La politica agricola in una nuova governance dell’Ue. Scenari possibili
In base ai numeri dell’agroalimentare, l’Unione europea è la prima “potenza” agricola del mondo, ma resta di fatto un “nano” politico. Ecco allora la necessità di dibattere intorno alla Pac. Con tante domande. La politica agricola dovrà essere uguale in tutta l’Unione? Come ripartire le competenze tra le due sovranità in base a criteri di efficienza e di efficacia e al principio di sussidiarietà? Prepariamoci, fornendo alcune prime risposte
Lo scorso 23 ottobre a Bologna, presso il Cubiculum Artistarum di Palazzo dell’Archiginnasio, Alfonso Pascale, dell’Accademia della Ruralità “Giuseppe Avolio”, è intervenuto con una relazione di approfondimento sul tema “La politica agricola in una nuova governance dell’Ue: scenari possibili”, nell’ambito del convegno organizzato da Ana, Accademia nazionale di agricoltura, Fidaf, Federazione italiana dottori in agraria e forestali, e Conaf, Consiglio nazionale dei dottori agronomi e dottori forestali, con il patrocinio di Ismea, l’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare, e con il contributo dell’Andaa, l’Associazione nazionale dirigenti dell’agricoltura e dell’ambiente, sul tema “Le priorità agricole dell’Unione Europea per il 2024-2029: tra revisione della Pac e completamento del Green Deal”. Riportiamo la relazione integrale a beneficio deelle lettrici e dei lettori di Olio Officina Magazine.
Riassumo il senso del mio intervento che potrebbe apparire una digressione o una divagazione. Ma cercherò di dimostrare che non è tale, mentre è in linea, credo, con il filo conduttore dell’ultima opera di Franco Sotte (“La politica agricola europea. Storia e analisi”, Firenze University Press, 2023). E attinge ad una elaborazione condivisa con Mario Campli (“Semestre Europeo Costituente. La democrazia oltre lo Stato”, Informat Press, 2019).
Crisi demografica, cambiamenti climatici, pandemia e guerre hanno posto l’Ue dinanzi a sfide esistenziali. Per affrontarle, essa deve modificare la propria governance con una riforma dei Trattati. I nodi da sciogliere: legittimare democraticamente le istituzioni; creare un bilancio autonomo alimentato dalla fiscalità diretta; attivare una integrazione differenziata; individuare poche e ben definite materie intorno a cui costruire una sovranità europea da esercitare con competenze esclusive e non più concorrenti; riconfermare o restituire competenze esclusive agli stati nazionali.
Quando si aprirà il confronto su questi nodi il dibattito sulla Pac dovrà necessariamente partire dagli aspetti istituzionali. Le domande saranno: 1) la politica agricola dovrà essere uguale in tutta l’Unione? 2) come ripartire le competenze tra le due sovranità in base a criteri di efficienza e di efficacia e al principio di sussidiarietà? Prepariamoci, fornendo alcune prime risposte.
I cambiamenti geopolitici in atto
Con le guerre di aggressione alle democrazie liberali, i regimi autocratici hanno dichiarato esplicitamente le loro intenzioni: scardinare l’ordine mondiale esistente per costruirne un altro. Ne hanno risentito gravemente gli scambi commerciali e, in particolare, le catene di approvvigionamento del cibo. Sono aumentati, infatti, i costi degli input agricoli, come carburanti, mangimi e fertilizzanti. Sono peggiorate le condizioni dei paesi più vulnerabili. È emerso qualcosa che, nel lungo periodo di pace iniziato nel dopoguerra, avevamo rimosso: e cioè che la disponibilità di beni alimentari gioca sempre un ruolo strategico nei conflitti tra i paesi.
In Occidente, l’insicurezza alimentare s’intreccia con il terremoto demografico, i postumi della crisi pandemica, i cambiamenti climatici, l’insicurezza energetica e un progressivo e generalizzato deficit di capacità decisionale delle istituzioni per fronteggiare le sfide esistenziali a partire dalle scelte necessarie per difenderci. Crisi sistemiche s’intrecciano con il venir meno di un’autocoscienza di sé.
