La sfida del Green Deal Europeo
La politica agricola dei prossimi anni è destinata ormai a cambiare radicalmente. Si sta puntando a rendere l'Europa il primo continente a impatto climatico zero. Entro il 2050. La nuova strategia di crescita sostenibile è inclusiva e stimola l'economia, migliorando nel contempo la salute e la qualità della vita delle persone, prendendosi cura della natura e senza lasciare indietro nessuno
Il 20 maggio scorso, sono state pubblicate due Comunicazioni della Commissione Europea che influenzeranno enormemente la politica agricola dei prossimi anni. La prima è intitolata «Una strategia “Dal produttore al consumatore” per un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente». E l’altra «Strategia dell’Ue in favore della biodiversità verso il 2030. Riportare la natura nelle nostre vite».
Entrambi questi documenti contribuiscono a definire le azioni che dovranno orientare la transizione dell’agricoltura europea verso l’obiettivo del Green Deal Europeo: «rendere l’Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050 definendo una nuova strategia di crescita sostenibile e inclusiva per stimolare l’economia, migliorare la salute e la qualità della vita delle persone, prendersi cura della natura e non lasciare indietro nessuno».
Un obiettivo condivisibile che allinea le politiche dell’Unione Europea agli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile dell’Agenda Onu 2030. Entro settembre 2020 la Commissione presenterà un piano degli obiettivi climatici per il 2030, volto a modificare al rialzo l’obiettivo di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra portandolo al 50 % o al 55 % rispetto ai livelli del 1990.
Nel primo documento della Commissione (“Dal produttore al consumatore”) si afferma: «La pandemia di Covid-19 ha sottolineato l’importanza di un sistema alimentare solido e resiliente che funzioni in qualsiasi circostanza e sia in grado di assicurare ai cittadini un approvvigionamento sufficiente di alimenti a prezzi accessibili. Ci ha inoltre reso estremamente consapevoli delle interrelazioni tra la nostra salute, gli ecosistemi, le catene di approvvigionamento, i modelli di consumo e i limiti del pianeta». Si riconoscono i risultati già conseguiti finora e si indicano le lacune da colmare: «I prodotti alimentari europei costituiscono già uno standard a livello globale, sinonimo di sicurezza, abbondanza, nutrimento e qualità elevata. Questo è il risultato di anni di politiche dell’UE volte a proteggere la salute umana, degli animali e delle piante ed è frutto degli sforzi di agricoltori, pescatori e produttori del settore dell’acquacoltura. I prodotti alimentari europei dovrebbero ora diventare lo standard globale anche in materia di sostenibilità. […] Il settore agricolo dell’UE è l’unico grande sistema al mondo ad aver ridotto le emissioni di gas a effetto serra (del 20 % dal 1990). Tuttavia, anche all’interno dell’UE, questo percorso non è stato lineare né uniforme tra uno Stato membro e l’altro. Inoltre la produzione, la trasformazione, la vendita al dettaglio, l’imballaggio e il trasporto di prodotti alimentari contribuiscono significativamente all’inquinamento dell’aria, del suolo e dell’acqua e alle emissioni di gas a effetto serra, oltre ad avere un profondo impatto sulla biodiversità. Sebbene la transizione dell’UE verso sistemi alimentari sostenibili sia iniziata in molte aree, i sistemi alimentari restano una delle principali cause dei cambiamenti climatici e del degrado ambientale».
[fine seconda puntata, prosegue]
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La foto di apertura – un oliveto a Lucinasco – è di Olio Officina
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