Economia

Le aziende olearie debbono puntare sullo sviluppo sostenibile

Intervista al professor Francesco Lenoci. Tutti parlano di sostenibilità, ma il termine più corretto è “sviluppo sostenibile”. Ci si è resi conto di quanto sia necessario cambiare processo e passare da una economia lineare a una economia circolare. In tutto ciò, il bilancio di sostenibilità diventa un prezioso strumento per alimentare commendevolmente il dialogo con clienti, fornitori, istituzioni e società civile. E le aziende olivicole e i frantoi? Possono essere competitivi in presenza di margini reddituali adeguati, associati a una struttura patrimoniale equilibrata e a una corretta struttura finanziaria. Ma non basta

Luigi Caricato

Le aziende olearie debbono puntare sullo sviluppo sostenibile

Il professor Francesco Lenoci è tra le figure più autorevoli e rappresentative in tema di sviluppo sostenibile. Docente di “Metodologie e determinazioni quantitative d’azienda” nell’innovativo corso di laurea blended “Direzione e consulenza Aziendale – DECA” presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, in tale ambito accademico ha assegnato decine e decine di tesi di laurea magistrale sul tema della sostenibilità. Lo abbiamo incontrato per comprendere cosa si debba intendere per sostenibilità e quali opportunità possono scaturire da un impegno orientato in tale direzione.

Professore, tutti parlano oggi di sostenibilità, ma cosa si intende per sostenibilità? In poche battute, spiegate bene, come se avessimo davanti un bambino a porci questa domanda…

Per capirci è cosa buona e giusta non parlare di “sostenibilità”, bensì di “sviluppo sostenibile”. Lo sviluppo può essere sostenibile o non sostenibile.  È incredibile a dirsi, ma fino a poco tempo fa (in buona sostanza la Conferenza di Stoccolma e il Club di Roma del 1972), dopo vari secoli di ignavia, lo sviluppo è stato non sostenibile, in quanto basato su un processo che prevedeva quattro fasi: Estrarre-Produrre-Usare-Gettare. Si trattava, ovviamente, di un processo contro-natura. La natura non funziona così. La natura funziona secondo un modello ciclico per cui le risorse che nascono, crescono e muoiono, ritornano alla terra come nuove risorse per rigenerarsi a nuova vita.

C’è qualcuno che ha intuito anzitempo la giusta strada da percorrere?

Sì, il primo al mondo che ha avuto ben chiari questi concetti che ho appena espresso è stato, otto secoli fa, san Francesco d’Assisi.

Francesco aveva un profondo rispetto e amore per la natura:

  • l’amore di Francesco per l’acqua, diviene invito a non inquinare uno dei beni più preziosi della vita;
  • il monito di Francesco rivolto al frate a non recidere del tutto i rami dell’albero nel momento della raccolta della legna implica il rispetto per i frutti della natura e dei tempi della potatura;
  • l’invito di Francesco all’ortolano a lasciare libera una parte della terra lavorata rispetta i tempi di coltivazione e di maggese.

Uno dei suoi discepoli prediletti, don Tonino Bello, l’ha seguito anche su quel percorso, urlando: “La terra non l’abbiamo ricevuta in eredità dai nostri padri: l’abbiamo presa in prestito dai nostri figli. Se l’abbiamo presa in prestito occorre restituirla….per restituirla migliorata non basta più enunciare la Speranza, ma occorre organizzarla”.

Ripetiamo, è incredibile, oseremmo dire è imbarazzante a dirsi, ma purtroppo tanti Paesi non hanno ancora ben compreso che occorre cambiare processo, che occorre passare dall’economia lineare all’economia circolare.

Dunque, volendo inquadrare in estrema sintesi quella che oggi si definisce “economia circolare”, quali sono i punti centrali da tenere ben presenti?

In estrema sintesi, possiamo sostenere c he l’economia circolare applicata all’agricoltura preveda:

  • la riduzione dell’utilizzo delle risorse primarie disponibili in natura;
  • il riciclo degli scarti;
  • la riduzione, fino all’azzeramento, degli sprechi;
  • la riduzione, fino all’azzeramento, dei rifiuti.

Mi chiedo come mai, d’un tratto, questa parola magica sia apparsa tra le parole più ricorrenti? E poi perché si rende oggi necessario redigere un bilancio di sostenibilità per le aziende?

Per valutare un’azienda non basta più considerare gli aspetti finanziari del suo operato. Lo hanno capito anche varie banche, che adesso inviano, prima della concessione/rinnovo del fido, anche alle PMI apposito questionario sugli aspetti ESG (ambientali, sociali e di governance).

Lo strumento più idoneo ad argomentare sulle variabili ESG è il bilancio di sostenibilità, vale a dire un documento rivolto a tutti gli stakeholder che illustra il modello di business adottato dall’azienda, i capitali che lo alimentano e gli obiettivi perseguiti. Ovviamente, vengono individuati temi materiali, ossia significativi per l’impresa in questione.

