avvenuta l’acquisizione.
La nota azienda olearia, come opportunamente si legge in un articolo apparso su Economia digital, ha chiuso il primo semestre 2016 con una perdita di 19,8 milioni di euro. Ciò, sempre secondo il magazine spagnolo, a causa di oneri non ricorrenti per lo stesso importo, generati dalla crisi di qualità in Italia, a seguito della riprogettazione completa di prodotti, processi, sistemi, nonché della stessa struttura che si sono resi necessari proprio allo scopo di rafforzare il business.

Tutto bene, comunque, per l’azienda, anche perché, nonostante i ricavi siano scesi del 17,4%, attestandosi a 339 milioni di euro, l’Ebitda (acronimo di earnings before interests, taxes and amortization, ovvero utili prima degli interessi, delle imposte e degli ammortamenti dei beni immateriali) ha superato per contro i 24 milioni di euro, guadagnando così il 4,5% in più rispetto al 2014, con un risultato che riflette l’andamento della redditività operato attraverso il miglioramento conseguente alla ristrutturazione effettuata in azienda.

Tutti i dettagli si possono leggere direttamente su Economia digital (QUI), dove si evidenzia tra l’altro il fatto che, in generale, tutti i margini siano nettamente migliorati, soprattutto nel secondo trimestre, tanto che nel mese di giugno il margine lordo è cresciuto del 50%, nonostante le vendite in litri siano calate del 26%.

Non è tuttavia la questione dei numeri che vogliamo mettere in evidenza, quanto semmai il giudizio espresso in maniera così plateale sulla qualità degli oli italiani. Riprendo pertanto, per opportuna conoscenza, il passaggio del testo tal quale: “La multinacional aceitera Deoloeo ha cerrado el primer semestre de 2016 con unas pérdidas de 19,8 millones de euros, debido a los gastos no recurrentes que, por esa risma cantidad, se han generado por la crisis de calidad en Italia y por el rediseño integral de productos, procesos, sistemas y estructura para reforzar el negocio“.
Ora, lasciando perdere ogni considerazione sull’episodio specifico in questione, resta il fatto che si sta diffondendo ormai una idea denigratoria non propriamente coincidente con la realtà, a chiaro e indistinto discapito degli oli italiani, considerati appunto (seppure a torto) di “bassa qualità”, cosa non vera.

Così, succede che a furia di tante, ben orchestrate e indistinte campagne di demonizzazione, con una regia tutta italiana, si finisca paradossalmente con il rimetterci la reputazione. Già, perché, anche se l’attacco è frontale contro i grandi marchi, soprattutto se di proprietà estera, a rimetterci per davvero di fatto è solo la buona immagine che finora si è guadagnata sul campo l’olio italiano.

Purtroppo, per troppo tempo abbiamo bersagliato ad alzo zero, esagerando, con insistenza e metodo, soprattutto andando contro le imprese olearie di proprietà non italiana ma operative sul mercato con marchi italiani, e ora, dopo tante battaglie ideologiche, si iniziano purtroppo a intravedere i risultati di tanta guerriglia, con grave danno per l’immagine di tutta l’Italia olearia, senza distinzione.

Pensateci. Avete fatto mai caso? Gli altri marchi di proprietà Deoleo, come per esempio il più noto Carbonell, non hanno finora riscontrato problemi di alcun genere, mentre tutte le difficoltà, e gli scandali conseguenti che ne sono derivati, si sono registrati solo nei confronti dei marchi italiani. Da cosa può dipendere tale evidente difformità e anomalia? Io, con tutta franchezza, avendo avuto modo e occasione in più circostanze di degustare sia gli oli dei marchi italiani Sasso, Carapelli e Bertolli, sia i restanti marchi della Deoleo, non ho trovato grandi discontinuità in termini di qualità di prodotto, mentre ho registrato semmai una cura maggiore per i marchi italiani, questo sì, pur nella diversa distinzione tra le varie referenze e collocazioni di fasce di prezzo.

Ora, non è per caso, tutta questa strana situazione, il frutto di una serrata, costante e metodica campagna di demonizzazione nei riguardi di alcuni marchi solo perché di proprietà non italiana? Tale azione denigratoria, fatta di accuse e demonizzazioni, non ha forse portato, quale diretta conseguenza, a tutto questo fenomeno distorsivo, prestando dunque il fianco a quanti, senza alcuna ritrosia parlano e scrivono, con estrema leggerezza e disinvoltura, evocando il problema di una “bassa qualità dell’olio italiano”?

Questo interrogativo mi sembra alquanto utile prenderlo in considerazione, se per davvero vogliamo veramente fare chiarezza circa gli obiettivi futuri di questo Paese, in materia di oli da olive. Con articoli come quello apparso su Economia digital, e altri ancora, ricorrenti, a essere danneggiati mi sembrano siano soprattutto (e sopra tutti) i soli operatori italiani.

Resta da chiedersi chi abbia voluto (e perché) gettare tanto fango (e veleno), screditando alla fine, sia pure per via indiretta, la buona immagine di cui l’Italia olearia godeva fino a non molto tempo fa.
Mi chiedo nel contempo il perché di tutta questa campagna di demonizzazione (con la complicità peraltro, in certi casi, anche di soggetti istituzionali). Mi chiedo il perché sia stata voluta e programmata: per ottenere cosa? A vantaggio di chi?

Tutti questi interrogativi costituiscono un serio motivo di riflessione in più, soprattutto ora, in vista della nuova campagna olearia. D’altra parte, dobbiamo pur far qualcosa, non vi pare? Dobbiamo pur reagire e voltare pagina. Tranne che non vogliamo continuare ad assistere alla continua discesa nel profondo abisso cui stiamo facendo ormai abitudine.

L’olio italiano è buono e il sistema è sano, a dispetto di quanti remano contro e per interessi personali preferiscono suscitare scandalo.

Qualcuno ha cavalcato battaglie che si stanno rivelando colossali boomerang, danneggiando alla fine tutti, senza rendersene ancora conto degli effetti disastrosi a distanza d anni. Se ne renderanno conto, prima o poi?

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