Le news di questa settimana
A Jaén parte il progetto SaviaOlivar, per calibrare la dose necessaria di fertilizzanti per determinare lo stato nutritivo dell’ulivo. Asemesa fa il punto sulle olive da tavola spagnole: sono Hojiblanca (62,5%) e Manzanilla (26%) le principali varietà esportate. In Irlanda, intanto, l’azienda The Olive Feed Corporation utilizza residui di lavorazione delle olive per trasformarli in alimentazione animale e migliorarne il profilo nutrizionale delle carni. Questo e altro nella rassegna stampa internazionale di questa settimana

Cominciamo la rassegna stampa di questa settimana sfogliando le pagine di Mercacei, dove si parla (QUI) del progetto “SaviaOlivar, Sistema de análisis vascular integrado en olivicultura”, un sistema di analisi vascolare integrato in olivicoltura, presentato ufficialmente nei giorni scorsi a Jaén. Forte di una sovvenzione di oltre 185mila euro, il progetto avrà una durata biennale (2018-19) e si è posto il fine specifico di trasferire agli agricoltori una tecnica innovativa per calibrare la dose necessaria di fertilizzanti, evitandone eccessi o misure insufficienti, attraverso l’analisi della linfa, che consentirà di determinare lo stato nutritivo dell’ulivo.
Il progetto si inscrive all’interno degli 11 gruppi operativi della Asociacion Europea para la Innovación (AEI) in materia di produttività e sostenibilità agricola nel settore dell’ulivo, finanziati grazie agli aiuti provenienti dalla Junta de Andalucía, attraverso la Consejería de Agricultura, Pesca y Desarrollo Rural, e cofinanziati dal Fondo Europeo Agricolo per lo sviluppo rurale. Il gruppo operativo del progetto è costituito dal laboratorio Olivarum della Caja Rural di Jaén, dall’Università di Granada, ATPI Olivar, Cortijo La Loma e Cortijo Guadiana.
Restando su Mercacei, passiamo alle notizie di taglio più economico. L’assemblea generale dell’Associazione spagnola degli esportatori e industriali delle olive da tavola (Asemesa) ha tracciato un bilancio dell’evoluzione del mercato nazionale e internazionale (QUI). In base agli ultimi dati, le esportazioni hanno registrato un calo del 7,25%, con una commercializzazione di 308,4 milioni di chili, contro i 332,4 dell’anno precedente. Le principali varietà esportate sono state la hojiblanca (62,5%) e la manzanilla (26%).
Secondo le ultime informazioni disponibili del Panel di Consumo del Ministero dell’Agricoltura citate da Asemesa, nel periodo dicembre 2016-novembre 2017 il consumo nelle famiglie (che rappresenta approssimativamente il 75% del consumo totale nazionale) è cresciuto di un 6,7%, collocandosi a quota 118 milioni di chili.
Stando alle stime dell’associazione, il 70% corrisponderebbe a olive verdi e il resto a olive nere, con le due principali varietà costituite da manzanilla (45,3%) e hojiblanca (26,3%).
Nell’analisi delle esportazioni per zona geografica, l’Unione europea si è accaparrata 131,4 milioni di chili (-13,8%), il Nordamerica 87,9 tonnellate (-6%), i Paesi arabi 30,4 tonnellate (-1,22%), i Paesi dell’Est e dei Balcani 27,4 tonnellate (+4,75%), il Centro e il Sud America 12,5 tonnellate (+12,7%); al resto dei Paesi complessivamente sono state inviate 18,8 tonnellate (+1,62%).
Restando in tema di esportazioni, su Oleo Revista leggiamo (QUI) che, secondo gli ultimi dati del COI, negli otto mercati principali nei primi tre mesi della campagna 2017-18 il commercio di olio di oliva e di olio di sansa di oliva ha già messo a segno incrementi del 2% negli Usa e dell’1% sia in Brasile sia in Giappone. Tuttavia, è stata registrata una diminuzione del 19% in Cina, del 17% in Australia e dell’8% in Canada, e anche la Russia nei primi due mesi dell’anno ha fatto i conti con un calo del 3%.
Nei primi due mesi della campagna l’Unione europea ha avuto un aumento delle importazioni Extra Ue di oltre il 40%, provenienti principalmente da Tunisia, Argentina e Marocco, e un calo del 4% di quelle provenienti dai Paesi europei, rispetto allo stesso periodo della campagna precedente.
