Economia

Olio, lo stato dell’arte

La rassegna stampa della settimana. Da Mercacei a Olive Oil Times, da Agroinformacion a Hospitality magazine, da Olimerca a SapereFood. Tra analisi economiche, politiche, nuovi studi e iniziative della ristorazione, l’olio ha fatto non poco parlare di sé sulla carta stampata e online

Mariangela Molinari

Olio, lo stato dell’arte

In base a quanto reso noto dalla rivista specializzata Mercacei, IPPC, la Convenzione internazionale per la protezione dei vegetali, ha pubblicato un nuovo documento informativo riguardo la Xylella fastidiosa, per fare il punto su vettori, attuale distribuzione a livello mondiale, impatto economico e misure preventive del pericoloso batterio responsabile del disseccamento rapido dell’ulivo.
Del microrganismo, definito una seria minaccia per agricoltura, ambiente ed economia, viene in particolare constatata la veloce espansione geografica degli ultimi anni, complice l’ampia gamma di piante ospiti su cui può contare, tra erbacee, legnose, colture e malerbe, per un totale di oltre 350 specie. Molte di queste, però, non mostrano nessun sintomo, o lo rendono manifesto solo dopo molti mesi, rendendo così la diagnosi molto difficile. Non solo. L’elenco delle piante ospiti è senza dubbio destinato ad allungarsi, man mano che il batterio raggiungerà nuove aree.
Secondo il documento, la patologia sarebbe arrivata a coprire in Puglia approssimativamente i 180mila ettari, colpendo una porzione consistente di alberi centenari, e la sua gestione in campo sarebbe praticamente impossibile, considerata la complessità degli ospiti e dei vettori. Le più efficaci azioni di prevenzione comprenderebbero l’utilizzo di materiale di propagazione sano, la diagnosi precoce, la distruzione delle piane infette e strategie di controllo dei vettori.

Sempre su Mercacei si tirano le somme sui primi sei mesi di campagna oliandola. La produzione a livello comunitario si è assestata a fine marzo a 1.712.362 tonnellate, che rappresentano oltre il 25% in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, stando ai dati della stessa Commissione europea. lgi Usa, il Giappone e il Brasile sono stati i principali Paesi importatori di olio di oliva proveniente dalla Comunità europea da ottobre 2016 a gennaio 2017, seguiti da Cina, Canada, Australia e Russia.
Nel complesso gli stati membri hanno esportato a Paesi terzi 212.913 tonnellate di olio nei primi quattro mesi di campagna (+17% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente), il 38% delle quali (79.944 tonnellate), agli Stati Uniti (+14%).

Ritorna sull’export pure SapereFood.it, il web magazine dell’agroalimentare in Umbria, che sottolinea come in tutto il mondo cresca, in particolare, l’interesse per l’extra vergine, “Un settore sempre più dinamico che anima i mercati internazionali sotto la spinta della concorrenza tra produttori del Mediterraneo. Lo dimostrano i dati sulle esportazioni di Italia, Spagna, Grecia, Portogallo e Tunisia tra il 2009 e il 2016. Messe a confronto in un’analisi del Centro Studi di Confagricoltura, le recenti rilevazioni segnano, infatti, un aumento degli scambi internazionali del 41%, per un giro d’affari che vale circa 7 miliardi di dollari”. Secondo quanto riportato, “La richiesta di extra vergine a livello globale si attesta intorno ai 2 milioni di tonnellate, di cui la metà all’interno della sola Unione Europea. E, visto il sostanziale rallentamento dei consumi europei (il +5% del 2015-2016 ha solo in parte recuperato il -11% del 2013-2014), appare evidente quanto a determinare l’impennata del business siano stati soprattutto i Paesi importatori”.
Interessante, secondo il magazine, il confronto tra i prezzi. “Il prezzo medio all’esportazione dell’olio d’oliva italiano è il più alto fra quello di tutti i concorrenti: 4,8 dollari al chilo, contro i 4 della Grecia, 3,9 del Portogallo, 3,8 della Spagna e 3,5 della Tunisia”. Non è un caso, dunque, che molti produttori italiani investano costantemente nell’alta qualità, andando a occupare sempre più quote di mercato nella fascia premium.