Andiamo sul concreto. Un consumatore è davanti a uno scaffale del supermercato e si appresta a leggere sull’etichetta di una bottiglia d’olio la parola “Sostenibile”. Che messaggio passa, a suo parere, ai non addetti ai lavori?

La forma è importante, ma soprattutto conta la sostanza. Purtroppo, su tante bottiglie compare la dicitura “miscela di oli provenienti dall’Europa”. Anche se la pubblicità di quella bottiglia parla di olio sostenibile, è di tutta evidenza che si tratta di un’informazione fuorviante, in quanto non precisa da quali cultivar derivi l’olio, con evidente violazione del requisito della tracciabilità.

Passiamo al mondo dell’olio. È un comparto strutturalmente in sofferenza, sia quello strettamente olivicolo, sia quello prettamente oleario. È inutile negare il disagio in cui le imprese operano. Sono pochi gli utili rispetto a quelli di altre imprese agroalimentari. A cosa può servire puntare a un bilancio di sostenibilità?

Un’azienda agricola, e/o un frantoio, riesce a essere competitivo se ha margini reddituali adeguati, associati a una struttura patrimoniale equilibrata e a una corretta struttura finanziaria. Ma non basta. È altresì necessario essere credibili, vale a dire godere di buona reputazione e di capacità relazionali. Da questo punto di vista il bilancio di sostenibilità è un prezioso strumento per alimentare commendevolmente il dialogo con clienti, fornitori, istituzioni, società civile.

Quali sono le aziende olearie con bilancio di sostenibilità? E quali, tra queste, hanno presentato il bilancio più performante?

Sulla base dei bilanci di sostenibilità pubblicati sui siti aziendali, emerge la situazione che ho riportato in una tabella alquanto esplicativa.

 

BILANCI DI SOSTENIBILITÀ 2023 2022 2021 2020
Conte Spagnoletti Zeuli X X
Coricelli X X
Farchioni 1780 X X X
Fratelli Carli X X X X
Gruppo Cereal Doks X X X
Gruppo Salov X X
Monini X X
Oleificio Zucchi X
Olitalia X
Palazzo di Varignana X
Santagata 1907 X*
Tampieri Vegetable Oil X

* Periodo da 1-1-2022 a 31-3-2023

 

In sintesi, nel 2020 il bilancio di sostenibilità è stato redatto da cinque aziende olearie, scese a quattro nel 2021, salite a nove nel 2022, ridiscese a cinque nel 2023.

Le aziende olearie che hanno redatto per la prima volta il bilancio di sostenibilità nel 2023 sono solo due. Le aziende olearie che avevano redatto il bilancio di sostenibilità nel 2022 e hanno abbandonato questo percorso virtuoso sono sei.

Sono dati, purtroppo, poco lusinghieri. In altri termini, il settore oleario è rimasto indietro nel percorso virtuoso dello sviluppo sostenibile.

Quanto al bilancio di sostenibilità più performante, non ho dubbi alcuno ad affermare che si tratta di quello redatto senza soluzione di continuità negli ultimi 4 anni.

Il comparto olivicolo-oleario è estremamente frammentato. Sono soprattutto le imprese olivicole le più fragili, e spesso anche prive di adeguati strumenti operativi, in modo da poter affrontare al meglio le complessità del mercato; queste microimprese non hanno nemmeno la forza economica per mantenere in piedi l’azienda, come fanno a gestire la certificazione di sostenibilità? È possibile ovviare a un problema almeno in apparenza così irrisolvibile?

Il problema dimensionale è sicuramente una caratteristica del settore oleario, ma è anche un suo vantaggio competitivo. Occorre far di tutto e di più per far comprendere ai frantoiani e alle varie associazioni di categoria quanto sia necessario avere e alimentare in maniera proficua la cultura finanziaria e quella dello sviluppo sostenibile.

Due battute, infine, ma solo due, sul futuro: sarà veramente sostenibile?

Scopo dello sviluppo sostenibile è di soddisfare i bisogni dell’attuale generazione, senza compromettere la capacità di quelle future di soddisfare i propri bisogni.

Solo se riusciremo a essere sostenibili l’umanità avrà un futuro, i nostri figli avranno la possibilità di vivere una vita degna di essere vissuta. Non mi stancherò mai di ripetere: “La sostenibilità è la chiave per aprire la porta del futuro”.

Così si conclude la nostra intervista al professor Francesco lenoci, autore tra l’altro di ben trentotto monografie su temi di bilancio, finanza e revisione e di numerosi articoli apparsi sulle più importanti testate economiche e finanziarie. Autore, in particolare, del libro Nuovo bilancio integrato. Terminale della comunicazione finanziaria sul business e sulla sostenibilità, edito da Wolters Kluwer nel 2014 e contributore al Quaderno Sostenibilità Meccanica, edito da Anima nel 2024.

In apertura, foto di Olio Officina. Il ritratto del professor Francesco Lenoci è di Gianfranco Maggio per Olio Officina

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