Tale contesto geopolitico ha fatto emergere, in modo eclatante, i limiti politici e istituzionali dell’Ue. Infatti, continuano ad avere un peso rilevante i governi nazionali, con le loro preferenze plurime e divergenti e le loro oscillazioni. Queste derivano dalla pressione esercitata, nei diversi stati, dagli estremismi ideologici e dai nazionalismi populistici.
Questa condizione accentua la tendenza a preservare lo statu quo. I singoli governi nazionali non possono, infatti, farsi carico della sicurezza militare, energetica e alimentare. Se un problema ha una scala europea, non può ricevere una risposta nazionale.
L’Ue prima “potenza” agricola ma “nano” politico
In base ai numeri dell’agroalimentare, l’Ue è la prima “potenza” agricola del mondo. In realtà, essa è un “nano” politico. Con un Green Deal appesantito da alcune rigidità ideologiche, l’Ue rischia anche di indebolirsi sul piano produttivo e tecnologico.
La strategia del Green Deal va, dunque, corretta e potenziata dal versante della produttività, dell’intensificazione sostenibile e dell’innovazione tecnologica. Alla politica per la sicurezza alimentare va restituito l’originario compito di assicurare il diritto ad avere cibo sufficiente e non solo quello di garantire la sicurezza igienico-sanitaria e informativa.
Va, inoltre, ricordato che il Trattato di Lisbona, entrato in vigore nel 2009, ha modificato la classificazione del settore “agricoltura” da competenza esclusiva dell’Ue (al pari del “commercio”) a competenza concorrente tra l’Unione e i suoi stati membri. Da allora è venuta a mancare una politica agricola comune ma si sono varate 27 politiche agricole nazionali. Lo rilevò, già nel 2015, il Comitato economico e sociale europeo (Cese) con la Relazione informativa su “La riforma della PAC: modalità, diversità, effetti redistributivi e altre scelte degli Stati membri nell’applicazione della riforma dei pagamenti diretti” (Relatore Mario Campli). In quel documento, elaborato sulla base di una ricerca commissionata ad esperti, emergeva che, in circa settanta aree, gli stati membri avevano la facoltà di assumere decisioni autonome.
L’Ue potrà svolgere un ruolo di primo piano nello scacchiere mondiale e contribuire a definire un nuovo ordine, se consegue due obiettivi. Prima di tutto deve dotarsi di una testa politica e di una legittimazione democratica. In secondo luogo, deve adottare efficaci politiche per la crescita e mantenere e irrobustire la sua performance agricola, con una politica agricola comune adeguata alle sfide globali. Le due cose sono strettamente intrecciate. Se si affronteranno i nodi istituzionali, sarà anche possibile pervenire finalmente ad una vera riforma della Pac.
Dare una nuova governance all’Ue
Dotare l’Ue di una legittimazione democratica significa eliminare un paradosso che pochi conoscono. Oggi solo la Commissione ha l’iniziativa legislativa. Ci vuole, invece, un parlamento che abbia l’iniziativa legislativa; che dia e tolga la fiducia ad un vero governo/esecutivo; che approvi un bilancio unico di durata quinquennale per tutti i fondi, formato con risorse proprie, attinte mediante la fiscalità diretta (indipendente da quella degli stati). Un parlamento con due camere: quella dei Popoli e quella degli Stati. È qui che si dovrebbero fare i nuovi patti per tenere in vita e rilanciare l’Unione.
Procedere con una integrazione differenziata
Bisognerebbe procedere ad un’integrazione differenziata dell’Unione seguendo due percorsi distinti: quello dei 27 paesi (mercato unico) e quello dei 20 paesi (zona euro).
