Lo scaffale degli oli al supermercato visto dai designer
Rispetto al passato l’olio extra vergine di oliva ha guadagnato molto più spazio. Dalle poche referenze di extra vergini dei decenni scorsi si è arrivati ad averne anche cento e più, con tante proposte differenti e ben sfaccettate. Qual è il parere dei designer? Come si presentano gli scaffali degli oli extra vergini di oliva ai loro occhi? Come è possibile valutare l’attuale collocazione degli oli?

Parlare oggi della progettazione o della comunicazione di prodotti destinati al mass market o alla Gdo è un tema molto complesso. I prodotti che sono destinati alla cosiddetta vendita “a scaffale” (una definizione che non amo perché “ghettizza” il prodotto e lo svilisce in termini di qualità percepita) sono da sempre argomento di discussione tra i professionisti del settore.
In un mercato in cui tutti fanno promozioni, tutti fanno presenza e in cui la dinamica del prezzo e dello sconto sono gli unici contenuti veicolati, parlare di evoluzione del design e della “forma” sembra quasi una contraddizione in termini.
Nella percezione del “cliente medio”, specialmente in Italia, il termine “commerciale” è molte volte sinonimo di colori squillanti, tipografia grossolana, forme esagerate. Il progettista molto spesso per evitare rischi tende ad appiattirsi sulla concorrenza, rischiando di perdere l’essenza vera del prodotto per cui è chiamato a “cucire un abito” senza riuscire a dargli personalità preferendo l’omologazione.
Questa premessa è utile perché mette in luce due aspetti.
Il primo. La difficoltà per il progettista, sospeso tra la voglia e la paura di osare e di non omologarsi.
Il secondo, molto importante. La disponibilità del cliente a farsi guidare nell’intraprendere una strada nuova e diversa, invece che una più rassicurante e omologata.
Progettare il packaging di un prodotto come l’olio, in cui la discriminante che domina la dinamica d’acquisto non dovrebbe essere il prezzo ma la qualità, aggiunge difficoltà alla complessità.
Non avendo alcuna competenza riguardo alla qualità del contenuto, mi limiterò a parlare della qualità del contenitore. Molto spesso un olio destinato al mass market non possiede uno storytelling di brand interessante o emozionante, quindi bisognerà lavorare in tal senso per crearlo, o quanto meno per farlo percepire. Bisognerà costruire qualcosa che, al di là del prezzo riesca a far emergere il nostro prodotto rispetto agli altri. L’etichetta non dovrà solo “abbigliare” la bottiglia ma essere veicolo di contenuti e informazioni esposte in una forma grafica gradevole e accattivante.
Un aspetto a cui tengo particolarmente è la comprensione dei bisogni dell’utente finale. Un progettista attento dovrebbe riuscire ad anticiparli e a soddisfarli prima che si manifestino. Un progettista attento dovrebbe conoscere a fondo la società che lo circonda. Dovrebbe prestare più attenzione a come si muovono le persone di fasce d’età diversa e a quali sono le loro abitudini, come pure il loro linguaggio, il loro stile, la loro cultura o subcultura di riferimento.
Un altro tema sicuramente interessante è quello relativo alle risorse economiche messe in campo dal committente. Si pensa frequentemente, in maniera a mio avviso errata, che il risultato di un buon prodotto sia sempre il budget impiegato per la sua progettazione e per la sua realizzazione. Senza passare per un sognatore romantico, posso affermare che il budget, pur incidendo, non sia sempre la discriminante che decreta il successo di un progetto. Credo che incida maggiormente la capacità del progettista di saperlo sfruttare al meglio riuscendo a trasformare i vincoli in opportunità.
Non vorrei addentrarmi in tecnicismi per addetti ai lavori, ma escludendo il discorso del progetto grafico in sé, ci sono aspetti fondamentali come la scelta del supporto cartaceo o l’utilizzo di tecniche di stampa che possono differenziare un prodotto da un altro molto di più che il colore o la forma, riducendo a volte i costi di produzione. Proprio per questo penso che il lavoro del grafico non possa prescindere dalla conoscenza dei processi e delle tecniche di stampa e che il progetto di un elaborato grafico ne debba tenere conto a monte del processo creativo. Il budget basso diventa spesso il paravento degli insuccessi. Applicare un metodo di progettazione corretto vuol dire molte volte riuscire a trasformare un vincolo economico o dimensionale in un plus del progetto o, allo stesso modo, un limite di natura tecnica nel punto di partenza per una buona idea.
In ultima analisi un altro aspetto non trascurabile nella riuscita del progetto è la committenza. Dico spesso che un buon progetto è merito del cliente al 50%. Una committenza disposta all’ascolto, che si lascia guidare dal progettista è fondamentale per non cadere nell’errore di seguire ciecamente le tendenze del mercato. Oggi è impensabile pensare di emergere omologandosi a format comunicativi stra-visti e stra-navigati.
In apertura, illustrazione di Stefania Morgante per Olio Officina
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