Dall’economia si passa alla tecnologia. Ancora Mercacei riporta i primi risultati di un progetto al quale stanno lavorando i ricercatori del dipartimento di ingegneria chimica e ambientale dell’Università di Jaén, apparsi sulla rivista Applied Clay Science. In un test pilota di laboratorio gli studiosi hanno realizzato un nuovo tipo di mattone, utilizzando ceneri prodotte dai resti di potatura di ulivi e pini. Rispetto all’argilla tradizionale il nuovo materiale presenta una maggiore porosità e un’inferiore conduttività termica. Senza dimenticare che l’utilizzo di materiali di scarto contribuisce a ridurre l’impatto ambientale. Questo, però, non è che il primo step della ricerca, che prevede altri test ed esperimenti da qui al prossimo giugno.

È apparsa poi su varie testate, tra cui anche Olive Oil Times, la notizia dell’ingresso ufficiale della Palestina nel Consiglio oleicolo internazionale, a seguito della notifica delle Nazioni Unite e della ratifica da parte dello Stato della Palestina. Il Paese annovera al momento circa 90mila ettari impiantati a ulivo e una produzione di 16mila tonnellate di olio, vergine ed extra vergine di oliva all’anno.

Agroinformacion, dal canto suo, lancia, invece, un primo segnale di allarme, sottolineando come le scarse piogge degli ultimi mesi e le alte temperature registrate finora costituiranno una “prova del fuoco” per l’ulivo, contribuendo a un incremento dei prezzi (considerata la scarsità della produzione) che, in effetti, si sta già facendo sentire. Secondo la notizia apparsa il 21 aprile on line, negli ultimi dieci giorni il prezzo all’origine dell’extra vergine ha già raggiunto i 3,88 euro al chilo, il vergine i 3,78 euro e il lampante i 3,74 euro.

Si parla di olio anche sull’australiano Hospitality magazine, che lo definisce “liquid gold”, oro liquido, evidenziando come, dal Mediterraneo al Medio Oriente, sia uno degli ingredienti imprescindibili della cucina. Lo sa bene anche la ristorazione australiana, che all’olio guarda con particolare interesse. Tanto che si chiama Olio pure un ristorante siciliano che ha aperto i battenti lo scorso gennaio a Sydney, con la mission di far comprendere a tavola le profonde differenze tra gli oli prodotti nelle varie regioni, proprio come accade con il vino e i suoi terroir.

Infine, restando in Austrialia, Olimerca rende noto che il grande produttore di olio di oliva Boundary Bend sta cercando investitori per ampliare i propri uliveti nel Nord-Est dello Stato di Victoria: 3mila ettari appena acquistati, che saranno impiantati a ulivo a partire dal 2019.

Restiamo su Olimerca tornando, però, in Europa, anzi in Italia. La rivista, infatti, riporta che Assitol, l’Associazione italiana dell’industria olearia, si è unita al Ministero degli Affari Esteri per contrastare il sistema di informazione nutrizionale in etichetta in vigore in Gran Bretagna, secondo il quale gli oli andrebbero contrassegnati col semaforo rosso riservato agli alimenti a rischio per la salute. Come è stato ribadito nel Convegno “Contro semafori e protezionismi” organizzato nei giorni scorsi alla Farnesina, infatti, si tratterebbe di un’operazione fuorviante e potenzialmente ingannevole. La notizia è riportata tra gli altri anche da meteoweb.eu, che sottolinea come Assitol sia “favorevole alla task force annunciata dal Ministro degli Esteri Angelino Alfano, per coordinare strategia e azioni, riunendo periodicamente sotto la regia della Farnesina istituzioni e associazioni di settore”. In questo modo, come ha spiegato il direttore generale dell’associazione Andrea Carrassi, sarà più agevole attuare il confronto con la Commissione Ue, con l’obiettivo di individuare un sistema serio e scientificamente inattaccabile sulle etichette nutrizionali, da adottare in tutta Europa. Non è pensabile che l’olio extravergine d’oliva, i cui benefici sulla salute sono confermati da decine di studi, sia contrassegnato con il “rosso”, come se fosse un alimento dannoso per la salute del consumatore.

La foto di apertura è di Luigi Caricato

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