Gli stati della zona euro sono interessati alla “creazione di un’unione sempre più stretta tra i popoli” (art. 1 del TUE). Mentre, i paesi che sono fuori della zona euro sono nazionalisti (alcuni sono nazionalisti democratici come la Danimarca, altri “illiberali” come si autodichiara l’Ungheria) e vogliono una unione solo economica (mercato unico).
È necessario dunque fare un patto, un compromesso, tra questi due gruppi di paesi che hanno differenti visioni della integrazione europea corrispondenti a diverse aspettative e aspirazioni. Non si tratta di fare una integrazione a due velocità, come spesso si dice. Non c’è un gruppo che vuole andare più veloce e l’altro più lentamente. Ma c’è un gruppo che ha una determinata visione della unione e un altro gruppo che ce l’ha in senso opposto. Per convivere, tali visioni dovrebbero rispettarsi, riconoscendosi nei principi dello “stato di diritto”.
È evidente che una conseguenza di tale differenziazione riguarderà anche la Pac. Una Pac che torni ad essere una vera “politica comune” di competenza esclusiva dell’Ue (e dunque più integrata) potrà riguardare solo la zona euro e non più l’insieme dei 27 paesi.
Trovare un equilibrio tra sovranità sovranazionale e sovranità statale: ripartire le competenze
Ci vuole un patto anche all’interno dei 20 paesi dell’eurozona. Si tratta, in sostanza, di far coesistere il gruppo che vuole una unione guidata con una logica sovranazionale e l’altro gruppo che vuole conservare l’approccio intergovernativo. Occorre farsi carico insieme di un’esigenza che può diventare comune: salvaguardare la sovranità statale quando non è necessario superarla.
Per raggiungere più facilmente un compromesso, il confronto si dovrebbe, dunque, concentrare su come costruire una sovranità unionale intorno a poche e ben definite materie, confermando (o restituendo) tutte le altre competenze alla sovranità nazionale e statale.
Si tratta di rispondere a questa domanda: quali sono i settori che si possono “governare” con maggiore efficacia con la competenza esclusiva unionale? Sicuramente politica estera, difesa, cambiamenti climatici, sostenibilità, demografia, migrazioni, coesione (sociale, economica e territoriale), commercio, politica industriale, politica agricola nella sua accezione di sicurezza alimentare e di intensificazione sostenibile, ricerca, innovazione tecnologica e grandi progetti strategici da finanziare con risorse derivate da debito europeo e nuove tasse europee.
Le competenze in tutti gli altri settori dovrebbero essere attribuite alla sovranità statale ed esercitate con risorse nazionali.
Come ripartire le competenze per l’agricoltura?
Dovendo passare da competenze concorrenti a quelle esclusive, si dovrebbe aprire una riflessione sulla materia “agricoltura” per ripartire le competenze tra l’Ue e gli stati, senza più dannose sovrapposizioni e reciproci condizionamenti.
La sicurezza alimentare e l’intensività sostenibile del settore (dalla ricerca all’innovazione, dalla gestione dei rischi e regolamentazione dei mercati alla progettazione strategica) dovrebbero tornare ad essere una competenza esclusiva dell’Ue.
Gli aiuti diretti dovrebbero, invece, prefigurarsi come una competenza esclusiva degli stati. Dinanzi a tale possibile scenario, sorgono spontanee due domande: 1) Sotto i riflettori delle opinioni pubbliche nazionali, sarà più facile selezionare, con criteri di equità e appropriatezza, soggetti e territori beneficiari? 2) Diventerà più agile ed efficace l’implementazione normativa e burocratica della misura? Si vedrà. Quello che è certo è che tale impostazione eliminerebbe l’ipocrisia di identificare 27 politiche agricole con una politica solo nominalmente “comune”. E ci si potrà dotare finalmente di una vera Pac utile all’insieme dell’Unione.
In apertura, oliveto composto da varietà Quercetano presso il ristorante Antico Uliveto Seravezza
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