Economia

L’ammasso privato per l’olio extra vergine di oliva

Immaginare un meccanismo che consenta di ritirare il prodotto dal mercato in campagne eccedentarie, ricollocandolo nei periodi di scarsità, è una possibile soluzione che non è affatto da escludere. In Spagna ci si sta muovendo in tal senso. Tale strumento servirebbe a regolamentare le scorte e a diminuire la pressione al ribasso degli oli extra vergini di oliva di primo prezzo, che a loro volta influenzano a cascata anche le qualità migliori

Adriano Caramia

L’ammasso privato per l’olio extra vergine di oliva

Nei giorni scorsi il Ministero dell’Agricoltura, Pesca e Alimentazione della Spagna ha aperto una consultazione pubblica per suggerimenti circa la formulazione di un progetto per le norme riguardo la commercializzazione degli oli di oliva nella campagna 2025/26. In parole più chiare, sentire cosa ne pensano gli operatori del settore oleario circa la possibilità e le modalità dell’ammasso privato.

Questa iniziativa fa eco a uno studio del cattedratico Manuel Parras, professore di Marketing e ricerche di mercato presso l’Università di Jaén, il quale, fra altre considerazioni, auspicava un meccanismo che consentisse di ritirare dal mercato prodotto in campagne eccedentarie e riallocarlo durante periodi di scarsità.

Tutto ciò in relazione alla comprovata esperienza di combinate annate di deficit produttivo che poi vengono seguite da annate di abbondante raccolta.

Si necessita quindi un meccanismo di regolamentazione delle scorte, funzione che nel passato veniva espletato dall’intervento pubblico (con la reale acquisizione dell’olio da parte della UE e l’alienazione successiva). In seguito, con l’ammasso privato (un contributo concesso su base d’asta che obbliga a non vendere la merce per un periodo concordato).

Personalmente avevo espresso la necessità di considerare questa possibilità in tempi non sospetti: nel corso di un incontro presso l’Associazione Granaria di Milano il 21 maggio 2024 parlai di prezzi minimi di intervento (ovverossia il limite al di sotto del quale si sarebbe considerato un intervento da parte della Commissione Europea per introdurre misure di aiuto al settore, cioè l’ammasso privato) quando gli oli extra vergini di oliva comunitari quotavano oltre otto euro. Era ovvio che non ci voleva una sfera di cristallo per comprendere, come spesso già accaduto nel passato, che si poteva prevedere una flessione improvvisa dei listini, con un vorticoso avvitamento su prezzi insostenibili per il comparto produttivo. Avendo contezza di come stanno aumentando gli impianti di uliveti in tutto il mondo, rende tale intuizione davvero lapalissiana.

Non si può ipotizzare però di accedere a questo strumento con le condizioni attuali: il prezzo minimo di 1,79 per l’extra vergine è davvero indegno. E forse ridefinire (aumentandole di molto) queste soglie è il contributo che ci aspettiamo dalla iniziativa del governo spagnolo.

Ristrutturare il meccanismo è un a priorità che tutto il settore deve imporsi. Anche l’olivicoltura italiana. Sebbene è ovvio che interessi principalmente la Spagna (ed eventualmente il Portogallo), sostenere gli oli comunitari a un livello di prezzo decente darebbe un supporto anche agli oli lampanti e vergini italiani (che sono fortemente condizionati dalla linea dei prezzi spagnoli). Inoltre, diminuirebbe molto la pressione al ribasso degli oli extra vergini di oliva di primo prezzo, che comunque hanno una certa influenza pure sulle qualità migliori.

Certo rivedere il meccanismo dei prezzi e delle modalità di intervento comporterebbe impegni sostanziosi per l’Europa, ma lasciare che il mercato possa in certe occasioni rendere talmente insostenibili le quotazioni, indurrà inesorabilmente all’abbandono delle coltivazioni. Costituire un paracadute per le situazioni peggiori scongiurerebbe o ridurrebbe tale evenienza.

Ciò ovviamente non vuole dire che si debba auspicare l’entrata in funzione del sistema di protezione: ognuno di noi vorrebbe che i ricavi della vendita dell’olio, in ogni fase del percorso dalla pianta allo scaffale, siano pienamente soddisfacenti per tutti gli attori della filiera; e ognuno di noi vorrebbe che non si debbano paventare gli scenari peggiori. Avere però delle soluzioni per i tempi cattivi non è sbagliato. Specie se l’esperienza lo insegna. E occorre pensarci quando si ha il tempo.

In apertura, foto di Giorgio Sorcinelli

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