Economia

Quale futuro per la Taggiasca

Realizzare una Dop oggi è già di per sé più difficile, ma sembra che le maggiori difficoltà siano quelle interne, quelle di chi si oppone con ostinazione senza nemmeno rendersi conto del disastro cui si va incontro. La decisione di ricorrere al Tar è una sconfitta per tutti, non quella di una parte sola. Ci si illude se si pensa che sia la sconfitta di un Comitato nei confronti dell’altro. Resta sconfitta la Liguria

Roberto De Andreis

Quale futuro per la Taggiasca

Il Tar Lazio ha rigettato il ricorso del Comitato Taggiasca Dop, a seguito di molte controversie locali, cui è seguito a suo tempo il diniego, da parte del Ministero delle Politiche agricole, di poter disporre di una Dop che tuteli l’oliva Taggiasca. Si tratta di una questione molto delicata, perché senza una tutela è a rischio la stessa olivicoltura ligure il cui progressivo abbandono degli oliveti sta diventando ormai un grande e irrisolto problema. Ospitiamo al riguardo l’opinione del presidente del Comitato promotore per la Taggiasca Dop Roberto De Andreis.

Trovo inutile e improduttivo tutto il gran vociare intorno alla decisione del Tar Lazio in merito alla cosiddetta bocciatura della proposta di una Dop per l’oliva Taggiasca. Non è per il fatto che tale decisione rappresenti soltanto una fase del giudizio, e non quella definitiva, ma è che tutto questo gran can lo trovo alquanto discutibile, anche perché al centro di una simile decisione vi è tutto il territorio con il suo futuro.

Non ci sono interessi di parte, ma vi è l’interesse di tutta la comunità dei liguri affinché l’oliva Taggiasca, il simbolo per eccellenza della regione, non venga depredato da imprenditori che vogliano trarne un vantaggio al di fuori del territorio.

In quest’ottica, non tutelare la Taggiasca attraverso il riconoscimento di una Dop è un errore gravissimo.

Non si può pensare ogni volta di contrastare e muovere continue contrapposizioni. L’Italia è ferma al palo proprio per questi atteggiamenti di continuo contrasto, quando invece si tratta di giungere all’interesse comune e piuttosto in fretta.

In una regione che deve tutto il suo successo a un elemento altamente simbolico qual è la cultivar Taggiasca, perdere tale riferimento significa farsi pesantemente del male.

Questo continuo battagliare e dividersi porta solo a bloccare o rallentare il processo di acquisizione di una Dop e non giova certo alla difesa e alla tutela della Taggiasca.

Ogni perdita di tempo equivale a fare il gioco di chi preferisce immettere sul mercato una presunta Taggiasca non riconducibile in senso stretto al territorio Liguria.

Chiunque può già piantare olivi Taggiasca in ogni luogo, in piena libertà. Così, senza una tutela, perdendo questa connotazione territoriale cosi strettamente connessa alla Liguria, ci metterà presto fuori dai giochi, tutti, piccoli e grandi, perché una regione come la Liguria, con una orografia poco favorevole, non potrà mai essere competitiva. Sta proprio qui la ragione di una Dop che avrebbe difeso l’economia e la storia di un territorio impervio e poco agevole.

Realizzare una Dop oggi è già di per sé più difficile, ma sembra che le maggiori difficoltà siano quelle interne, quelle di chi si oppone con ostinazione senza nemmeno rendersi conto del disastro cui si va incontro.

L’entusiasmo di chi esulta per la decisione del Tar Lazio è invece una amara sconfitta per la Liguria, per tutta l’olivicoltura ligure e la sua storia, per la sua gente che con grandi sacrifici ha messo in piedi una storia olivicola eroica e senza precedenti. Se vogliamo perdere tutto questo, possiamo ammettere che ci si sta impegnando, ma non è questo il futuro che vogliamo.

Il giudizio espresso dal tribunale amministrativo, per quanto abbia un innegabile peso, non è paragonabile al giudizio del Consiglio di Stato, che ha invece il valore di un organo costituzionale.

Occorre riflettere su ciò cui si vuole andare incontro. Se si intende insistere nel creare azioni di contrasto, si è liberi di farlo, per carità, ma poi ci si deve assumere anche le proprie responsabilità. Certo, il futuro oggi ci appare lontano, ma intanto la certezza dell’abbandono progressivo degli oliveti è sotto gli occhi di tutti. È un abbandono che ci mette a disagio perché si sta estendendo sempre più in tutta la Liguria. Così, o si decide di tutelare le proprie risorse, o ci si ferma del tutto pur di essere divisi su questioni tanto delicate quanto determinanti per l’economia.

La decisione di ricorrere al Tar è una sconfitta per tutti, non quella di una parte sola. Ci si illude se si pensa che sia la sconfitta di un Comitato nei confronti dell’altro. Resta sconfitta la Liguria.

I danni li paga il territorio, ma questo forse interessa poco oggi. Io sono però convinto che gli errori quando sono così gravi diventano anche irreparabili. E quando si discende la china è difficile risalire. Quindi, riflettiamo, finché si è ancora in tempo. Se abbiamo veramente a cuore la Liguria e la sua olivicoltura, non possiamo tradire le generazioni passate per ciò che ci hanno lasciato e quelle future per ciò che non troveranno.

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