Economia

La questione Taggiasca-Giuggiolina

È tempo di scelte. Siamo sempre chiamati a compiere scelte, in realtà. In Liguria c’è gran fermento. E anche un po’di tensione. È inevitabile, quando la posta in gioco è alta. Si sono creati due fronti contrapposti, ma c’è la Taggiasca Dop, per salvare l’identità e il futuro della Liguria dell’olivo e dell'olio

Roberto De Andreis

La questione Taggiasca-Giuggiolina

La Taggiasca per noi liguri è la vita stessa. È la gente che abita e vive il territorio. È solo una minuscola oliva, ma appartiene a tutti, anche a chi non lavora nei campi. È un po’ come la Torre Eiffel per i francesi. È un simbolo di tutti.

Dire Taggiasca, non a caso, equivale a salvaguardare la nostra regione, ed è proprio per questo motivo, e per tanti altri ancora, che occorre difenderne l’identità. Perché averne cura è un po’ come presidiare il territorio. Non si possono dimenticare secoli e secoli di dedizione, né tanto meno l’ingegnosa opera di tanti infaticabili agricoltori che nel tessuto vivo delle loro campagne hanno eretto, con i muretti a secco, chilometri e chilometri di civiltà. I terrazzamenti sono stati infatti il segno evidente di un’opera collettiva e laboriosa che ha unito tutti, permettendo, a una cultivar così unica e peculiare qual è la Taggiasca, di diventare un simbolo ineguagliato e fondativo.

Sta dunque proprio qui, in questa specifica oliva, dai tratti così caratterizzanti, l’identità stessa di un popolo.
Quando si dice genius loci, non si fa riferimento solo a uno specifico territorio, ma alla sua gente e all’incessante lavoro che vi ha profuso nel corso del tempo.

Occorre mantenere questo forte legame cultivar-territorio-persone. Anche perché la Taggiasca non nasce come albero da piantare altrove, in areali di altre regioni o nazioni. Il punto di forza sta nel suo essere una cultivar autoctona in senso stretto. Così, se non si ha a cuore la propria specifica identità, si corre il rischio che tale varietà di olivo diventi la varietà di tutti, potendola infatti piantare e coltivare ovunque, come già accade da tempo, perfino nel sud Italia, con costi produttivi molto concorrenziali rispetto a un territorio complesso e orograficamente impervio come quello ligure.

Oggi, allo stato attuale, chiunque, in Italia e all’estero, in assenza di alcuna protezione, può di fatto immettere in commercio olive in salamoia e olio extra vergine di oliva a nome Taggiasca. Di conseguenza, se non tuteliamo il nome,il rischio che aumentino sempre di più le quantità di olive da tavola e di olio extra vergine di oliva che facciano leva sulla cultivar Taggiasca è piuttosto elevato.
La realtà dei fatti ci impone di riflettere sulle dinamiche future, considerando che ad oggi vengono immesse in commercio, da aziende di altre regioni, e a prezzi nettamente inferiori ai nostri, olive e oli a prezzi nettamente più concorrenziali.

Non è una questione di mero protezionismo e di chiusura verso gli altri, ma c’è la piena e lucida consapevolezza che cedendo la nostra identità, lasciandola senza una tutela,gli unici a rimetterci siamo noi: territorio, olivicoltori, frantoiani, confezionatori e commercianti, ma soprattutto il territorio. Non nascondiamo a noi stessi il progressivo stato di abbandono degli oliveti e le conseguenze derivanti per lo stato di salute delle nostre colline e montagne. Senza la Taggiasca saremmo un popolo senza più identità.

Dobbiamo reagire e assumerci le nostre responsabilità: guardando al futuro, non alle illusioni del presente. Legare il nome della Taggiasca al nostro territorio, affinché goda di una protezione internazionale, è l’unica strada percorribile.
Per ottenere tale risultato, è purtroppo necessario chiedere una modifica del nome varietale, ricorrendo pertanto a un sinonimo della Taggiasca. Tale soluzione non piace a nessuno, perché siamo molto affezionati al nome tanto familiare di Taggiasca, ma procedendo con la sostituzione del nome, nella futura “Sezione Olivo del Registro Nazionale Varietale”, con un sinonimo storicamente utilizzato nel territorio, come nel caso di “Giuggiolina”, sarà possibile ufficialmente chiedere la registrazione della Denominazione di Origine Protetta “Taggiasca”.
Si tratta solo di un atto formale, ma non cambia sostanzialmente nulla, perché di fatto il nome Taggiasca in questo modo è salvo e ben protetto.
In questo modo, infatti, è solo nell’area di produzione, composta dalle province di Imperia e Savona, che si potranno continuare a produrre, trasformare e confezionare prodotti con il nome “Taggiasca”, definendone dunque, tutti insieme, le regole di produzione.

Cosa accadrà nell’altra denominazione di origine esistente dell’olio ligure . L’attuale Dop Riviera Ligure verrebbe mantenuta, ma con alcune opportune modifiche, come ad esempio l’eliminazione delle sottozone e delle relative composizioni varietali percentuali.

Null’altro da aggiungere se non l’invito a difendere il territorio con uno sguardo aperto alle future generazioni. Per questo ti chiediamo di aderire anche tu al Comitato Promotore per la Taggiasca DOP, rivolgendoti alle associazioni di categoria che lo sostengono.

Salvare l’identità è fondamentale. E`in gioco il nostro futuro.

La foto di apertura è del Consorzio dell’olio Dop Riviera Ligure

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