Su Oleo Revista si parla ancora di import-export (QUI), spostando però l’obiettivo sul mercato giapponese, dove durante la campagna 2016-2017 le importazioni di olio di oliva e di olio di sansa di oliva hanno chiuso a quota 56.853 tonnellate, con un +2% rispetto alla campagna precedente. Va detto, comunque, che il Giappone risulta pure produttore. Dispone, infatti, di una superficie olivetata di circa 500 ettari, l’85% dei quali coltivata con sistema intensivo, il 5% superintensivo e il resto in modo tradizionale. La sua produzione media è di 30 tonnellate e le varietà coltivate sono arbequina, frantoio, nevadillo, manzanillo, missión e lucca.
Il 98% delle importazioni complessive del Giappone provengono dai Paesi europei, tra i quali spicca la Spagna, il principale fornitore nelle ultime quattro campagne, con una quota del 59% del totale importato, seguita dall’Italia, con il 37%, e la Grecia con l’1%.
Nelle ultime sei campagne la Spagna ha guadagnato 16 punti di quota di mercato, passando dal 43% del 2011 al 59% del 2016-17, al contrario dell’Italia, che ha invece visto diminuire la propria market share di 14 punti, dal 51% al 37%, mentre la Grecia si è mantenuta sostanzialmente stabile. In generale, comparando il periodo 2011-2012 e il 2016-2017 si osserva un incremento del 25% nelle importazioni realizzate nel Sol Levante.
Si parla di esportazioni anche su ANSAmed: questa volta dalla Tunisia, che, come ha reso noto il Ministero tunisino dell’Agricoltura, della Pesca e delle Risorse idriche (QUI), dal mese di novembre 2017 al febbraio di quest’anno ha inviato all’estero circa 88mila tonnellate di olio d’oliva, vale a dire il 40% della quantità che dovrà essere esportata. Intanto, le operazioni di raccolta e trasformazione dell’olio d’oliva di questa stagione hanno raggiunto il 95%, anche se l’Ufficio nazionale dell’Olio tunisino (Onh) non ne ha ancora specificate le quantità raccolte. Secondo il Consiglio Oleicolo Internazionale (COI), comunque, nel corso della stagione 2017-2018 la Tunisia dovrebbe realizzare il tasso di crescita più elevato a livello mondiale per quanto riguarda i livelli di stock di olio d’oliva, con una crescita addirittura a tre cifre, del 120%, rispetto alla stagione precedente.
Cambiamo decisamente argomento sulle pagine di eurocarne.com, dove apprendiamo (QUI) che un’azienda irlandese, The Olive Feed Corporation, sta utilizzando i residui della lavorazione delle olive per trasformarli in alimentazione animale e migliorare, così, il profilo nutrizionale delle carni. Il che, in realtà, era già stato tentato in passato, ma con risultati non soddisfacenti, dovuti alla scarsa digeribilità del prodotto. Ora, invece, pare che questi problemi siano stati superati grazie a uno speciale processo di cottura. I primi utilizzatori del prodotto sono stati alcuni allevatori di razze bovine giapponesi Wagyu (che può arrivare a essere la carne più costosa al mondo), molto soddisfatti dagli effetti di questo tipo di alimentazione sulle caratteristiche finali delle carni.
Su agroinformacion.com leggiamo che la Commissione Europea avvierà un Centro di conoscenze sulla qualità degli alimenti e lotta alle frodi alimentari (QUI). Dal vino all’olio d’oliva, dal miele alla carne, dai prodotti lattiero-caseari al pesce, infatti, negli ultimi anni si è assistito a frodi alimentari che preoccupano i consumatori, riducono la loro fiducia e danneggiano tutta la filiera alimentare. È stata così costituita una task force, una rete di esperti interni ed esterni alla Commissione che offrirà il proprio sostegno ai responsabili politici e alle autorità nazionali dell’UE, mettendo a disposizione e condividendo i più recenti dati scientifici nel settore delle frodi alimentari e della qualità degli alimenti.
Il nuovo centro coordinerà le attività di vigilanza grazie, per esempio, all’analisi della composizione e delle proprietà organolettiche degli alimenti commercializzati con una stessa marca e lo stesso packaging nei diversi mercati europei.
Inoltre, collegherà i diversi sistemi informativi degli Stati e della Commissione, come le banche dati che contengono la descrizione della composizione di determinati prodotti agroalimentari di pregio come il vino e l’olio d’oliva.
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